Di rami d’ulivo, di fili d’erba e di ogni ogni albero in fiore

Domenica delle Palme e della Passione del Signore

(Is 50,4-7 / Sal 21 / Fil 2,6-11 / Lc 22,14-23,56)

Il vento l’ha fatta da padrone. A terra restano infiorescenze di colori pastello che sembrano coriandoli dopo il passaggio d’un carnevale. Un tappeto di petali al passaggio d’una sposa pronta per il suo sposo. A terra ci sono anche rami, di varia taglia, che erano soltanto protuberanze secche di alberi giganteschi che hanno già iniziato a rinverdire. Una sorta di potatura naturale.
Una grande agitazione, un fermento… Nuvole di temporali annunciati da previsione meteorologiche si lacerano e si strappano in continuazione. Impossibile compattarsi per scaricare a terra acqua o forse grandine. Anche la natura ha le sue forze che hanno ancora il potere di sconvolgere l’uomo nel suo lavoro o perfino spaventarlo. È il vento ad agitare i rami di ogni albero. Prima che noi uomini lo faremo timidamente in quel gesto liturgico che è il ricordo dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, inizio della Settimana santa, la Pasqua di Gesù. 

Il giorno prima scambiavo con amici immagini dalla campagna con immagini dalle città: gli stessi alberi di pruni selvatici e poi ciliegi, mandorli, meli e ogni sorta di albero da frutta in fiore. Mi rallegro al pensiero che in città queste fioriture sul ciglio delle strade e sui marciapiedi sono ancora oggetto di contemplazione per chi passa non ancora distratto o troppo preso dalle preoccupazioni. Accanto alle immagini che immortalano questa primavera che fa nevicate di petali ad aprile, seguono messaggi che vale la pena condividere:

I fiori sono piccoli. Fragili. Transeunti. C’è in loro una non menzogna. Una bellezza che dura poco, perché tutto qui sulla terra dura poco. Una bellezza onesta nella quale è impossibile non riflettersi.
Ma non è solo questo.
Essi sono spesso offerti dalla natura in profusione. Un’abbondanza che supera l’attesa ed ogni buon senso. Come un bimbo che guarda e vedendo esclama «ma davvero così tanti?!».
Adoro i prati in fiori per questa esorbitante pienezza. I soffioni non sono forse un tappeto di colore? E così i papaveri? E tutti quei fiori sul tutte le piante da frutto? …tutte quelle braccia oltremodo cariche di bellezza.
Insegnano una bellezza non avara, anzi scandalosamente senza misura, ben oltre il bisogno, colma e ricolma. Una pienezza traboccante. L’immisurabile di Dio. L’idea che per un secondo già qui ci attraversa di quel «grazia su grazia».

Dal Vangelo secondo Luca (19,28-40)

In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”».
Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».
Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
«Benedetto colui che viene,
il re, nel nome del Signore.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!».
Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».

Cammina davanti a tutti. Uomo dei dolori che ben conosce il patire (Is 53,2). Già carico di tutte le miserie, quegli umani dolori incontrati nei soli tre anni di vita pubblica, tra deserti e città. Ci precede, ci accompagna… come fa la grazia di Dio… senza imporsi, senza che ce ne rendiamo conto. La vita la si vorrebbe come un pellegrinaggio, una felice ascensione, in cerca d’un paradiso perduto da ritrovare. Ma sempre più appare un’ardua salita. Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo? (salmo 23,3). Il Signore stesso salirà, Colui che prima discese, in quella terra che vive perfino «sotto il livello del mare», al limite del vivibile che sia deserto o mare salato. Lo seguiamo dunque nel suo salire a Gerusalemme ed entriamo con lui nella città, meta del suo camminare. 

E dopo la salita che porta a Bètfage e Betania, appena scollinati la vista della Città santa. Un giardino pieno ulivi e quella discesa che tuttavia non si può percorrere di corsa. Si scende piano, a dorso di mulo. Forse il nostro stesso corpo. Tenerezza e testardaggine di puledri convivino in noi. Slegare è verbo che libera. E già questo è un segno. Il Signore ne ha bisogno… del puledro, ma anche di discepoli liberi. Liberi dai compromessi. Su quel puledro vi salì sopra, cavalcatura regale del povero malcapitato soccorso solo da un Samaritano. Sei dunque re o malcapitato? Forse regalità è proprio nell’essere soccorsi. Ma allora sei Tu che sali, Signore, per far salire ogni uomo. Al luogo che hai scelto per stare con noi, un santuario più prezioso del Tempio. 
Crollano tutte le umane certezze, le solide convinzioni con le quali abbiamo costruito – gridano le pietre – mentre Gesù, si farà sempre più silenzioso, sempre meno parole, Lui parabola vivente di un Dio che abbatte i potenti e innalza gli umili. 

