Nazaret come un cestino…
I domenica dopo Natale – Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
(Gen 15,1-6; 21,1-3 / Sal 104 / Eb 11,8.11-12.17-19/ Lc 2,22-40)
E mentre celebriamo la Vita nel suo nascere – il figlio che allarga il grembo alla madre e la luce che splende nelle tenebre – ti ricordi che, al termine di ogni giornata, ci si allena ad uscire di scena con le medesime parole del vecchio Simeone. Si rivela quella naturale inesperienza dell’uomo e della donna fatti ora genitori a causa del primogenito. Sguarniti di pratica i giovani genitori si affidano ancora a quel sentire comune: si osservano le regole, si rispettano le usanze, comprese quelle religiose.
Si entra nella vita, rispettosi di tutte le usanze comprese quelle religiose. Sostenuti, per così dire, da una serie di procedure che almeno tolgono l’ansia del neo-genitore. Cambio di pannolino compreso, perché han sempre timore di far male a quel bambino. E le notti son sempre con l’orecchio attento per il timore che si svegli e si spaventi per la paura di essere solo. Anche i riti religiosi, in fondo, stanno lì a rassicurare i giovani genitori di non essere soli. Si dice così che si è parte di un popolo, di una storia più grande, di uomini e donne che sono passati proprio da quelle esperienze per capire cos’è vivere. Quella ritualità religiosa è già una finestra aperta sul mondo, una porta di casa per entrare ed uscire. Il bambino, meritevole di attenzioni, difetta – in un certo senso – proprio nel pretenderle tutte. È come un ladro che ruba tempo a mamma e papà. In quel punto preciso la vita si trasforma, cambia. E senti di non essere più così libero di fare come pensi o come credi. Come un giogo che si impone. Una nuova legge. Sei responsabile dell’ultimo arrivato. E dunque vengono le tradizioni, le consuetudini e l’osservanza della legge, a ricordare che sei parte di una storia, di un popolo, di un cammino che procede nonostante tutto, proprio attorno agli ultimi nati.
Arriverà anche l’anno nuovo. Tra pochi giorni. E con lui arriveranno altri nuovi nati. Quando le notti sono buie, scure, uomini e donne si stringono in abbracci a farsi mutua compagnia, per assicurarsi protezione. In quell’incontro nasce la vita, si feconda il grembo e la storia. E presto questa lunga notte della pandemia si trapunterà di stelle. Ho incontrato proprio in questi giorni coppie in dolce attesa. “Quando nascerà?” chiedo. Moltissimi a febbraio: ecco la promessa di Dio che ancora si compie proprio quando, anche noi come Abramo nella notte dei tempi o come magi di questo tempo présente, siamo invitati a cercare la speranza in una stella che s’accende.
Così avevamo infatti iniziato il nostro cammino d’Avvento parrocchiale: rileggendo con i più piccoli (3-7 anni) proprio le parole della promessa di Abramo. E abbiamo iniziato proprio quel giorno a costruire il nostro presepio: appendendo stelle che portano il nome di quei figli; spargendo sabbia per dire che se noi siamo incapaci di contarne i granelli, non così per Dio… che conosce ogni cosa, «egli conta il numero delle stelle e chiama ciascuno per nome» (salmo 146,4) perfino i capelli del nostro capo e il passero che cade a terra perché caduto nella trappola del cacciatore. Tutto accade sotto il vigile sguardo di Dio. Ecco cosa poteva significare sottostare alla Legge di Dio che presiede all’ordine della cose, che regola il vivere comune, che ammaestra il sentire… Anche Maria e Giuseppe fanno come sta scritto, secondo quella Legge che fu data da Mosè. Affermano nuovamente la loro appartenenza al popolo di Dio e introducono il Figlio nel solco di quella corale vicenda umana.
Da adulto sarà esplicito quando dirà di non essere venuto ad abolire la Legge ma a darle compimento (Mt 5,17) ma c’è altro. Come abbiamo ascoltato nel Vangelo del giorno di Natale, tratto dal prologo di Giovanni: «La Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo» (Gv 1,17). Maria e Giuseppe, al tempo delle rispettive annunciazioni, intesero che quel bambino sarebbe stato riservato ad una volontà maggiore che si serve tuttavia di umane accondiscendenze, fragili – e pure un poco audaci – disponibilità. Non per questo intrapresero cammini particolari, ma un quotidiano Nazareth che passa anche per l’osservanza.
