Come vivremo dopo?

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Data :16 Aprile 2023

II domenica di Pasqua (della Divina Misericordia)

(At 2,42-47 / Sal 117 / 1Pt 1,3-9 / Gv 20,19-31)

Come vivremo dopo? Sembrava soltanto la domanda di chi, davanti alla morte di una persona amata, si chiede se sia possibile reggere l’assenza, se il vuoto resterà incolmabile o se il tempo sarà medico. Come vivremo dopo? Potrebbe essere anche la sommessa domanda dei discepoli dopo la resurrezione del loro Maestro. Come vivremo dopo la sua morte? E come vivre dopo la sua resurrezione? 

Dopo… sembravano decisi a vivere rinchiusi, per paura. Unica garanzia era rimanere nel luogo dove vissero gli ultimi istanti con Gesù, dove le sue parole e i suoi gesti ebbero il sapore inconfondibile di un testamento. Per invitarli a guardare avanti, Lui ci aveva pensava con quel suo comando: «Fate questo in memoria di me». Diversi anni dopo sembravano aver trovarono una modalità per vivere insieme descritta a più riprese negli Atti degli Apostoli, un modo di vivere che spaziava tra il tempio e le loro casa, tra gli antichi riti religiosi di un popolo e i gesti ordinari della vita quotidiana.

Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. (At 2,46-47)

Apparve più volte ai suoi discepoli, in modi differenti, apparve risorto nel suo corpo. Gli strinsero i piedi per adorarlo o come per trattenerlo e non lasciarselo più sfuggire; chiese da mangiare per mostrare che non era un fantasma e a Tommaso concesse di toccare con mano i segni della passione, le sue ferite nella carne. Risorse dunque nel suo vero corpo, ma disse subito di non trattenerlo perché ancora doveva andare dal Padre suo, che possiamo ora chiamare anche nostro. Risorse dunque nel suo vero corpo ma già li aveva preparati a rimanere senza la sua presenza corporea. «È bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito» (Gv 16,7)

Tommaso – incapaci come siamo di superare l’idea del capro espiatorio – lo abbiamo ridotto ad essere il simbolo di ogni incredulità, di tutti coloro che se non vedono non credono.  Tommaso è in realtà il segno di un cammino che dobbiamo continuare e che potremmo sintetizzare in un passaggio necessario per credere: dal Gesù storico si passa al Cristo della fede. Tommaso, vedendo quel Gesù che ha sofferto nel suo corpo, lo saluterà e lo dichiarerà quale suo Signore e suo Dio. A Lui dunque Gesù rivolte una beatitudine che ci comprende tutti, noi che non abbiamo mai visto il Gesù della storia ma che crediamo alla testimonianza di coloro che con lui hanno vissuto. Nella storia e nella carne. 

Come vivremo dopo la sua resurrezione? Questa domanda potrebbe trovare risposta quando sapremo riconoscere che quel Gesù vissuto nella carne e nella storia diventerà nostro Signore e nostro Dio, cioè Colui al quale affidare noi stessi. Apparendo risorto mostrò dapprima mani e piedi e fianco feriti, ma subito soffiando sui suoi discepoli apriva così una dimensione della vita che per lo più continua a sfuggire ai nostri occhi: la vita nello Spirito, quello Spirito che abilita a perdonare, facendoci ancor più immagine e somiglianza di Dio. 

Gesù fu accusato di aver bestemmiato quando perdonava i peccati al paralitico rimettendolo in piedi, facendolo nuovamente camminare sulle sue gambe. «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?» (Mc 2,7). Di questa missione era così convinto che non rinunciò a consegnare questo medesimo «potere» ai suoi discepoli. Di questa facoltà di perdono ne parlò quando insegnava come rivolgersi al Padre; a Pietro – che chiedeva quante volte doveva perdonare al fratello – insegnava che questo perdono ha in Dio una sorgente che non calcola, che non esaurisce. 

Così il segno dei chiodi e il costato aperto rimandano alla passione storica del Gesù di Nazareth, mentre il Signore della fede è Colui dal quale riceviamo il soffio dello Spirito, quel soffio che da vita al Corpo di Cristo che sarà la comunità dei suoi discepoli in ogni tempo, in ogni luogo. La pace nella storia degli uomini rimanda sempre alla dimensione spirituale della vita e al Cristo risorto che possiamo riconoscere nella fede. Improvvisamente infatti il Vangelo di Giovanni, prima di concludersi, si rivolge direttamente a chi lo leggerà: questi [segni] sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. 

Come vivremo dopo aver scoperto nella nostra carne le inevitabili ferite di una vita in cammino? Sapremo anche noi offrire pace e perdono? Si direbbe, a conoscere la storia dei figli di Dio che la vita possa davvero continuare oltre il male, oltre il dolore, oltre le ferite, oltre la morte. Certo, si risorge solo donando perdono.

Dal Vangelo secondo Giovanni
(20,19-31)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Pasqua, ancora…
Non è ancora giorno
dentro la mia anima impaurita

non è ancora notte
dentro la mia carne e sangue.
Sto
sospeso sui lunghi filari
della memoria
ad ascoltare
suoni lontani.
Invisibili dita
battono
sulla tastiera del mio tempo
e
sfiorano
le corde del mio spazio.
Respiro piano
voglio gustare
l’aria di questa veglia
I bagliori di questa aurora
la fioritura di questa festa.
Intorno
la pace
Qualcuno ancora
piange
ma i suoi passi
sono già
sulle tracce del Vivente.

(poesia ricevuta da amici nel giorno di Pasqua. L’autore non era indicato)


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Piccoli Pensieri (4)

Savina

“Perdono… per dono”
Come recitano i Salmi, da sempre la Sua Misericordia arriva a noi come dono accompagnando la nostra vita.
“Per dono” veniamo assolti da tutto il nostro male.
“Per dono” la Sua Misericordia è paziente e in attesa.
Attende che noi possiamo finalmente imitare la Sua Misericordia e “per dono” ricevuto a nostra volta donare misericordia.
Riuscire a perdonare non è facile ma di sicuro, quando succede, rinasciamo, il cuore leggero, la mente sgombra, lo spirito sereno.
Auguriamoci di imparare ad ascoltarlo Spirito che è in noi come in tutti gli uomini della Terra.
Auguriamoci di acquisire sempre più consapevolezza di quello che siamo e che “per dono” possiamo diventare operatori di pace.
Grazie per le foto don Stefano e a me, guardando la natura che ci circonda così bella, viene sempre alle labbra questo versetto dei Salmi: “Ho contemplato Signore le meraviglie del Tuo amore”.
E in quelle parole c’è dentro tutto perché è un “per dono” eterno.

16 Aprile 2023
Rosaemma

La commovente professione di fede di Tommaso mi evoca un ricordo d’ infanzia….
Da bambini – anni ’50 -ci davano questo insegnamento, legato alla prima Comunione
( che si riceveva in 1*elementare ) : nel momento della consacrazione e al ricevere l’ Eucarestia, si ripetevano nella mente e nel cuore le parole ” Mio Signore e mio Dio”, esattamente l’ esclamazione di Tommaso nel riconoscere Cristo Gesù. Forse allora non c’era grande consapevolezza…ma,ancora oggi, quelle parole mi vengono spontanee e nell’ Eucarestia le ripeto in cuore mio,con grande intensità…riponendo tutta la mia fiducia nelle Sue mani.

16 Aprile 2023
Arianna

Quanto ci coinvolge in effetti la vicenda di Tommaso. Quanto siamo anche noi tanto più simili a lui quando, nella nostra ricerca di segni capaci di confermare la nostra “buona fede”, emuliamo la sua incredulità. Un’incredulità che non ci piace perché non fa fare “bella figura” e che quindi tendiamo piuttosto a nascondere… Eppure è proprio nascondendola che la foraggiamo tanto di più. Meglio piuttosto aver il coraggio di renderla manifesta, non al mondo, ma a noi stessi e, consci dei nostri umanissimi limiti, provocarci a chiedere più che segni manifesti sulla terra, la capacità di riconoscere lo Spirito Santo in noi, e la capacità di ascoltarlo, di seguirlo. Come fecero allora anche coloro che l’avevano conosciuto direttamente, così possiamo fare anche noi oggi, pur così distanti nello spazio e nel tempo, ma uniti nella sempiterna presenza dello Spirito che opera.

16 Aprile 2023
eCarla

Io personalmente non ho mai visto con i miei occhi Gesù, né ho potuto vivere nel Suo tempo, né morire per poi risorgere. Per questo motivo ritengo che il luogo “privilegiato” nel quale possa sempre stare per imparare a continuare a seguire i Suoi insegnamenti, sia la Chiesa che proclama la Sua parola ogni giorno e questo è per il mio bene. Gli chiedo la fedeltà a questo “luogo” per poter sperimentare la Sua presenza imparando da coloro che me la testimoniano ogni giorno e in ogni modo per poter prepararmi ad incontrarLo un giorno anch’io, vederlo faccia a faccia e quando Lui riterrà che sarà giunto il mio momento.

Grazie per le belle immagini che posti ogni volta su ottogiorni, ricche di bellezza e di desiderio di condividerle con chi segue ottogiorni.

16 Aprile 2023

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