Autunno

«Ottogiorni», a volte, fa un po’ l’almanacco. Proprio oggi alle ore 20.21 l’equinozio d’autunno segnerà la fine della stagione estiva. L’equinozio (da latino «aequinoctium») indica la notte uguale al giorno. D’ora il buio inizierà a mangiarsi, minuto dopo minuto, giorno dopo giorno la luce che ha riempito le giornate d’estate fino a tarda sera. È tempo di rincasare: le ore di luce servono più che altro per il lavoro o per la scuola. Gli animali – immagino – si staranno preparando un rifugio per il prossimo letargo. Gli alberi sono quasi pronti per la loro coreografia autunnale e ogni foglia sa di essere una pennellata di colore che pare incendiare le visioni. Poi verrano le brume, le nebbie.

Anche per noi un cambio di stagione non dovrebbe essere solo un cambio di armadio. Ci si prepara e ci si orienta anche davanti ad una stagione. Ci siamo talmente abituati a dire che non ci sono più le mezze stagioni (e pare sempre un lamento contro i cambiamenti climatici in atto certamente) che ci perdiamo le piccole sfumature, i piccoli segni di questo alternarsi di stagioni. Quasi tutti i frutti di stagione ormai si colgono e si mangiano tutto l’anno. Da qualche parte arrivano a noi, se non da questo emisfero. Eppure anche i frutti di stagione sono messaggeri per il corpo dell’uomo. Spento il caldo – come facciamo noi occidentali – con bevande fredde ghiacciate, ora è il tempo del tepore di castagne arrostite al fuoco, di zucche cucinate in mille modi, o anche solo di profumate tisane.

Credo che dobbiamo tornare a celebrare questa liturgia delle stagioni e chi già ne fosse abituato non deve stancarsi di restarle fedele. È anche questo un modo per guarire noi stessi e anche la creazione, laddove ci pare più ammalata e in pericolo. Non si tratta di essere poetici (magari un po’ anche quello) ma è collocarci più correttamente nel nostro habitat, in quel giardino in cui Dio ha collocato l’uomo, con più rispetto, senza pretese degne soltanto di un «fuori stagione». Sembriamo davvero capricciosi quando vogliamo vivere come se fosse sempre un’altra stagione. E non mi riferisco ai frutti soltanto ma anche ai nostri comportamenti umani. 

Abituati come siamo ad avere tutto a portata di mano, il Vangelo di oggi potrebbe suonare davvero come cosa d’altri tempi: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche». È un’invito all’essenzialità. Portare tutto con sé è fare solo previsioni di tutto tanto potrebbe accadere. Potrebbe piovere… prendi l’ombrello. Potrebbe far freddo… prendi un maglione. Potresti sporcarti le scarpe… prendine due paia. Funzioniamo così. Non è il problema dell’ombrello o di due paia di scarpe. È questo vivere sempre con la paura che qualcosa di avverso passa succedere. È così che lo sguardo si impoverisce e non siamo più capaci di visioni coraggiose. Chi ancora custodisce uno sguardo libero dal buio, risulterà un visionario, un illuso, un sognatore, un creativo. Restare un po’ liberi da paure ingombranti o da malesseri che provengono da ansie del domani potrebbe essere l’altro modo per custodire quell’apertura che la fede necessariamente richiede. 

Raccontiamoci i nostri autunni, come li vediamo o come li viviamo. Chissà… altri potrebbero trarne lezione o consolazione. Prendendone esempio, ispirandosi semplicemente. Anche così il Vangelo di oggi sarà annunziato come buona notizia, in attesa di nuove guarigioni. 

…Fa’ che osservando i tuoi comandamenti
possiamo giungere alla vita eterna.

(dalla preghiera di colletta
della XXV settimana del tempo ordinario)

Dal Vangelo secondo Luca (9,1-16)

In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.

Signore, non sono necessarie
le penne degli angeli
e i languidi cori celesti:
ci bastano le penne del passero
e il canto stridulo del merlo
tra le foglie del platano.

Strade d’autunno fasciate di nebbia
e case che s’accendono
e fanno lume nella notte.
Signore,
non c’è bisogno di grandi stelle comete:
bastano queste luci e queste case,
se vieni a cenare con noi
e, se vieni, ti prego,
non entrare a porte chiuse:
è così dolce la chiave che canta nella toppa,
quando si attende l’amico!

Io non attendo altre strade,
io non ti chiedo altre case
o altre sere o altri mondi;
ma questo, questo dolcissimo mondo
abitato da Te.


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Piccoli Pensieri (7)

Savina

“…collocarci nel nostro habitat, in quel giardino in cui Dio ha collocato l’uomo…”
Le parole di don Stefano richiamano il paradiso terrestre, che non abbiamo perduto perché basta guardarsi in giro per “contemplare le meraviglie del tuo amore” come recita il salmo…
E invero l’autunno ci porta doni stupendi come gli alberi che si vestono a festa con mille colori per offrirci uno spettacolo gratuito, o il cielo, nel mese di ottobre quando c’è il vento, che diventa di un azzurro terso e profondo, oppure ancora a me è capitato e spero mi capiti ancora, di essere per strada, anche in macchina, e passare sotto una pioggia di foglie, non mi piace chiamarle morte, foglie che svolazzano prima di cadere a terra…
Ecco, è in questi momenti che ringrazio Dio per il dono della vita, per avere occhi, orecchi, naso, bocca e… cuore per apprezzare tutto questo. Può sembrare poco, ma è come dice il Vangelo di oggi, sul fatto di non appesantirci di cose e di troppe preoccupazioni.
Autunno… c’è la foto delle caldarroste alla fine della riflessione e riemerge un ricordo sopito dal troppo tempo passato. Sento nostalgia e malinconia…
Si va indietro di tanti anni, quando per la ricorrenza dei Santi e dei morti, si andava all’ottavario. Non mi ricordo se la messa era ancora in latino, mi ricordo che dopo messa si andava al cimitero, ma non in processione, si andava così, insieme ma ognuno per conto proprio per una breve visita. Il buio era già tutto, io ero con mio papà, che prima di uscire di casa per andare in chiesa si riempiva una tasca di caldarroste belle calde, e, finita messa, mentre andavamo al cimitero, ecco che spuntavano dalla tasca ancora tiepide e buone e potevo pescare come volevo, sembravano non finire mai…
Mio padre era una persona taciturna, solo i suoi gesti tradivano la cura, l’affetto…
Nostalgia e malinconia per il padre che è stato, per quel tempo dove, piccola, ero ancora inconsapevole di tanta parte di vita.
Poi si cresce… e resta il ricordo.

22 Settembre 2021
Maria Rosa

Donaci Gesù di guardare la natura come la guardavi Tu

22 Settembre 2021
Pat

Colori! Siano rese grazie a Dio per i colori! Ieri, in bici, guardavo il cielo, di un blu incredibile, pieno, senza titubanze, senza i vapori dell’alfa. E gli alberi che stanno cambiando divisa, e il giallo dei settembrini… E so che con il passare dei giorni ci arricchiremo dell’oro rosso delle foglie. E tutto questo mi fa sentire un po’ meno la nostalgia delle lunghe serate luminose. Grazie, Dio, per tutto questo, grazie del passare del tempo, e perdonami per i momenti in cui la vita mi pesa e vorrei finire il mio lavoro qui, vorrei poter cantare “ho liberato dal peso la mia spalla, le mie mani hanno deposto la cesta”. Ecco, forse vado fuori tema, ma smettiamola di pensare alla morte come qualcosa di nemico. Smettiamola di dire che è ingiusta, o prematura o intempestiva e cose simili. Smettiamola. Anche l’anno muore e non ne facciamo una malattia. Muoiono i bimbi e gli anziani, ma non c’è differenza fra i loro morire. È venuto il momento, hanno compiuto al compito per cui erano nati. Quale compito? Questo è il mistero che avvolge le nostre vite, ma la morte è sempre tempestiva, èsempre al momento giusto. “Quello che per il bruco è la fine del mondo il maestro chiama la nascita di una farfalla”. L’autunno e l’inverno, con il buio che avanza, sono solo i messaggeri della primavera.

22 Settembre 2021
Adriana Gritti

“… Strade d’autunno fasciate di nebbia
e case che s’accendono
e fanno lume nella notte.
Signore,
non c’è bisogno di grandi stelle comete:
bastano queste luci e queste case,
se vieni a cenare con noi
e, se vieni, ti prego,
non entrare a porte chiuse:
è così dolce la chiave che canta nella toppa,
quando si attende l’amico!… ” E che l’attesa dell’ amico SEGNI ogni istante della mia vita…

22 Settembre 2021

Da che ho memoria l’Autunno mi è sempre piaciuto. Un po’ perché, soffrendo molto il caldo, l’arrivo di un po’ di frescura mi ritemprava. Un po’ per via della splendida esplosione di colori della natura che si prepara ad andare a riposo. Quest’anno però, complice il lavoro protratto oltre la media e le ferie godute piú avanti del previsto, ho fatto un po’ più fatica a lasciare andare il “tempo di vacanza” dell’estate. Al contempo, avendo accompagnato fidanzato e suocero in montagna per dei lavori da fare nella casa di Velturno (BZ), ho la straordinaria fortuna di godere del graduale passaggio delle stagioni che sfumano una nell’altra. Qui al sole si gode ancora di un bel tepore, eppure basta una folata di vento per sentire già un certo odor di neve ed i castagni sono belli carichi di ricci gonfi di frutti. Ed è bello, ed è davvero una fortuna, che non mi sia portata troppo bagaglio. È un piacere autentico poter percepire ora il calore del sole che arrossa le guance, ora il fresco che si fa più acuto e pungente al calar del sole. È un invito a rientrare, ritirarsi e coricarsi prima per far fruttare al meglio le ore di riposo. Per blandire il freddo che avanza poi cosa c’è di meglio di un abbraccio sotto le coperte?

22 Settembre 2021
Stefania

“Lungi dal proprio ramo, povera foglia fragile, dove vai tu?” Così scriveva G.Leopardi, interrogandosi.
E guardando le vigne in questi giorni cariche di grappoli maturi, ricordarsi che noi siamo i tralci.
Benvenuto autunno!

22 Settembre 2021
Pieranna

C’è un verso di una poesia che mi porto in cuore da anni. È contenuto in una raccolta poetica di Maria De Laude, citata da Rita Levi Montalcini nel libro “Senz’olio e controvento”. Si tratta di una raccolta di poesie ermetiche dal titolo curioso: “Ascoltando il sussurro di comare erba”. A pagina 56 la poesia comincia così:”Salire, impedirmi di salire, attendo il mio suolo”. È stato per me un verso folgorante. Ho percepito il commento di oggi e, in particolare, la preghiera che segue il testo del Vangelo, come una traduzione bellissima di parole custodite come suggestione, che oggi si è come illuminata in un contenuto di realtà. “Il dolcissimo mondo abitato da Te” è la nostra vera aspirazione e la nostra pace. L’autunno è una stagione di raccoglimento e intimità, calore e quiete, dopo l’attività più frenetica che pulsa nel cuore dell’estate; invita a riprendere i fili della nostra interiorità… Grazie

22 Settembre 2021

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