Togliere (travi e pagliuzze)

Data :21 Giugno 2021
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Il discorso non fa una piega! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. La trave è proprio quel giudizio insindacabile che spesso pronunciamo contro l’altro senza nemmeno aver provato a metterci nei suoi panni. Aveva detto: «la lampada del corpo è l’occhio» (Mt 6,22). Travi e pagliuzze entrambi dovranno essere tolte, ma si comincia dal pezzo più ingombrante fino ad arrivare al piccolo. Lo sguardo dev’essere limpido. Ne va della visione del mondo, delle cose, delle persone.

Giudicare gli altri, spesso con sentenze poco inclini a misericordia, comprensione e compassione significa anzitutto presentare se stessi come giudici implacabili. Il Vangelo ci riconsegna anzitutto la responsabilità che abbiamo verso noi stessi. Amare se stessi (lavorando duramente a rimuovere travi) è pure l’inizio dell’amore per l’altro.  Ma cosa significa amare se stessi? Accettarci per come siamo, conservando la trave? Amare se stessi è liberarci da visioni distorte. 

Il brano di Vangelo di oggi viene a noi accompagnato dal bellissimo testo di Genesi 12 che racconta la vocazione di Abramo. Un invito che suona come una cacciata: vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre verso la terra che io ti indicherò. (Gen 12, 1) Ci sono parole che suonano dure al nostro orecchio ma hanno la forza di metterci in cammino, al lavoro. Si lascia un mondo conosciuto e ci si incammina verso qualcosa che ancora non appare ai nostri occhi. 

Nella lingua ebraica le parole hanno spesso un doppio significato. Ciascuno di essi non contraddice l’altro. E così abbiamo imparato che quel «vattene» può suonare perfino come un invito a scendere nel profondo di sé. Un viaggio che più di molti altri ci può spaventare, soprattutto se pensiamo di conoscerci perfettamente. La terra che il Signore indica a noi è certamente il suo regno, già presente in mezzo a noi o perfino dentro di noi. Questo è il vero viaggio che si è chiamati ad intraprendere: conoscere se stessi e Dio in noi. È con il suo sguardo, è con i suoi occhi che desideriamo imparare a guardare il mondo. 

Correva l’anno 1577. Teresa d’Avila nel suo «Castello interiore» scrive: Che confusione e pietà non potere, per nostra colpa, intendere noi stessi e conoscere chi siamo! Non sarebbe grande ignoranza se uno, interrogato chi fosse, non sapesse rispondere, né dare indicazioni di suo padre, di sua madre, né del suo paese di origine? Se ciò è indizio di grande ottusità, assai più grande è senza dubbio la nostra se non procuriamo di sapere chi siamo, per fermarci solo ai nostri corpi.
Sì, sappiamo di avere un’anima, perché l’abbiamo sentito e perché ce lo insegna la fede, ma così all’ingrosso, tanto vero che ben poche volte pensiamo alle ricchezze che sono in lei, alla sua grande eccellenza e a Colui che in essa abita. E ciò spiega la nostra grande negligenza nel procurare di conservarne la bellezza. Le nostre preoccupazioni si fermano tutte alla rozzezza del castone [parte incavata di un gioiello, in cui viene posta e fissata la gemma. ndr], alle mura del castello, ossia a questi nostri corpi».

Togliere è verbo per camminatori, per esploratori. Si tolgono spine e rovi che coprono il sentiero e che rischiano di intralciare il cammino. Si tolgono macerie per trovare vita sotto di esse. Si tolgono travi e pagliuzze per vedere bene. Pensiamo spesso che la fede sia fatta di cose da aggiungere come se si trattasse di aggiungere alla nostra Vita qualcosa di cui essa sarebbe priva. Abbiamo già ricevuto dalla Sua pienezza, grazia su grazia (Gv 1,16). Più che aggiungere si tratta dunque di togliere ciò che ancora ci impedisce di vedere questa ricchezza interiore.

Improvvisamente ritornano alla mente anche le parole del profeta Isaia: «Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio.
Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono. La tua gente riedificherà le antiche rovine, ricostruirai le fondamenta di epoche lontane. Ti chiameranno riparatore di brecce, restauratore di case in rovina per abitarvi». (Is 58,10-12)

Eccomi, Signore!
Tu mi chiami a vivere questo nuovo giorno:
a Te mi affido corpo e anima.
Sia per Te ogni mio respiro,
ogni mio pensiero, ogni mio desiderio.
Per Te ogni mia parola,
ogni azione di questo giorno.
Ti imploro con tutte le creature della terra.
Tutto il mio essere  dia gloria a Te,
Sorgente della vita, pienezza dell’Amore.
Amen.

(Anna Maria Canopi)

Dal Vangelo secondo Matteo (7,1-5)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

Sento il bisogno di ascoltare il mio cuore,
per innalzarmi ad una visione 
che mi fa uscire
dalla confusione e dal vicolo cieco.
La via di Dio
mi dà opportunità di camminare
verso una vita piena di significato.
Voglio conoscere questa via
e percorrere i tuoi sentieri
attraverso la ricerca della verità
che la tua parola mi ha indicato.
È un tesoro sempre a disposizione,
che nasce dall’amore e dalla fedeltà.
Questo è possibile prendendo coscienza
delle fragilità del passato e del presente,
guardando con occhi diversi all’oggi.
La via del vangelo è stupenda,
essa ci dà la possibilità di una vita
diversa da quella che stiamo vivendo,
percorrendola con umiltà
e voglia di cambiare.
I sentieri di Dio portano alla conoscenza
perché dettati dall’amore.
Propongono un progetto di vita
a cui possiamo attingere
anche in mezzo alle nostre fragilità.
Troveremo la strada giusta
lasciandoci guidare da una fede profonda.
Tutto questo ci porta ad una vita serena
e possiamo così lasciare questa terra
in eredità alle generazioni che verranno.
Nel conoscere questo amore
ci apriamo sempre più alla conoscenza
che si svela giorno per giorno,
non distogliendo mai lo sguardo
dal suo progetto.
Spesse volte ci sentiamo infelici e soli,
con il cuore gonfio di angosce.
Abbiamo bisogno
di liberarci della negatività
e ciò è possibile
se guardiamo in faccia ai nostri errori
senza lasciarci guidare dal pessimismo.
La nostra vita troverà un senso,
anche in mezzo alle conflittualità.
Non resteremo delusi
affrontando le situazioni
con onestà e rettitudine
riponendo in Lui la nostra fiducia.

(salmo 25, trascrizione di Sergio Carrarini)


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Piccoli Pensieri (1)

Dania

Togliere travi e pagliuzze per tornare a “vedere ciò che è essenziale ed è invisibile agli occhi…non si vede bene se non con il cuore” e solitamente lo si trova nella parte interiore e più profonda di noi, là dove abita anche Dio, nel nostro niente… Ciò che conta è saperlo, sentire che è proprio così: Dio è in noi ed in tutto ciò che è piccolo lo possiamo ritrovare. Il Piccolo Principe diventa un Grande Principe che può parlare a ciascuno ed i piccoli ci insegnano sempre, come i poveri, perché è più facile che è lì che Lo si scopra, anche inaspettatamente, più che nei grandi o nei potenti. Confidare nell’uomo per confidare nel mistero che lo abita e nel Dio che c’è in ognuno…a noi far pulizia di occhi e cuore per scorgerLo.
Grazie Signore che Ti nascondi e lasci trovare lì dove mai immagineremmo.

21 Giugno 2021

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