Una poesia di Mariangela Gualtieri chiude il cerchio di questa pagina lasciando aperta l’ipotesi di contemplare Cristo stesso come il fiore più bello dell’umanità, quel lato spalancato del nostro mondo. Buoni passi, buon cammino. Buona settimana santa!

Vieni nel mio pensiero, fiore!
Mettiti al centro. Io vedo te.
Ti vedo. Prendi la vastità modesta
della mente. Occupa la camera centrale – 
che scompaia il tic tac assillante.
Ti vedo, fiore! Entro nel tuo enigma.
Io mi riposo in te che sei guanciale
e camere celeste per nuotare
dentro la luce e sminuire
fino alla pezzatura dell’insetto –
e immobile accollarsi quel tuo mare
di particelle con odore. O nel tuo
abbeverare la bellezza nel suo contorno
di polveri. Fiore – nient’altro c’è
terrestre come te che prometta
un paradiso. Nient’altro come te
s’è preso simile impronta
d’un mondo oltre il mondo
e con tremore annuncia
un lato spalancato
il perfetto infinito presente
del fiorire.

(Mariangela Gualtieri)


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Piccoli Pensieri (4)

Savina

Dopo il commento, le foto e la poesia della riflessione di oggi, ho avuto necessità di riprendere il testo di un libro che mi ha molto colpito e che rammento spesso alla mente e al cuore.
Si tratta de “L’uomo che cammina” di Christian Bobin.
Gesù cammina fino alla fine, instancabile.
Percorre, ieri come oggi, le strade della sua Palestina, come le nostre strade, con la fretta di portare a tutti la Parola sua e del Padre, di fare conoscere a tutti il Volto misericordioso del Padre e suo.
E ancora “cammina” sull’ultimo tratto di strada nell’ultimo tratto di vita, ancora donando a chi incontra per via, ancora donando appeso alla Croce, fino al Dono totale.
Cito un brano dal libro:
“”La morte è economa, la vita è prodiga. Lui parla solo della vita, con parole a lei proprie: coglie dei pezzi di terra, li raduna nella sua parola e il cielo appare, un cielo con alberi che volano, agnelli che danzano e pesci che ardono, un cielo impraticabile, popolato di prostitute, di folli e di festaioli, di bambini che scoppiano in risate e di donne che non tornano più a casa: tutto un mondo dimenticato dal mondo e festeggiato là, subito, adesso, sulla terra come in cielo….
… Ciò che dice è illuminato da verbi poveri: prendete, ascoltate, venite, partite, ricevete, andate. Ignote quelle parole mezze velate, mezze consegnate, la cui oscurità permette ai potenti di consolidare la loro potenza…””
Buon cammino dietro Gesù.

10 Aprile 2022
Arianna

Questo parallelo tra Gesú ed la fioritura è un’autentica illuminazione! In fin dei conti anche lui, come le essenze della natura, ha dovuto aspettare il suo tempo prima di caricarsi di boccioli. C’è voluto tempo perché si aprissero, ciascuno a suo tempo, a seconda dell’esposizione peculiare di ciascuno. Ha poi lasciato che il profumo nuovo richiamasse gli impollinatori, che venissero e contribuissero a diffondere il seme… E solo allora si è predisposto all’offerta finale: morire per aprire a noi tutti una possibilità di vita autenticamente NUOVA. Non avevo mai pensato a quanto fosse così, semplicemente e straordinariamente, in parallelo con la realtà della natura. Grazie!

10 Aprile 2022
Emanuela

Ieri ho intercettato in una trasmissione TV un commento che spiegava come la domenica delle Palme ascoltiamo 2 vangeli: l’ingresso trionfale in Gerusalemme e la Passione.
Mi sembra che si sposi con l’immagine del fiore che ci hai appena dato: Gesù fiore bellissimo e ammirato nel primo brano di Vangelo, che termina il secondo con le braccia spalancata sulla croce, come un fiore completamente sbocciato, appeso al ramo, ormai pronto a cadere… per lasciare il posto al frutto.
Buona settimana Santa a tutti.
Preghiamo perché sia portatrice del frutto della pace.

10 Aprile 2022
Carla

Inizia con oggi la Settimana Santa, forse la più importante dell’anno liturgico. Leggendo quanto sopra mi vien da dire che Gesù ha bisogno di ogni aspetto della realtà, e quindi ha bisogno anche di me, del mio sì a Lui, cioè del mio sì a stare, con la certezza della Sua compagnia, in ogni circostanza che la vita mi pone davanti ogni giorno con la speranza di un bene più grande, come è stato per Lui.

10 Aprile 2022

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