Dorme? E tu svegliaLo! (e anche il Male avrà il suo limite)

XII domenica del Tempo Ordinario (B)

(Gb 38,1.8-11 / Sal 106 / 2Cor 5,14-17 / Mc 4,35-41)

Annunciava la vicinanza del regno di Dio e ne parlava attraverso similitudini e parabole. Diceva: «Il regno di Dio è simile a…». Diceva pure che la nostra prima occupazione doveva essere proprio quella di cercare anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, senza preoccuparci d’altro perché a quello ci avrebbe pensato un Padre provvido e prodigo. 

Anche i suoi discepoli impararono ad esprimersi con parabole, a raccontarsi per immagini, come quando scrissero di una grande tempesta alla fine del giorno, quando Gesù li invitò a passare all’altra riva. Doveva essere sfinito quel giorno, così stanco da dormire come un sasso nonostante le onde. 

Lo dissero con un racconto che li coinvolgeva in prima persona, loro, esperti marinai che temono comunque la forza del mare in tempesta. Per quanto si possa essere provetti, una tempesta in mare fa sempre paura. Se di sera, ancora di più. Misero in scena questa tempesta ed essi erano i protagonisti di quella traversata. Una traversata è metafora della vita. Lasciare il porto sicuro per andare altrove è la vita dell’uomo. Penso anche alla mitologia, ai testi classici… a quella storia di Ulisse che leggevamo qualche tempo fa. 

Non si tratta di dire: «ma allora questo racconto è inventato!». È piuttosto questa capacità di raccontarsi dopo che siamo stati salvati e noi, un attimo prima, eravamo proprio quelli – come i discepoli nell’episodio di oggi – che temevano di essere spacciati, perduti, finiti. In questo senso dico volentieri che questo brano di vangelo è come una parabola o una metafora, che la tempesta ci sia stata veramente – cosa per altro assai probabile – oppure no. Perché di tempeste nella nostra vita ce ne sono. Di attimi improvvisi in cui temiamo di essere perduti. Ed è sempre per questo che fatichiamo a lasciare il porto sicuro. 

Non c’è essere umano che non conosca i suoi limiti. Quello più grande, lo sappiamo, si chiama morte. La paura è stampata sul rovescio. E tutti, prima o poi, vanno a prendersela con Quello che dorme pacifico. Magari rimproverandolo d’essersi addormentato proprio sul più bello… cioè, sul più brutto, piuttosto. Proprio quando Lui ci serviva maggiormente. «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Alcuni pensano che sia tipico di quest’uomo, quello contemporaneo intendo, dell’uomo moderno, razionale che esprime la sua sapienza e la sua intelligenza anche nella capace di dubitare, nel porre questioni. Questo racconto viene da lontano a conferma che prima o poi tutti gli uomini attraversano tempeste. A conferma che tutti cercano il Signore  rimproverandolo di quel sonno che pare raccontare la sua indifferenza ai nostri guai. Il regno di Dio era in mezzo a loro. Era a bordo con loro su quella barca. Rimane vero il fatto che essi dovevano comunque cercarlo e svegliandolo dal sonno lo trovarono. 

Mi vengono alla mente alcune parole dell’apostolo Pietro quando in una sua lettera scrive: «Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi». (2 Pt 3,8) A conferma di quanto accaduto quel giorno, a conferma che certe cose che si scrivono da superstiti vengono proprio da quanto prima s’è vissuto. 

È vero tuttavia che l’uomo contemporaneo ha stravolto la sua percezione nel mondo. Difficilmente riconosciamo di essere ancora creature in balia delle onde. Siamo piuttosto divenuti esperti nel fare previsioni di tempeste come nel fare previsioni economiche, finanziarie. Eppure, il mare in tempesta continua a farci paura. Eppure quel timore di essere perduti alberga nel nostro cuore e non credo si debbano fare esempi. Credo che molti ormai si ricorderanno di questa pagina di Vangelo in riferimento alla tempesta pandemica.

Da un po’ di tempo a questa parte è cambiato il nostro modo di percepirci come creature, finite e stupende, paurose ma capaci di fede. Nell’era dell’antropocene l’uomo moderno diventa il responsabile di alcuni dei suoi mali. I cambiamenti climatici portano la firma dell’uomo. E portano la firma dell’uomo anche i trattati per tentare di fermare il peggio. Forse la tempesta di quel giorno andata in scena anche per navigati marinai, serviva proprio a rimetterli al loro posto. Un bravo marinaio teme sempre il mare così come un grande scalatore difficilmente chiamerà amica la montagna. Sembra che tutto sia un gioco di forze… forze di creature che tentano di affermarsi proprio così. E sembra poi che le tempeste ci rimettano al nostro posto.

