Il linguaggio dei segni

Data :24 Giugno 2021
Commenti: (2)
Natività di San Giovanni Battista
(Is 49,1-6 / Sal 138 / At 13,22-26 / Lc 1,57-66.80)

Per dirla con parole nostre, questo giorno sarebbe il compleanno di Giovanni Battista. Il suo natale, se preferite. Accanto al Natale di Gesù e quello di sua madre Maria di Nazareth, se ne festeggia ancora un altro: il giorno in cui ricordiamo la nascita dell’uomo più grande tra i nati di donna, come dirà Gesù stesso a suo riguardo. Di quest’uomo se ne ricorda anche il giorno del martirio: 29 agosto. Ci sono indizi nel racconto della sua nascita che fanno presagire un’assoluta novità. La sua morte sarà per Gesù stesso l’occasione di riprendere il messaggio di Giovanni ed entrare finalmente in scena per i suoi ultimi tre anni di vita. 

È il compleanno del «Profeta dell’Altissimo» come preannunciò suo padre Zaccaria quando – dopo nove mesi di duro mutismo – riprese a parlare. E mai come in quel giorno udì vicinissimo a sé quella stessa Parola di Dio che nel Tempio non lo aveva convinto del tutto. Dubbio legittimo perché della moglie conosceva la sua sterilità. Ma cosa potesse significare fecondità nessuno se lo chiese. Quello stigma di maledizione se lo portava addosso: lo sapevano tutti. Alcuni, forse, soffrivano con lei. Ad altri sarà parso un paradosso che la moglie di un sacerdote del Tempio sembrasse più maledetta che altro. Di certo lei, Elisabetta, provava una grande vergogna, un disonore. 

Quel pensiero infelice occupava la loro testa, il loro cuore, la loro casa. Tanto era il dolore che nemmeno ricordavano parole di altre donne cui Dio aveva mutato le sorti. Come nel caso di Anna, la madre di Samuele, quando disse: «Il mio cuore esulta nel Signore […] la mia forza s’innalza grazie al mio Dio.la sterile ha partorito sette volte e la ricca di figli è sfiorita». (1Sam 1,1.5). Ci sono dolori e patimenti che tolgono dal cuore il ricordo di tutte quelle promesse che Dio aveva già mantenuto. Ci si dimentica che Egli possa rinnovare quegli stessi prodigi. Si stenta a credere. E si diventa muti, afoni, incapaci di credere,  di sperare. 

Il vuoto è lo spazio per Dio. Che sia un grembo di donna sterile o una tomba vuota nel mattino di Pasqua. Anche il silenzio è lo spazio per Dio: che sia il mutismo di certe preghiere afone; che sia su una tavoletta su cui nessuno ha ancora scritto un nome nuovo che nessuno aveva mai udito prima; che sia il silenzio nel deserto, il luogo dove il festeggiato di oggi preferirà collocarsi per vivere e far udire la Parola. 

Dio parla il linguaggio dei segni. E come spesso accadrà questi segni non saranno altro che conferma di quanto la Parola aveva già detto e preannunciato. Il segno rimanda sempre alla Parola, anche quando siamo incapaci di intenderla. È in quel momento che necessitiamo di un segno. Giovanni è esattamente il segno con cui Dio ha voluto spiegare la sua misericordia in quella casa, in quella terra. Anche il battesimo di Giovanni diventò il segno che confermava la misericordia di Dio. E quel dito che Giovani puntava indicando l’Agnello di Dio che passava, era un chiaro invito a seguire Lui. 

In sostanza, i segni non si cercano. Per quanto noi li possiamo desiderare. Semplicemente accadono. Si riconoscono. Si decifrano. È decisivo però che dai segni si sappia risalire alla Parola, al messaggio che essi veicolano. Il segno poi, una volta decifrato, fa esplodere in canti di gioia che si prolungano per anni, per secoli. Come noi facciamo quest’oggi: facciamo conoscere la fedeltà dell’amore che Dio ha per l’uomo.

Signore, rendici attenti a scoprire
per quali vie da nessuno pensate
Tu, «Dio-con-noi», continui a venire.
Amen.

Dal Vangelo secondo Luca (1,57-66.80)

Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.
Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

Signore, tu mi scruti e mi conosci
tu sai quando mi siedo e quando mi alzo,
tu discerni da lontano i miei pensieri.
Mi esamini quando cammino e quando riposo
ti sono note tutte le mie vie
le mie parole non ancora pronunciate
le conosci già tutte, Signore.
Mi precedi, mi segui, mi stringi
e poni su di me la tua mano
la tua conoscenza di me è meravigliosa
troppo penetrante, non posso resisterle.
Sei tu che hai plasmato il mio profondo
mi hai tessuto nel grembo di mia madre,
riconosco di essere un prodigio
ti ringrazio per come mi hai fatto
le tue azioni sono prodigiose
sì, il mio cuore le riconosce.
Quando ero plasmato nel segreto
ricamato nel profondo della terra,
le mie ossa non ti erano nascoste
i tuoi occhi vedevano il mio embrione:
tutti i miei giorni erano scritti sul libro
già contati e non ce n’era nemmeno uno.
Insondabili per me i tuoi pensieri
infinita la loro somma, o Dio!
se li conto sono più della sabbia
al mio risveglio sono ancora con te.

(salmo 138, traduzione dal Salterio di Bose)

Leonardo da Vinci, san Giovanni Battista, (1508-1513) Museo del Louvre, Parigi


Rimani aggiornato per ricevere i miei nuovi articoli




Piccoli Pensieri (2)

Emanuela

Il mio timore è proprio questo: saprò leggerli questi segni? Chi mi aiuterà?
I fratelli? Un impegno più assiduo alla Parola e alla preghiera?

24 Giugno 2021

La riflessione di oggi mi richiama alla mente la lettura de “Il castello interiore” di ieri. Alla preoccupazione talmente forte per la paglia sparsa da non far notare le possenti travi intorno. Tutti presi dalle umane preoccupazioni, dai nostri problemi più comuni, da perdere di vista il quadro generale. Non ricordo se fu a casa o durante qualche celebrazione, ma ad un certo punto qualcuno mi disse che “i tempi di Dio non sono i tuoi tempi”. Se ci pensiamo un attimo: perché il messaggio del Battista fosse così puntuale non poteva mica nascere troppo presto. Il Battista è il personaggio giusto al momento giusto. I suoi hanno dovuto pazientare tanto, al punto dall’aver ormai perso la speranza, ed ecco allora che il tempo di attesa si compie. Così è accaduto anche ad Abramo e ad altri nella Bibbia e io credo non sia un caso che venga ripetuto. Questo ci aiuta a a ricordarci che è successo più volte, continua a succedere ancora, ma Dio non si dimentica mai di noi e quando poi gi guardiamo indietro, con calma e distacco, siamo anche noi capaci di vedere che -per il nostro vissuto, la nostra persona ed il quadro generale- le cose non potevano davvero andare mrglio di cosí. Dio ci apparecchia delle occasioni, anche di attesa, sta a noi coglierle e farle fruttare.

24 Giugno 2021

Scrivi il tuo Pensiero

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *