Liscio come l’olio

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Data :29 Gennaio 2022

C’eravamo ancorati! Convinti che un benessere raggiunto fosse approdo, fosse meta raggiunta. Complici e fautori di tanto benessere e di molte comodità ci stavamo dimenticando che la vita assomiglia di più ad una traversata in mare. E come vadano le cose in mare, si sa! Nel senso che molto dipende dal mare. Nel senso che non tutto dipende dall’uomo e che l’uomo è padrone solo del suo desiderio di pace, di quiete. Anche se spesso, nonostante ci diciamo credenti, uomini e donne di fede, la paura prende il sopravvento. Quando il mare è in tempesta, si intende! Per il resto… abbiamo sempre preferito gli approdi, gli ormeggi, le sicurezze, le certezze, le garanzie, le assicurazioni. Tutto deve filare liscio come l’olio.

Anche la fede la si confonde troppo spesso con le certezze, quasi fosse solo bagaglio di dogmi e dottrine, di regole e comandamenti. Mentre la fede fa appello a quella fiducia che spesso dorme profondamente dentro di noi. Ed è per questo che la paura sembra vincere anche nel cuore e nella vita dei credenti. E allora ci pare sempre di avere poca fede. Non è questione di quantità, sapendo per di più che è nel piccolo che si nasconde il regno di Dio.

E allora, una volta di più, il Vangelo ci chiede di considerare la piccolezza dell’uomo fatta di fragilità più che la maestria che fa tracotanti. Basta un poco di vento, basta che si alzino le onde come un argine e l’uomo è subito ridimensionato ed è costretto a pagare il prezzo alla paura. Dov’è il coraggio? Dov’è la profezia? Dov’è la speranza di giungere all’altra riva?

Perché l’invito è sempre il medesimo: «Passiamo all’altra riva». Un invito a prendere distanza dalle ansie umane; un invito a prendere distanze da una fede quasi magica che ti fa cercare il taumaturgo dopo che hai sperimentato nella carne il limite. Passare all’altra riva non è espressione di disinteresse: si abita la stessa regione, si vive attorno allo stesso lago. Passare all’altra riva è l’invito magistrale di chi vuole far scoprire quanto anche i discepoli non siano esenti dalla paura d’essere perduti. E dunque cos’è la fede?

La fede non vive fuori da un corpo che sente sonno e stanchezza. È la fede che aveva spinto il Maestro a predicare e guarire molti malati. Per quella fede ora il suo corpo sente il peso della giornata. La fede non è una dose di adrenalina. La fede agisce anche quando in pace ti corichi e subito ti addormenti (salmo 4) mentre troppi ancora pensano che la fede sia esenzione dalle tempeste e dalle prove.

Tutto era già detto nell’immersione battesimale: ci siamo lasciati immergere proprio perché sapevamo che un Altro ci avrebbe salvati da acque impetuose. Certo, non lo comprende il piccolo che dorme, ma lo dovrebbero comprendere i grandi che rivivono quel salvataggio, dall’altra riva. E solo quando giungiamo all’altra riva, possiamo dire: «Se il Signore non fosse stato con noi… le acque ci avrebbero travolti; un torrente ci avrebbe sommersi, ci avrebbero travolti acque impetuose… Il nostro aiuto è nel nome del Signore
che ha fatto cielo e terra». (Sal 4,1.4.8).  

Impressiona il contrasto tra il sonno profondo di Gesù e la forza della natura. E di questa natura anche l’uomo sembra partecipa con la sua dose di violenza. Certi ordini umani sembrano davvero affermare la violenza insita anche nella natura dell’uomo. Inutile sorprendersi della violenza di una tempesta se consideriamo il male di cui l’uomo è capace. Vi è tuttavia un altro modo di partecipare alla forza della natura ed è esattamente accettare il limite, come Gesù accetta la stanchezza al termine di una giornata laboriosa e cerca il riposo.

Dove trova ragione quest’altro umano limite che chiamiamo paura ? E qual’è il motivo della nostra paura? Abbiamo paura di perdere la nostra vita. E ci perdiamo nei tentativi di non perderci. Gesù che dorme sulla barca in tempesta è il segno che egli è disposto a perdere la sua vita che già aveva donato lungo tutta la giornata appena trascorsa in mezzo agli uomini. Gesù si risveglia dal sonno e come ora si lascia svegliare dai discepoli così sarà trovato fuori dalla tomba… tutto prova che noi stessi siamo sempre confrontati alla morte e che non possiamo mai eluderla, mai dimenticarla; ma tutto prova che dovremmo pure partecipare della resurrezione, questo risveglio inedito di cui il Signore ci fa parte, risveglio a noi ancora sconosciuto, ma che dall’altra riva ci parla. Credo – diremo ancora domani – nella resurrezione della carne e la vita del mondo che verrà.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.

(dal salmo 50)

Dal Vangelo secondo Marco (4,35-41)

In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

«Vedi dove metti i piedi!»
parola bambina
a inseguirmi una vita.
Me ne vado
per peso d’anni
gli occhi incollati
a strisce nere d’asfalto.
Vedo dove metto i piedi.
Ma più su che accade?
Trattiene per cautela
 – la parola bambina –
ma nega visioni.
Per grazia la tua voce
mi risveglia dall’asfalto
sosto a interni di case
a sbuffi di nuvole in cielo.
Cieli.
Più non mi basta
la parola bambina.
Ho sete negli occhi.

(Angelo Casati, Più non mi basta)

L’opera Tempesta sul lago di Riccardo Schweizer (Mezzano di Primiero 1925 – Casez 2004) venne realizzata nel 1962 con la tecnica dell’affresco come decorazione della hall dell’Hotel Ideal di Limone sul Garda. Alcuni anni fa la struttura venne stata demolita e l’opera salvata, tramite la tecnica dello strappo d’affresco. Il Lago (di Garda) non è visto dall’artista attraverso gli occhi stereotipati del turismo di massa, ma dal punto di vista di chi vive e comprende a fondo il delicato ecosistema lacustre: Schweizer non indulge in una visione paesaggistica fiabesca, ma insiste sul tema drammatico della tempesta, capace di fare vacillare le certezze umane, che si devono arrendere alla forza della natura.
L’opera è ora conservata presso il MAG, Museo Alto Garda.


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