Il sole, la pioggia, l’orizzonte celeste

Claude Monet, Impressione – sole nascente, 1872

Sabato – prima settimana di Quaresima

(Dt 26,16-19 / Sal 118 / Mt 5,43-48)

Comandamenti e leggi servono per tracciare il cammino, per mantenere più chiaramente una traiettoria. Sono la mappa, il tracciato, le indicazioni per non perdersi cammin facendo. Ci sono cose che però non si possono comandare. Ad esempio l’amore. Eppure «amerai il tuo prossimo» fu comando che doveva funzionava anzitutto da coagulante all’interno di un medesimo gruppo, di un popolo. Anche all’intento del popolo che Dio stesso s’era scelto. L’identità di un gruppo, qualunque esso sia, si crea proprio nel riconoscersi amici, alleati, aggregati attorno ad un ideale. Ma la distruzione di una società non viene sempre come minaccia dall’esterno, dall’ostilità di un fuoco nemico. Spesso sono proprio i simili, quando perdono la nozione di prossimità, di amicizia e di fraternità, che possono causare la perdita di un senso civico o comunitario all’interno del medesimo gruppo. Si stigmatizza facilmente nella categoria di “nemico” la figura di colui che minaccia, di colui che può mettere in pericolo il quieto vivere.  

Così rivolgere i saluto agli amici o soltanto i propri conoscenti non farebbe altro che aumentare il senso di appartenenza a quel gruppo sociale. Proprio nel salutare i propri amici e fratelli, quasi senza che noi ce ne accorgiamo, definiamo la nozione di nemico, da intendersi non necessariamente in senso bellicoso, quanto piuttosto nel senso primo del termine: in-amicus

E così il Vangelo di oggi ci chiede per un attimo di guardare al sole e alla pioggia, queste due fonti che seppur da molto lontano sono per noi segni e sorgenti di luce e di vita. È interessante che i due racconti di creazione contenuti nel libro della Genesi si costruiscono proprio attorno alla categoria della luce e dell’acqua. «E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle» (Gen 1,16). «Nel giorno in cui il Signore Dio fece la terra e il cielo nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e non c’era uomo che lavorasse il suolo, ma una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo» (Gen 2,4b).

L’attesa del sole dopo giornate grigie d’inverno o della pioggia dopo giorni di siccità, sono espressione di una dimensione che manca. E così l’uomo è sempre in attesa, in ricerca, come abitato da una nostalgia di un luogo. Anche inconsapevolmente, ognuno aspira a tornare verso quella sorgente da cui tutto proviene. E come fissiamo nel cielo la sorgente del calore e in ogni goccia d’acqua il segno della vita, così fissiamo la direzione del nostro cammino proprio nell’essere perfetti come il Padre. In questo modo si va ben oltre una mera serie di precetti da osservare e si definisce meglio la meta. Non venne ad abolire la legge. Venne per completarla e compierla. Ma soprattutto venne per indicare nuovamente quel punto di arrivo che se perduto di vista, non farà altro che farci ruotare soltanto nella ristretta cerchia di coloro che amiamo

Gesù traccia la meta del cammino: la scoperta di Dio quale Padre di tutti. Non vuole che ci attardiamo in una sterile e ulteriore suddivisione tra chi riesce ad amare i nemici e chi proprio non ce la fa. Cosa ne otterremmo se non un’ulteriore suddivisione, due altre categorie: quelli che riescono e quelli che non ce la fanno proprio. Chi almeno ci prova e chi non si cimenta neppure. Il Vangelo è anzitutto incontro con Gesù di Nazareth che per la fede noi riconosciamo come Figlio di Dio mandato dal Padre proprio per illuminare e guidare l’uomo alla ricomposizione nel rispetto delle diversità, alla ricomposizione delle singolarità nell’unità, alla ricomposizione dei suoi figli spesso dispersi e disgregati proprio a causa delle proprie inimicizie e rivalità. 

Padre nostro,
orienta sempre più il nostro sguardo
e il nostro cuore verso Gesù,
tuo Figlio, nostro fratello e Signore,
affinché la sua presenza
sia al centro della nostra vita
e illumini le nostre azioni,
orienti il nostro cammino.
Amen.

Ketil Bjørnstad & David Darling, Epigraph No.1, Epigraphs

Dal Vangelo secondo Matteo (5,43-48)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;
quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono,
perché egli sa bene di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere.

(salmo 103)


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Piccoli Pensieri (3)

Dania

Che il Signore ci aiuti in questa ardua impresa… Ci insegni ad amare chi ci dimostra indifferenza, ingratitudine, chi non ci corrisponde, ci ferisce o ci fa del male. Solo forti del Tuo amore sapremo non rispondere al male con il male ma con un Bene ancor più grande, che viene da Te.
Donaci l’amnistia di un cuore sempre più capace di amare a modo Tuo; solo così vivremo nella pace e la nostra gioia non verrà meno.

27 Febbraio 2021
Luigi

Il Vangelo di oggi è come un pugno in faccia per me. Mi fa riconsiderare diversi rapporti e situazioni…

27 Febbraio 2021

Fino a poco tempo fa stentavo a capire quale potesse essere il più corretto atteggiamento “da buona cristiana” rispetto a quelle persone con cui, nel corso della vita, capiti di rompere i legami. O perché non si è più in grado di capirsi, o perché ci si rende conto di essere più distanti (nei sentimenti) di quanto non si credeva. Faticavo anche a trovare le parole per dirlo nella confessione, per farmi capire e indirizzare. Fino a che uno dei due fratelli preti che attualmente animano le celebrazioni della chiesa vicino casa non mi ha indirizzata a ricordarli nelle preghiere. Come? Augurando loro il bene in memoria del bene che abbiamo condiviso. E quelli che proprio ci hanno fatto male, che hanno ferito? Ringraziare anche per quelle che, dopo le ferite, se ben curate, si è più ricchi di sapienza e talvolta anche più forti. Quindi pregare perché, coloro che hanno ferito, possano farlo il meno possibile in futuro, che possano trovare una via che li porti a far germogliare piuttosto che ferire. Insomma: fornire noi per primi del buon concime che tolga terreno al male.

27 Febbraio 2021

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