Persone note (per Te non siamo numeri)

Data :17 Dicembre 2022
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Novena di Natale – primo giorno

(Gn 49,2.8-10 / Sal 71 / Mt 1,1-17)

Tre settimane per ascoltare di nuovo le antiche profezie sono ormai passate. Nuovamente il nostro orecchio s’è accordato a promesse che non suonano mai scontate, stonate o come musica d’altri tempi. Quanto sono d’attualità certe speranze cantate dai profeti! Ed ora si aprono i giorni della novena di Natale – dal 17 al 24 dicembre – giorni nei quali ci è dato di contemplare e comprendere che Dio è all’opera per realizzare la sua volontà di bene e di salvezza. E così, giorno dopo giorno si raccontano visioni, sogni e avvenimenti direttamente legati alla nascita di Gesù e al suo precursore, Giovanni il Battista.
Un canto antico, che durante le liturgia ritrovo nella versione francese, ci introduce nella novena. Mentre viviamo nell’attesa del Suo ritorno nella gloria, ricorderemo la sua prima venuta nella nostra debolissima carne e nella nostra fragilissima terra.

Ô VIENS JÉSUS, Ô VIENS, EMMANUEL
(inno della liturgia francofona – traduzione e testo originale di seguito)

Vieni, Gesù, vieni, Emmanuele
a svelarci il mondo fraterno
dove il tuo amore, più forte che la morte,
ci rigenera nel grembo di un solo Corpo.

R/. Cantate, cantate! Ad un nostro grido viene
      per riempire il nostri cuori l’Emmanuele.

Vieni pastore che Dio ci ha promesso,
senti da lontano il tuo popolo che geme;
nella violenza vive il suo esilio,
quando rinascerà dalle sue sofferenze?

Vieni Gesù e nella nostra carne ferita
fiorisci per noi, o radice di Jesse;
vicino all’acqua viva, l’albero piantato
solleva fino a Dio il mondo intero.

Vieni Gesù a tracciare il nostro cammino,
visitaci, o stella del mattino;
dal fondo dei nostri sguardi fai sorgere
l’improvviso bagliore del giorno d’eternità. 

 

Ô viens, Jésus, ô viens, Emmanuel,
Nous dévoiler le monde fraternel
Où ton amour, plus fort que la mort,
Nous régénère au sein d’un même corps

Chantez, chantez, il vient à notre appel
combler nos cœurs, Emmanuel.

Ô viens, Berger que Dieu nous a promis,
Entends au loin ton peuple qui gémit ;
Dans la violence il vit son exil,
De ses souffrances quand renaîtra-t-il ?

Ô viens, Jésus, et dans la chair blessée,
Fleuris pour nous, racine de Jessé ;
Près de l’eau vive, l’arbre planté
Soulève jusqu’à Dieu le monde entier.

Ô viens, Jésus, tracer notre chemin,
Visite-nous, Étoile du matin,
Du fond de nos regards fais monter
L’éclat soudain du jour d’éternité.

Dal Vangelo secondo Matteo
(1,1-17)

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.

Arrivato a Losanna, ho presto deciso di fare un abbonamento ai trasporti pubblici: una fitta rete tra filobus e metropolitana collega rapidamente e molto efficacemente diversi quartieri di una città che pare distendersi sulle rive del lago Lemano e al contempo arrampicarsi fino ai quartieri più panoramici a ottocento metri di altitudine. La chiesa di Saint-François è il cuore della città: molti mezzi di trasporto hanno in quella piazza molti punti di connessione. Immaginate il formicolio di gente che passa nell’arco di una giornata. Uno dei tanti crocevia di popoli, culture e lingue, come ce ne sono ormai in diverse città del mondo. Per le strade i profumi e i sapori si mescolano con una naturalezza che sembra rispecchiare quella delle persone: il profumo delle caldarroste si mescola a quello della tipica fondue di formaggio diventata pure lei take-away, il profumo dei kebab danza con il tradizionale vin-chaud natalizio, dai negozi escono folate di profumi che stridono con l’odore delle fritture dei moderni ristoranti fast-food. 

