Come consegnarsi?

Venerdì della IV settimana di Quaresima (Sap 2,1.12-22 / Sal 33 / Gv 7,1-2.10.25-30)

Gott, lass meine Gedanken sich sammeln zu dir
Bei dir ist das Licht, du vergisst mich nicht
Bei dir ist die Hilfe, bei dir ist die Geduld
Ich verstehe deine Wege nicht
Aber du weißt jetzt den Weg für mich.

Dio lascia che i miei pensieri si concentrino su di Te.
Con Te è la luce, Tu non mi dimentichi.
Con Te è aiuto, con Te è pazienza.
Non capisco i tuoi modi ma ora conosci la strada per me.

Dal Vangelo secondo Giovanni (7,1-2.10.25-30)

In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.

Proprio come si diceva: ogni pagina della Scrittura è tesa e punta alla rivelazione di Gesù. Come non pensare alla sorte di Gesù di Nazareth ascoltando le parole tratte dal libro della Sapienza nella prima lettura di oggi? 

Dicono gli empi fra loro sragionando: «Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni […] Proclama di possedere la conoscenza di Dio e chiama se stesso figlio del Signore. È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri; ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita non è come quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade. […] Proclama beata la sorte finale dei giusti e si vanta di avere Dio per padre.
Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine.
Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà». (Sap 2,12-20)

Capi d’accusa che gli vengono da lontano. Pensieri dell’uomo empio ben noti alla Parola stessa. Intanto Egli stava incarnando proprio quelle parole. Il giusto trattato come uno sciagurato, uno che guasta i progetti dell’uomo e gli empi che pensano di ragionare correttamente. La Parola quando rende impopolari e fastidiosi ha il sapore della profezia.

Il vangelo di oggi poi ci rivela alcune sfumature sfumatura di questo complotto contro Gesù e non si tace neppure la condizione di Gesù che pare un richiedente asilo, un rifugiato, costretto a nascondersi e a vivere nascosto per fuggire dai complotti di coloro che avevano raccolto sufficiente prove per ucciderlo. Non dev’essere stato facile neppure per Lui consegnarsi. Non certo un gesto istintivo. Come consegnarsi? Dove? Quando? Perché se è proprio di Dio il donarsi, se questo specifica meglio quella che è la sua volontà,  resta sempre vero che l’uomo è combattuto nel suo intimo proprio a questo livello: tra il salvare la propria vita o perderla, tra l’essere risparmiato o il consegnarsi. 

Prima che la sua vita gli venisse tolta, spezzata come un albero verde nel suo rigoglio, il Vangelo ci lascia intravedere questo discernimento che Gesù sta ancora compiendo: se da una parte Egli sembra fuggire al male che incombe su di Lui, dall’altra Egli si interroga a come incarnare quella precisa volontà di Dio che sempre ha a che fare con il dono di sé. Meditava in disparte a come donare la sua vita, a come consegnarsi nelle mani dell’uomo perché avere Cristo nelle proprie mani non sia un arresto, un sequestro ma l’accoglienza di un dono. Quando giungerà la sua ora lo cattureranno, senza sapere che la sera prima Egli stesso s’era consegnato nelle mani dei suoi discepoli come Pane che può saziare la fame. C’è giustizia in quel dono fatto da Dio agli uomini. 


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Piccoli Pensieri (3)

Rosaemma

…senza quella Luce( 31/03)
Quanto è toccante- ci fai rilevare- in questo contesto, la figura di Mosè che riesce a fare cambiare opinione a Dio, disdegnando la sua personale salvezza. Leggo e condivido con voi, in sintesi,quanto scrive il teologo libanese R. Cheaib… Mosè diventa mediatore di Dio,ricordandogli tutta l’opera che Lui stesso ha fatto per Israele.
“Ora lascia che la mia ora si accenda…”Mosè vede in questo ” lascia”la supplica stessa di Dio che vuole salvare,ma che può farlo solo se trova desiderio di salvezza nel cuore dell’ uomo. Mosè intercede per Israele, ma rappresenta l’ umanità intera.L’ uomo ha un ruolo fondamentale nell’ opera di redenzione… perché Dio non impone la salvezza, ma si pone alla porta di ogni uomo – come si è posto alla porta del cuore di Mosè – bussando,supplicante,che questi diventi il desiderio di salvezza per l’umanità.
Mosè è figura di Gesù,grande intercessore presso Dio, quando sul Calvario,intercede per tutti noi:” Padre,
perdonali, perché non sanno quello che fanno”.

1 Aprile 2022
Maria Rosa

Signore Gesù anche oggi mi salva il tuo consegnati a me così disarmato così vero così concreto
Non mi rimane che dirti grazie

1 Aprile 2022
Carla

Rileggendo le parole del vangelo di oggi mi veniva da pensare: mamma mia quanta strada devo ancora percorrere prima di diventare una vera discepola di Cristo… Certamente bado alla mia casa, ceco di accondiscendere mio marito, sono a disposizione delle mie figlie per curare i miei tre meravigliosi nipotini, mai ora c’è un’altra priorità: cercare per quel che posso, per come posso ,di aiutare almeno alcuni di quelli sfollati, quelli che sono scappati dalla guerra. Economicamente io e mio marito ci appoggiamo ad un’associazione umanitaria, ma mi accorgo che per tanti toccare il portafoglio costa. Vogliono salvare capra e cavoli. Secondo me non è sufficiente dire: poveretti. Bisognerebbe anche agire, nei limiti delle proprie possibilità, perché Gesù è venuto su questa terra ed è morto per me , per i miei cari, ma anche per quelle persone. Ora che la guerra è diventata una realtà, bisognerebbe muoverci un po’ tutti, non limitarsi a compiangere quelle persone toccate in prima persona e basta . Questo è vivere il Vangelo. Seguire l’esempio di Gesù. Il fatto è che ci siamo tutti (compresa me) allontanati un po’ troppo da Dio, dal suo mio di concepire la vita secondo tutte le sue sfaccettature.

1 Aprile 2022

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