Ciò che appare e non traspare

Data :26 Agosto 2020
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Uniti a tutte le menti create, innalziamo il canto della lode eterna: le menti siano illuminate, i cuori siano forti, i corpi siano santificati, le anime rese lucenti. Chiunque cerca con onesta buona fede, con indomito ardore la conoscenza e la pace possa trovarle. Chiunque piange le proprie insufficienze, debolezze e miserie sia consolato. Chi brancola nelle tenebre della materialità sia illuminato. Chi non ode la voce dell’amore, abbia aperto l’udito e possa ascoltare, e su tutta la terra si stenda un gran velo di luce che compenetri tutti gli esseri.

(Giovanni Vannucci, preghiera alle Stinche)

Dal Vangelo secondo Matteo (23, 27-32)

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».

Dalle mie parti, a Bergamo, oggi è festa. Sant’Alessandro, martire: patrono della Città e della Diocesi. Un giovane soldato, uno dei tantissimi appartenenti alla legione Tebea, che ad un certo punto preferì deporre le armi piuttosto che macchiarsi di colpe più gravi. Meglio essere uccisi che uccidere. Meglio essere cacciati che cacciare. Fu inseguito, mentre era diretto oltre le Alpi, e proprio in terra bergamasca venne ucciso come fosse un disertore dell’esercito romano. Quanto forte parlò in lui lo Spirito lo si può intuire: egli preferì piacere a Dio piuttosto che agli uomini. Una donna, di nome Grata (ora santa pure lei) ne raccolse il cadavere. Leggenda vuole che proprio lì, dove Alessandro venne ucciso, nacquero dei gigli. Un segno: il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani. È questo testimone che i bergamaschi oggi festeggiano. 

Per un discorso di continuità, proseguiamo la lettura del “settenario dei guai” che Gesù rivolge contro scribi e farisei. Non me ne vorrà di certo il santo patrono Alessandro. Tra le righe si può trovare la sua stessa testimonianza. 

Da tempo, per mezzo di un profeta di nome Ezechiele, aveva parlato in questo modo: “Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe. […] Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò” (Ez 37,12-14).

Le Sue parole hanno sempre avuto a che fare con la Vita e la sua promessa  arriva fin oltre la morte. Colui che ha creato i cieli e la terra, ci ha sempre fatto sapere che non si sarebbe fermato davanti ad una tomba. Così davanti alla tomba dell’amico Lazzaro, Gesù si commuove, chiede di togliere la pietra, lo chiama ad uscire e invita i presenti a liberarlo da bende e impedimenti per lasciarlo nuovamente libero.

Nella festa di Pasqua, quando si ricordava la liberazione del popolo, fiumi di pellegrini si riversavano nella santa città di Gerusalemme. Per questo imbiancavano i loro sepolcri: per evitare di rendersi impuri nel caso che, al passaggio, fossero venuti a contatto con una tomba mentre andavano alla meta del pellegrinaggio. È l’immagine a cui Gesù si rifà nel pronunciare le sue ultime invettive contri i farisei. Gesù mette in guardia dal pericolo di vivere di apparenze fino alla morte. E più il tempo passa e più continua il processo di degrado. 

Alla vista di Gerusalemme, nei giorni precedenti la sua passione, Gesù, dal monte degli Ulivi piange amaramente sulla città che uccide i profeti e non riconosce la presenza del Signore che le faceva visita. 

La morte non è attorno a noi e noi non siamo i superstiti della falce che passa e colpisce chi trova. La morte, ad osservarla con la prospettiva che Gesù le dà, ha a che fare con tutto ciò di cui noi non ci prendiamo cura. Curare l’interiorità è per Gesù curare la Vita da dentro, laddove nasce, per impedire che la morte prenda il sopravvento. Occuparsi soltanto di ciò che appare fuori è illudere gli occhi della gente. Uccidere i profeti fu anzitutto un tentativo di spegnere lo Spirito che abita nel cuore dell’uomo. 

E Gesù lo aveva spiegato bene: è da dentro che proviene tutto ciò che contamina l’uomo. Per questo ci vuole sempre più attenti di quanto capita dietro il sottile confine tra esterno ed interno, tra ciò che appare e ciò che non traspare. Per questo ha posto in noi il suo santo Spirito: nessuna traccia di morte in noi, ma soltanto una grande promessa di Vita, la Sua nel cuore dell’uomo. 

Con queste parole, Gesù ha così già aperto la tomba degli scribi e dei farisei offrendo loro la possibilità di risorgere e mostrando quanto spazio alla morte avessero già lasciato. La sua Parola, anche quando dice “Guai a voi” è profezia che soffia sulla vita inaridita un vento creatore.

Cimitero ebraico, Monte degli Ulivi, Gerusalemme

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;

anche di notte il mio cuore mi istruisce.

Io pongo sempre innanzi a me il Signore,

sta alla mia destra, non posso vacillare.

Di questo gioisce il mio cuore,

esulta la mia anima;

anche il mio corpo riposa al sicuro,

perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro,

né lascerai che il tuo santo veda la corruzione.

Mi indicherai il sentiero della vita,

gioia piena nella tua presenza,

dolcezza senza fine alla tua destra.

(dal salmo 15)


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