Attorno a Saint-François le persone corrono su linee che sembrano tracciate dal ritmo quotidiano, percorsi invisibili ben conosciuti da ciascuno. Ognuno secondo un proprio orario, un proprio ritmo si muove su un tracciato invisibile. Tra gli ultimi arrivati ci sono anche io. L’impressione a volte è quella di entrare a confondere o lievemente sconvolgere questo sistema ben scandito e tracciato di orari e movimenti personali quotidiani. Moltissimi, giovani e non solo, indossano mini-auricolari o cuffie più vistose. Che musica ascolteranno? O forse ascoltano audio-libri, informazioni o corsi di formazioni? Dove i semafori non regolano il traffico pedonale e stradale, si cerca lo sguardo degli automobilisti per accertarsi della loro sosta o per ringraziarli d’essersi già fermati. Cercare lo sguardo altrui per un sorriso sembra qualcosa di più che superfluo. Più di tutti e con una certa insistenza, sono i poveri che alzano lo sguardo, che accennano ad un saluto, una richiesta. Avvolti in sacchi a pelo o fasciati in coperte spesso intrise d’acqua o di neve, ci osservano. Sono davvero tanti. O semplicemente è alta la concentrazione in quello stesso luogo.

Mi chiedo se anche loro sono un numero. Perché ormai va da sé che siamo tutti piuttosto un numero. Anzi, siamo piuttosto diversi numeri. Un codice fiscale; un codice cliente; un numero di conto in banca; il numero di una coda d’attesa nell’arco della giornata; un numero sanitario, un numero di assicurazione, un numero di cellulare, un numero per identificarci… e quanti numeri ancora? Siamo i numeri di una società che ama contare. E coloro che non contano forse non li contempliamo se non per calcolare quanto pesano sul bilancio sociale di ogni nazione, di ogni regione, di ogni provincia, di ogni città. 

A leggere il Vangelo di questo primo giorno della novena di Natale un pensiero emerge consolante: per te, Signore, non siamo un numero. Non lo siamo mai stati né mai lo saremo. Questa litania di nomi più noti, di nomi che sono o che potrebbero diventare sconosciuti… è una litania che canta la fedeltà di Dio, una fedeltà ad una storia che è al contempo personale e più ampia tante quante sono le generazioni conosciute e considerate. È così: Dio è fedele a ciascuno di noi e pure alla storia più grande di cui facciamo tutti parte. Che siamo o non siamo dei numeri. Un censimento aprirà il racconto della notte di Natale. E contino pure gli uomini. I poveri li avremo sempre con noi non fosse che per ricordarci che ciò che ancora non conta agli occhi degli uomini, è caro agli occhi di Dio. La compassione non nasce solo per i poveri seduti ai piedi dei più sontuosi palazzi, la compassione nasce anche nel considerare quanto ci siamo impoveriti nell’attribuirci così spesso dei numeri o dei codici. È pratico, è sicuro, è matematico. 

L’unico numero che conta in Dio è l’Uno. L’Uno che Lui è. L’Uno che è unione di ogni singolarità, nessuno escluso. L’uno che non teme il plurale. Quell’uno che noi siamo tra non saprei nemmeno quanti miliardi di persone già passate da qui. Non ci resta che camminare tra la gente pensando che ciascuno ha un nome. Il Vangelo dice che ogni nome è storia, generazione, radici, chiamata, vita… e dunque genealogia di Gesù Cristo sia. Sono persone note a Dio, persone che ancora oggi canterebbero a squarciagola quel Dio che viene a vivere con noi. Ogni nome suona bene in quella genealogia. Una polifonia che si armonizza su quel cantus firmus che solo Dio può intonare, per usare questa felicissima immagine di Dietrich Bonhoeffer quando scriveva una lettera a due fidanzati che si preparavano a fare storia insieme e a generare vita. 

