Vegliare sì! Ma fino a quando?

Data :27 Agosto 2020
Commenti: (2)
Louisa Anne (1818-1891), Discepoli dormienti
Andrea Mantegna, Orazione nell’orto (particolare), 1459
Giovanni Bellini, Orazione nell’orto (particolare), 1458-60 ca. 

Vieni di notte, ma nel nostro cuore è sempre notte: 

e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni in silenzio, noi non sappiamo più cosa dirci:

e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni in solitudine, ma ognuno di noi è sempre più solo:

e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni, figlio della pace, noi ignoriamo cosa sia la pace:

e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni a liberarci,

noi siamo sempre più schiavi:

e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni a consolarci, noi siamo sempre più tristi:

e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni a cercarci, noi siamo sempre più perduti:

e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni, tu che ci ami, nessuno è in comunione col fratello

se prima non lo è con te, o Signore.

Noi siamo tutti lontani, smarriti, 

non sappiamo chi siamo, cosa vogliamo:

vieni, Signore.

Vieni sempre, Signore.

(David Maria Turoldo)

Dal Vangelo secondo Matteo (24,42-51)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Chi è dunque il servo fidato e prudente, che il padrone ha messo a capo dei suoi domestici per dare loro il cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così! Davvero io vi dico: lo metterà a capo di tutti i suoi beni.
Ma se quel servo malvagio dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda”, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a mangiare e a bere con gli ubriaconi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli ipocriti: là sarà pianto e stridore di denti».

Cercate nella storia dell’arte opere dal titolo “Orazione nell’orto” ed avrete una serie cospicua di immagini, anche di prestigiosi autori. L’oggetto della raffigurazione è sempre lo stesso: il Cristo che prega e veglia nella notte prima di morire e i discepoli, ad un tiro di sasso da Lui ormai sprofondati nel sonno. Non ci fanno proprio una bella figura! Incapaci di vegliare un’ora sola, Li trovò addormentati. Eppure li aveva invitati in quel frangente a restare con Lui perché vegliassero. Eppure li aveva preparati con parole e parabole come quelle che ascoltiamo oggi. 

Il Figlio dell’uomo e il regno di Dio che s’erano fatti vicini e presenti, ora chiedono di essere attesi. Quel banchetto nuziale già preparato da tempo, iniziò comunque in ritardo a causa degli invitati che non vollero prender parte alla festa (Mt 22,3-4) e per il ritardo stesso dello sposo, che sopraggiunge nel mezzo della notte (25,6).

Quando noi preghiamo come Gesù stesso ci insegnò, sempre diciamo: “Venga il tuo regno!“. Ci rendiamo conto dunque che questo regno di Dio, di cui Gesù stesso aveva più volte attestato la venuta subisce un ritardo nel suo manifestarsi, nel suo venire a noi o, anche solo, nell’essere da noi riconosciuto. Il ritardo del regno diventa così il mistero più inquietante per i credenti. L’ora della salvezza sembra non arrivare mai. E la vita si riempie di prove, pericoli e tentazioni. I giorni sono diventati millenni. Col tempo i cristiani stessi si rilassarono, spensero l’attesa… proprio come quei discepoli che nell’ora decisiva della salvezza si addormentavano.

Il tema era scottante nelle comunità degli inizi tanto che Pietro dovette prendere parola e scrisse: “Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nel compiere la sua promessa, anche se alcuni parlano di lentezza” (2 Pt 3,8-9). Gesù stesso parlò di pronto esaudimento della preghiera: “E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,7-8).

È davvero un mistero della fede come diciamo nell’Eucarestia: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua resurrezione, nell’attesa della tua venuta“. Una cosa tuttavia mi piacerebbe fosse un poco più chiara nel nostro cuore: quando si parla di attesa e di venuta del Signore, immagino già che moltissimi penseranno al momento della morte, all’ora particolare della propria o altrui morte. Come se il Signore ci dovesse venire incontro per questo! Fu in ritardo perfino per la morte dell’amico Lazzaro quasi a dire che Lui non è responsabile di quanto ha a che fare con morte e malattia. Quella distanza spazio-temporale dice proprio la sua estraneità e la sua innocenza davanti a malattia e morte. Il suo pianto poi, rivela il suo sgomento e il suo dolore per la perdita dell’amico. “Un nemico ha fatto questo” (Mt 13,28) rispose quando gli chiesero conto del perché la zizzania fosse cresciuta nel campo dove lui aveva seminato la Vita. 

