La gioia o la croce?

Signore Dio,
guarda il tuo Messia,
il nostro respiro,
preda delle sofferenze e della morte
e perdona tutti i nostri peccati.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.

Dalla lettera agli Ebrei (12,2)

… tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce.

Questo breve versetto dalla lettera agli Ebrei, non è parte delle liturgie di questi giorni ma da un po’ di tempo è entrato prepotente nella mente. Suona come un intenso concentrato di questa notte appena trascorsa, di quella notte di preghiera che Gesù passò nel Getsemani, nel giardino della spremitura.

Come si può scegliere la croce e rinunciare alla gioia? Veniamo alla Luce camminando sempre per cercare gioia. Forse anche i discepoli lo seguirono proprio perché pensavano alla loro gioia. La vita dell’uomo in effetti appare proprio come un cammino verso la gioia, una sua lunga ricerca. E tuttavia non sapremmo rispondere con esattezza a chi ci chiede cos’è la gioia, la felicità.

La ferma decisione di Gesù di andare verso Gerusalemme è giunta ora al suo compimento. Gesù da tempo aveva annunciato a coloro che lo stavano seguendo che la ragione di quel camminare era da cercare in quella consegna. Vivere camminando verso la morte o morire aggrappandoci alla vita? In quell’estremo gesto di consegnarsi nelle mani dei discepoli prima e dei suoi persecutori poi non è tracciato un vero e proprio cammino di felicità ma si intuisce un compito affidato e finalmente compiuto. 

In cambio della gioia che gli era posta innanzi si sottopose alla croce.E quale fosse questa gioia non c’è dato di saperlo, eppure sembrò materializzarsi davanti a Lui. Più che la gioia scelse un compito, una missione. Forse è qui la nostra conversione: non tanto cercare gioia e trattenerla per sé, ma donarla scegliendo proprio questo compito. La gioia allora non sarà da cercare: apparirebbe come un’illusione, un abbaglio, un miraggio davanti a noi e non riusciremmo mai a stringerla tra le mani. La gioia si materializza in chi è raggiunto da un dono. Sottoporsi alla croce è consegnarsi come un dono che può rendere felice l’altro. Nel pane dell’Ultima Cena come nello Spirito donato, ultimo respiro di un Corpo inchiodato alla croce.

C’è un dettaglio che dettaglio non è nelle poche parole di Gesù al Getsemani che suonano come una conferma: «La mia anima è triste» (Mc 14,34). È forse moralismo anche richiamare che siamo fatti per la gioia. Più corretto dire, sembra affermare il Vangelo, che siamo fatti per amare. Certe parole suonano fastidiose per chi ha l’animo avvolto da tristezza. L’agonia di Gesù nel Getsemani ci racconta di quanto Egli abbia voluto avvicinarsi anche a coloro che hanno nel cuore tristezza e affanno. Chiese d’essere liberato da quel momento, da quell’ora eppure riconosce d’essere venuto proprio per questo. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! (Gv 12,28). Il Suo non fu un cammino alla ricerca della felicità ma una missione da portare a termine, una volontà da compiere. C’è più gioia nel dare che nel ricevere. C’è più gioia nel donarsi. 

Forse si tratta soltanto di smettere di chiederci cosa sia la felicità, la gioia. Piuttosto: qual é il compito, la missione da portare fino alla fine? 

In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso;
difendimi per la tua giustizia.
Alle tue mani affido il mio spirito;
tu mi hai riscattato, Signore, Dio fedele.
Sono il rifiuto dei miei nemici
e persino dei miei vicini,
il terrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.
Sono come un morto, lontano dal cuore;
sono come un coccio da gettare.
Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
i miei giorni sono nelle tue mani».
Liberami dalla mano dei miei nemici
e dai miei persecutori.
Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto,
salvami per la tua misericordia.
Siate forti, rendete saldo il vostro cuore,
voi tutti che sperate nel Signore.

(salmo 30)


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Piccoli Pensieri (1)

Savina

Chissà se sapevi cosa ti sarebbe successo, quando con passo veloce percorrevi le strade della Terra Promessa, per compiere la tua missione.
Uno sguardo fisso lontano,
alta la testa, e non per orgoglio,
verso una meta, allora a noi, incompresa e misteriosa.
Nell’Orto, una supplica del tutto umana: “Padre, soccorrimi…”
Gesù, guariscimi… quante volte hai sentito questa richiesta!
Sei stato pronto soccorso, croce rossa, protezione civile, nessuno è rimasto deluso…
Nell’Orto,
angoscia e… speranza
angoscia e… fiducia
angoscia e… Parola.
“Perché tu, o Dio, non lascerai il tuo servo marcire nella fossa…”
Nell’Orto,
solitudine, smarrimento
e l’Angelo… presenza del Padre.
Chissà se sapevi cosa ti sarebbe accaduto di lì a poco!
Dicono che, in certe circostanze, è meglio non sapere ma per me è difficile capire come la tua parte “divina” non abbia protetto la tua parte “umana”…
Ma non sarebbe stato la stessa cosa.
Hai provato sofferenze e le hai offerte, lasciando a noi l’invito a fare altrettanto.
Dono perenne, senza tempo, ieri come oggi.
Perché continui a farTi dono, per noi che preferiamo essere Caino piuttosto che Abele, per noi che in ogni momento ci crocifiggiamo l’uno con l’altro, vittime e carnefici al contempo…?
Mistero d’Amore.
E confidavi nell’Amore del Padre che, mitigando questa difficile pasqua (passaggio) per Te, sono sicura, ti aveva fatto percepire la gioia del “Dono” con la quale ti sei sorretto.
A volte ho provato, ripercorrendo la Tua via Crucis, di immaginare i dolori che hai provato cercando di sentirli sulla mia pelle… ne ho ricevuto brividi gelidi e un gran dispiacere.
Che tutto questo possa aiutarmi nella comprensione e conversione all’essere dono.

15 Aprile 2022

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