La neve sui tetti di Losanna. Il campanile di saint François, cuore della città.

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Piccoli Pensieri (4)

Arianna

Mi trovo a leggere questa riflessione il giorno dell’Epifania e devo dire che mi sembra comunque legarsi bene. Il figlio di Dio, l’unico, si è fatto carne nella storia dell’uomo, cercato e seguito da magi provenienti da lontano ed ignorato -quando non apertamente osteggiato- dai ministri del culto. Ora che ho tra le braccia la mia piccola Adele, tanto desiderata, al mondo da tre settimane appena, scopro cosa sia l’amore genitoriale, prendendo coscienza di non essermene mai davvero resa conto. Riesco così ad intuire, pur molto pallidamente, quello che può essere l’amore di Dio per noi e quanto “gente dalla cervice dura” siamo ancora noi, che non ce ne rendiamo conto. Significativa anche la predica ascoltata oggi, in cui l’officiante ha colto l’occasione per proporre di partire da una preghiera un po’ provocatoria: chiedere a Dio di farci percepire la distanza che abbiamo da Lui. Non tanto per sminuirci, quanto più per darci una misura del percorso, del nostro, di ciascuno, per farsi incontro a Lui. Forse potrebbe essere questo un buon punto da cui partire per il cammino pastorale del Nuovo Anno.

6 Gennaio 2023
Savina

Il nome è importante per ognuno di noi, ci identifica e ci distingue dagli altri.
Gli antichi latini ritenevano che il nome indicasse il destino della persona “Nomen Omen” dicevano, il nome che hai traccia ciò che sarà la tua vita.
Non so, non sono molto d’accordo, forse solo in parte.
Mentre scrivo, però, mi viene in mente il brano dell’Antico Testamento, quando Mosè chiede a Dio quale nome deve riferire al popolo e Dio dice “Io Sono”.
“Io Sono” esisto, sono concreto, reale… un messaggio chiaro come chiaro il nome che l’Angelo Gabriele lascerà a Maria per Gesù, un nome che è tutto un programma.
E bravi sono stati gli antichi Ebrei a ricordare tutti quei nomi con la tradizione orale che solo dopo è diventata scritta.
Ogni nome una persona, una storia…
Pure Zaccaria ed Elisabetta escono dalla consuetudine familiare e scelgono il nome di Giovanni per il loro piccolo appena nato.
Così come potremmo fare un nome ai personaggi dei nostri presepi, visto che le figure centrali, Maria Giuseppe Gesù, sono ben individuate con i loro nomi.
E Dio nostro Padre, proprio come tutti i padri, ci chiama per nome quando sollecita da noi una risposta al suo amore.
Bene, allora don Stefano, a proposito di nomi, Savina augura a tutti una buona novena di Natale, ricordando che il Padre ci chiamerà sempre con il nostro nome.

17 Dicembre 2022
Suor Regina

Anche Gesù non ha disdegnano di appartenere ad un Popolo santo e peccatore, da questa varietà di nomi si giunge ad un nome che cambierà la storia: Emmanuele: Dio-con-noi.
Anche ciascuno è frutto di persone sante e peccatrici, ma è proprio nella nostra vita così unica e nello stesso tempo ricca di persone con un nome e una storia, che il Signore oggi compie Meraviglie. Buona novena don Stefano.

17 Dicembre 2022
Maria Rosa

È sempre faticoso per me leggere la genealogia e arrivare alla fine.
Forse la chiave di lettura più bella è proprio questa: per Dio non siamo numeri e il Signore ricorda anche me in modo unico e questo è davvero consolante.
Nell’avvicinarsi del Natale ti ricorderemo don Stefano in modo particolare.
Grazie per il tuo prezioso servizio.
Mille Auguri.
Teniamo viva la fiamma del Signore che viene.

17 Dicembre 2022

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