La grazia e la verità però vengono alla luce quando, dopo una vita di obbedienze e di osservanze, di docile piegatura al corso degli eventi, come rami di giunchi che si ammorbidiscono e si piegano per diventare un cesto, desideri ancora vedere la salvezza. Un vecchio, Simeone, alla sera della vita, sta nel tempio – lui pure pieno di Spirito santo – ad attendere ancora. E cos’è dunque fecondità se non attendere ancora la consolazione che solo da Dio può provenire come quando, da giovani, si attende un figlio?
Simeone ci fa compagnia oggi. E in lui ci sono tutti quegli anziani che popolano ancora oggi le chiese. E sempre le hanno popolate. E ancora le popoleranno. E chi ancora lamentasse che le chiese (e la vita) “sono sempre e soltanto piene di vecchi, che non hanno più nulla da fare” potrebbero anche solo per un attimo, ringraziare per chi, pieno di Spirito santo, sta nel tempio come una sentinella che attende l’alba di un nuovo giorno; per chi attende e invoca consolazione da Dio non solo per sé ma a nome di tutti, ve l’assicuro! E anche noi, come Simeone, proprio dal Vangelo di oggi sentiamo dalla voce di quell’unico e medesimo Spirito che non moriremo senza prima aver visto incarnarsi quella precisa consolazione. Consolante promessa che il seminatore ha seminato sulla terra; consolante promessa che il Consolatore ha deposto nel nostro cuore come il seme di un figlio che deve ancora venire alla luce: il Figlio di Dio che noi siamo.
O bambino di Nazaret,
che vivi nel silenzio, nella pace e nell’umiltà,
vieni in me a recarmi la dolcezza,
il silenzio, la pace, l’umiltà.
Fa’ che io ami le piccole cose.
Dammi il gusto della tua piccola casa,
con la sua dolcezza, il suo ordine,
la sua modestia, la sua umiltà.
Dammi, o piccolo Gesù,
la tua piccola casa.
Cosi sia
(Ernesto Hello)
Dal Vangelo secondo Luca (2,22-40)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
La tua famiglia, Signore,
faceva spazio ai pensieri e alla preghiera
dentro la vita quotidiana.
Le nostre giornate
non diventino mai tempo senz’anima,
ma conoscano il tempo dell’interiorità,
il tempo dell’incontro con Te.
Ti affidiamo, Signore,
le famiglie provate dal dramma
della divisione e della separazione:
non ne rimangano soffocate,
ma facciano esperienza di un Dio
che ci ha chiamati alla pace.
Ti affidiamo le nostre comunità:
chi le avvicina non trovi
la rigidità di un’istituzione
o la freddezza dell’estraneità,
ma trovi apertura nell’accoglienza,
freschezza nei rapporti.
(don Angelo Casati)
O Dio,accompagna tutte le famiglie nei momenti di gioia, di serenità, ma soprattutto nei momenti di difficoltà che incontreremo lungo il sentiero della nostra vita. Tienici uniti, fa che ognuno di noi sia di conforto per l’ altro. Rendici capaci di un amore incondizionato.
Sia lode davvero a quegli anziani che pregano per tutti, per i piccini in particolare, cui loro amorevolmente insegnano ad accendere la candelina e fare la preghierina in chiesa e, da questi piccoli riti, andare alla casa del Signore diventa una festa. Ringrazio anche la mia nonna altoatesina (e bacchettona!) che mi ha insegnato il bel saluto del piccolo segno di croce sulla fronte “Padre, figlio, Spirito Santo, Amen. Tutti gli angioletti in viaggio con te” che ora è bun rito anche mio, una piccola coccola, che è bello donare ai miei nipoti.
È bello iniziare la giornata leggendo il vangelo, soprattutto la domenica.
È il primo passo della giornata dedicata al signore.
Io sono vecchio e stanco e la vista mi sta abbandonando.
Dove posso scaricare un file audio con il vangelo della domenica?