Quel giorno anche le acque ebbero bisogno di essere rimesse al loro posto e quando si calmarono per effetto di una Parola che pareva addormentata, non rimase che chiedersi: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». È la voce del Creatore che si fa sentire oltre le nostre tempeste, come quando Giobbe cercava di capire cosa centrasse Dio in quella faccenda. E Dio gli rispose, in mezzo all’uragano: «Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando usciva impetuoso dal seno materno, quando io lo vestivo di nubi e lofasciavo di una nuvola oscura, quando gli ho fissato un limite, gli ho messo chiavistello e due porte dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”?» (Gb 38,8-11)

Conosciamo la nostra vulnerabilità, i nostri limiti, quella paura di essere perduti. La fede ci rassicura: anche il male, la peggiore delle tempeste, ha il suo limite. Da mezzogiorno alle tre (Lc 23,44) si fece buio su tutta la terra quando Gesù attraversò la tempesta scatenatasi contro per volontà di uomini. E anche la fede sembra risvegliarsi o germogliare per questa piccola percezione che anche il male ha il tempo contato. Forse all’uomo non importa molto di Dio, ma certo è che noi, a Lui, gli importiamo. E questo argine che mise al Male è prova di quanto egli sia ancora attento. E se a te pare che ancora dorma, tu sveglialo. Buongiorno, buona domenica!

O Tu che dormi, sorgi dai morti.
Christus resurrexit, Christus resurrexit.
Cristo sarà la tua luce,
Alleluia, alleluia. 

Rendi salda, o Signore, la nostra fede
perché non ci esaltiamo nel successo,
non ci abbattiamo nelle tempeste,
ma in ogni evento riconosciamo che tu sei presente
e ci accompagni nel cammino della storia.
Per Cristo, nostro unico Signore. 
Amen.

(dalla liturgia)

Dal Vangelo secondo Marco (4,35-41)

In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Tu parli dal turbine,
noi parliamo dalla polvere,
Tu come il rombo del tuono,
noi con il fiato mozzato
non appena finito l’urlo:
tutto è infinitamente sproporzionato!
Certo, possiamo accettare di non competere con Te
ma non possiamo non dirti
che dolore e morte non hanno risposte.
Possiamo anche dire che Tu non sei
né il Dio della morte né del dolore,
e però difendiamo il diritto che almeno il Giusto
ti chieda: «Perché, Signore?»
Così anche noi ora ti preghiamo
con la stessa voce del tuo Figlio nell’orto:
«Padre, se possibile…»

Anche noi, portati dall’amore, andiamo
a diffondere dovunque la morte di Cristo:
é in virtù della sua morte che ora tutti viviamo,
noi stessi siamo la sua resurrezione:
che la terra dunque non sia distratta!
La morte è stata sconfitta
nel divino duello della Pasqua,
e ciò è vero pure per quanti non credono:
poiché tu, Signore, hai dato
la vita anche per loro.
Amen.

(David Maria Turoldo)


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Piccoli Pensieri (2)

Suor Regina

Gesù, cosi umano da lasciarti avvolgere dal sonno profondo e così Divino da calmare le acque tempestose del mare ,rendici docili e fiduciosi quando nelle tempeste della vita ti sentiamo lontano, aiutaci a credere che tu aspetti solo che ti diciamo “…non ti importa di noi?…” allora le potenze del male non prevarranno e,come dopo un parto doloroso canteremo la gioia di vivere….

20 Giugno 2021

Leggere questo testo dopo quello di ieri, relativo alle nostre umanissime preoccupazioni, ne rende anche più chiaro il messaggio: se Dio ha pensato così perfettamente a vestire i gigli del campo e dare il giusto cibo agli animali, possiamo star certi che si è già preoccupato anche di noi. Che senso ha allora temere ancora? Mi viene in mente un po’ mia mamma quando io le esponevo (e ogni tanto espongo ancora!) le mie preoccupazioni, lei spesso mi guarda placidamente e non fa altro che dirmi: “So che non servirà dirtelo, ma sappi che io sono sicura che andrà tutto bene, vedrai.” nulla di più. Un incoraggiamento a proseguire, senza farsi distrarre troppo dalle paure, e proseguendo lungo la via. In qualche modo anche Dio, attraverso questi brani del Vangelo, fa un po’ così: ci incoraggia a proseguire.

20 Giugno 2021

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