La Parola ci osserva. Osservala!

Giovedì della IV settimana di Quaresima (Gen 17,3-9 / Sal 104 / Gv 8,51-59)

In questa oscurità,
il fuoco che accendi non si spegne mai,
non si spegne mai.

Dal Vangelo secondo Giovanni (8,51-59)

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità io vi dico: “Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?».
Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia».
Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».
Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

«Se uno osserva la mia parola – disse – non vedrà la morte in eterno». Cosa compresero a quelle parole? Cosa udirono di quelle parole? Un ascolto forse pieno di pregiudizi nei confronti di Colui che già odiavano abbastanza da desiderare solo di eliminarlo. O forse un ascolto pieno di aspettative che non corrispondono ai pensieri e ai passi di Dio nel mondo. Come se Gesù avesse detto: se uno crede in me non morirà. 

E così per i nostri molteplici confronti con la morte, per quel nostro trovarci più volte faccia a faccia con essa e in tutte le sue più disparate forme con la quale si presenta a noi, ci facciamo meno attenti alle parole pronunciate con estrema esattezza da Gesù stesso. Desiderosi come siamo di vedere Dio o più semplicemente di vivere in pace, ogni volta che la morte appare davanti ai nostri occhi, questa visione sembra screditare la parola stessa del Vangelo. 

Gesù – e dunque il Vangelo – non nega la morte. Non ha detto che seguendo lui non saremmo morti affatto. Come potremo dunque entrare nei racconti della Settimana santa se dovessimo tacere la morte e la morte in croce del Figlio di Dio? Della sua morte ne aveva dato preciso e molteplice annuncio, perché non avessero ad illudersi. Non che pensassero che credere in Lui e seguirLo scampasse dalla morte. C’è sempre il rischio di illuderci che da credenti la morte ci debba camminare a distanza mentre anche nella disobbedienza alla Sua Parola possiamo fare esperienza di quanto invece siamo spesso noi a correre incontro alla morte. 

E dunque la morte anche i credenti la vedono. L’adagio biblico lasciava perfino intendere che prima di vedere Dio si dovesse vedere la morte. I profeti non hanno mai taciuto la morte ma di essa ne hanno sempre raccontato il limite. E dunque Abramo e gli altri profeti sono morti pure loro. Forse il profeta è anche colui che può insegnarci a morire. Per non uccidere. Per non vendicare. E dunque davanti alle morti le più violente, le più atroci, le più ingiuste, forse – io lo spero con tutto il cuore – qualcuno ha potuto insegnarci ancora a morire, senza nemmeno sapere cosa significasse scampare o sopravvivere. In ogni figlio dell’uomo che muore già vive il mistero di Dio, senza che nemmeno si possa dire «Padre perdonali perché non sanno quello che fanno». Lo diremo noi per loro, se non avessero potuto dirlo in tempo. Anzi, non c’è nemmeno bisogno di dirlo. Il Figlio di Dio ha detto queste parole una volta per tutte e per ogni volta che qualcuno vedrà, insieme alla morte anche il suo carnefice. Non è forse questa la morte che annunceremo ancora nei prossimi giorni della Pasqua?

Vedremo la morte perché è dentro la natura di ogni creatura. Ma in questo frangente è la Parola che ci raggiunge, quella che ci chiede d’essere osservata. Perché l’incontro con la Parola del Vangelo è un faccia a faccia. Quando già nel Primo Testamento Dio parlava, sempre diceva che aveva osservato e visto la miseria del suo popolo. È questo sguardo della Parola che chiede a noi di osservarla. E dunque noi osserviamo la Parola perché la Parola stessa ci ha già visti impauriti, sgomenti, angosciati e provati. È lo stesso sguardo che Gesù aveva sulle folle e sulle singole persone da lui incontrate. Osservare la Parola non significa soltanto obbedire a dei comandamenti. Osservare la Parola è guardare a Gesù Cristo, a come Egli ha vissuto, a come egli è morto. E  cercarne la presenza risorta. 

La Parola che ci osserva e che ha conosciuto la morte, ci assicura che non avremo a che fare con la morte in eterno, cioè per sempre. Anche la morte dunque ha un limite. A questo probabilmente servono le nostre preghiere al cielo nei giorni della morte, nei giorni del dolore, nei giorni della guerra. Intervenga la Parola a ricordarci che non si muore per sempre. È dunque la vita eterna, la vita per sempre che noi cerchiamo, una vita che è passata pure in mezzo alla morte e dalla quale Dio stesso ci ha liberato. 

Ora nei campi già seminati spunta l’esito della morte dei chicchi seminati a suo tempo. La morte dunque ha già visto il suo limite. E oggi la Vita è nuovamente all’opera. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. (Galati 2,20) Non siamo più noi che viviamo, è Cristo che vive in noi.

Mio Dio, prendimi per mano,
ti seguirò,
non farò troppa resistenza.
Non mi sottrarrò a nessuna delle cose
che mi verranno addosso in questa vita,
cercherò di accettare tutto
e nel modo migliore.
Ma concedimi di tanto in tanto
un breve momento di pace.
Non penserò più nella mia ingenuità,
che un simile momento
debba durare in eterno,
saprò anche accettare
l’irrequietezza e la lotta.
Il calore e la sicurezza mi piacciono,
ma non mi ribellerò se mi toccherà
stare al freddo purché
tu mi tenga per mano.
Andrò dappertutto allora,
e cercherò di non aver paura.
E dovunque mi troverò,
io cercherò
d’irraggiare un po’ di quell’amore,
di quel vero amore per gli uomini
che mi porto dentro.

(Etty Hillesum)


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Piccoli Pensieri (3)

Arianna

Mi sono dovuta prendere alcuni giorni per leggere e rileggere questa riflessione. Per ponderare e lasciar decantare queste parole così difficili, per noi che non conosciamo direttamente il Padre. C’è voluto tempo per digerirle e provare a riportarle a termini più comprensibili per me. Di fatto credo che questa sia uno dei più diretti richiami alla fede (ovvero fidarsi di Lui) fatti da Gesù. Noi non sappiamo, non possiamo sapere, “cosa c’è dopo”… Ma Gesù lo sapeva e lo sa e ci indica la via perché, dopo il passaggio della morte, la nostra vita oltre ad essa sia piena ed autentica come Dio vuole. Già pensare alla morte non come una “fine”, ma come un “passaggio” cambia parecchio le cose e aiuta molto -almeno così è per me- ad avere più fiducia nella vita “al di qua”, che senza sorella morte non si potrebbe rinnovare ed arricchire.

10 Aprile 2022
Maria Rosa

“Ma concedimi di tanto in tanto
un breve momento di pace.
Non penserò più nella mia ingenuità,
che un simile momento
debba durare in eterno,
saprò anche accettare
l’irrequietezza e la lotta”.
Donaci, Signore, di fare memoriale dei momenti in cui ci hai donato la tua pace per poter attraversare le avversità nel tuo Nome. Che la tua Pasqua ci insegni questo.

8 Aprile 2022
Carla

Nella mia vita – fino ad ora – sono stata parecchio e in vari modi toccata dalla sofferenza. Per questo mi vien immediatamente da dire : io non ho paura di morire . Ho però paura della domanda che mi verrà fatta: Carla, mi ami tu? Mi hai amata tu?

7 Aprile 2022

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