Certo, l’attesa che interpella la nostra vigilanza è paragonata nelle parole di oggi alla venuta di un ladro nella notte, che viene a rubare il tesoro di una casa. Ma cosa può rubare un ladro che viene nelle case dei discepoli di Cristo? In teoria proprio nulla… se fossimo più essenziali e poveri.

Ci aveva poi abituati ad attendere uno sposo e non a fare la guardia contro i ladri… Chi dunque dobbiamo attendere? Il ladro o lo sposo? Per quale motivo dunque vigilare? Per donare o per difendere? Il Figlio dell’uomo verrebbe dunque a portarci via la Vita o non verrà piuttosto per stare con noi nella forma dell’amore? Forte come la morte è l’amore (Ct 8,6) ma è attorno all’amore che dobbiamo vigilare e non raffreddare il cuore.

Nella parabola di oggi, tutto cambia e diventa una vera tragedia quando il servo fidato che accusa il ritardo del padrone, smette di custodire, di condividere e di amare… ed inizia malvagiamente a percuotere gli altri servi e si dà alla pazza gioia, mangiando e bevendo con chi è ubriaco perché già troppo ha bevuto!  La vigilanza è tutta questione di amore. Nel giardino degli ulivi, Lui vegliò alle soglie della sua morte, davanti alle porte degli inferi: stava così decidendo se difendere la sua vita o amarci all’inverosimile. Pensiamo dunque al suo vegliare, non certo al nostro… che tanto, da una parte o dall’altra, ci appoggiamo sempre per poi “abbioccarci”! Abbiamo bisogno perfino di essere risvegliati dal nostro torpore, da questo nostro continuo appisolarci, nel nostro raffreddarci su certe questioni decisive del Vangelo e del Suo regno. 

Mi metterò di sentinella,
in piedi sulla fortezza,
a spiare, per vedere che cosa mi dirà,
che cosa risponderà ai miei lamenti.
Il Signore rispose e mi disse:
«Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette,
perché la si legga speditamente.
È una visione che attesta un termine,
parla di una scadenza e non mentisce;
se indugia, attendila,
perché certo verrà e non tarderà.
Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto,
mentre il giusto vivrà per la sua fede.

(dal libro del profeta Abacuc, 2,1-4)

Solo nel silenzio
c’è una musica
che risuona dentro e ti libera.

Solo nel silenzio
sento che ci sei
non è un movimento,
emozione unica.

Vieni qui, parlami così
come parla il vento agli alberi
guardami, presto abbracciami
lascia uscire tutte le lacrime,
le lacrime..

Solo nel silenzio
non si è soli mai,
è un’accompagnamento l’anima.

Porta fino in fondo
là dove c’è Dio
dove sei te stesso
e il mondo non può entrare
neanche se è rotondo.

Vieni qui, parlami così
come parla il vento agli alberi,
musica accarezzami
vibra nel silenzio degli uomini…

Baciami, stiamo ancora qui,
qui stretti nel silenzio,
noi piccoli, fragili, unici.

(Ron, Nel silenzio)


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Piccoli Pensieri (2)

Chiara

…”stava così decidendo se difendere la sua vita o amarci all’inverosimile”…

Che meraviglia!

27 Agosto 2020
Arianna

Impazienti, sotto sotto, lo siamo un po’ tutti. Capaci di aspettare, limitatamente, ma incapaci di pazientare quando il nostro turno tarda ad arrivare. È faticoso, davvero, allenarsi passo passo ad una vigile pazienza nella vita. Ma allenandosi a quella, vien più facile poi applicarla anche alla spiritualità. Ridurre un poco le preghiere “per pronto effetto” e allenarsi piuttosto ad abbandonarsi, davvero, come un tuffo, a Dio. Lasciargli spazio perché agisca in noi, indirizzandoci al meglio.E quando ci si arriva: via di nuovo ad allenarsi, che tornare a spazientirci è un attimo. Ma forse è anche questa la pazienza attiva, la veglia richiesta.

27 Agosto 2020

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