Attraversare la notte… per non perdere il giorno

Data :30 Gennaio 2021
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Katsushika Hokusai, La grande onda a Kanagawa,1830-1831

«…Come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce». Stavano ancora pensando a quel mistero della Vita piena che si origina nella morte di un seme (forse che già parlava di sé, della sua morte e resurrezione?) che Gesù ordina ai discepoli di staccare i loro piedi da terra per passare all’altra riva. Esperti di navigazione e di pesca notturna, non temevano di mettersi in mare aperto sul far della sera. Diciamo che vi erano abituati. Uno sguardo al cielo lo diedero senz’altro, per sapere se le condizioni fossero favorevoli. E tesero l’orecchio per ascoltare da che parte tirava il vento.

Partirono di sera. Forse che volesse portarsi avanti, guadagnando tempo per la missione dell’indomani? Li fece viaggiare di notte per non perdere il giorno. Attraversò la morte per farci aprire gli occhi ad un nuovo giorno. Lo presero così com’era dice il testo. Stanco? Forse… è il pensiero più umano che ci possa attraversare. Seccato dell’incredulità dei suoi, della loro incapacità a cogliere il nocciolo della questione, il segreto della Vita, i misteri del Regno? L’incredulità sembra sfinirlo e lasciarlo sgomento. A loro – e a noi che così lo immaginiamo – parve stanco, sfinito da giornate estenuanti tra folle di malati e bisognosi. Lui invece si sentiva come quel bambino che, durante il viaggio,  può dormire tranquillo e sereno, mentre Papà guida per portarci al sicuro, da un’altra parte, a veder le cose da un’altra prospettiva.

Partirono dunque di sera. Una delle sette sere del vangelo di Marco: l’ultima fu la Parasceve, la vigilia della festa di Pasqua. Quel sabato santo del chicco nella terra, del figlio di Dio nella tomba. E l’indomani, sarebbe stato l’ottavo giorno, quello nuovo, mai visto prima, mai contato nel settenario. Il giorno della vita piena, in cielo, in terra e in ogni luogo… fin dentro il cuore dell’uomo. 

Con quel suo dormire a poppa (la parte posteriore della barca), il Maestro stava insegnando la fiducia, la fede. Ed egli ne era l’illustrazione più evidente. Occorre equipaggiarsi di fede per certe attraversate, sembra dire. Ed è, per così dire, ciò che distingue un’avventura da una traversata. Annoterei pure che il testo non parla di barca che si rovescia o che rischia il naufragio. Quel terrore e quella paura di non farcela si palesano sempre nella testa e nel cuore di ogni uomo prima ancora della speranza di approdare. Marco scrive che sono le onde a rovesciarsi, non la barca. La barca si sta riempiendo di acqua, ma ancora non affonda. Anche quando le barche si riempiranno di pesci nel giorno della pesca miracolosa – il momento di massima soddisfazione per i pescatori – conobbero il rischio di affondare. In entrambi i casi compresero chiaramente che dovevano chiedere aiuto: qui dovettero svegliare il Maestro, là far cenno ai compagni delle altre barche perché venissero ad aiutarli.

Occorre equipaggiarsi di fede per certe attraversate, dunque. E fece questo suo passaggio terreno unicamente per questo. Occorre una certa fiducia per passare da queste parti, per rimanere umani. E che lo si voglia o no, qualche passaggio, qualche attraversata – e pure qualche tempesta – nell’arco di una vita si devono passare. Sperando che non sia solo la paura in gola a dirci che siamo umani, ma anche quella capacità di gridare aiuto. Poi impareremo anche noi a parlare come Lui. Quando avremo compreso la forza della Parola, anche noi allora sapremo pronunciare due piccole parole. O basterà anche solo ascoltarle profondamente e tutte le nostre tempeste si calmeranno. Non servono grandi discorsi per calmare tempeste e tumulti. perché chi deve trovare calma è l’uomo stesso, il discepolo che vive con il suo Maestro. Esattamente come ad un bambino basta una mamma o un papà che dicano: «Io sono qui». E qui dobbiamo tornare: ad ascoltare quelle semplici parole che disse: «Io sono con voi!»

Se il Signore non fosse stato con noi, – recita il salmo 123 che da voce ai sentimenti di un popolo salvato dopo la traversata del Mar Rosso – se il Signore non fosse stato con noi, quando uomini ci assalirono, ci avrebbero inghiottiti vivi, nel furore della loro ira. Le acque ci avrebbero travolti; un torrente ci avrebbe sommersi, ci avrebbero travolti acque impetuose. […] Il nostro aiuto è nel nome del Signore che ha fatto cielo e terra.

Io inquietudine, mai risolta, Tu infinita certezza,
io tormento e paura. Tu, riposo e pace.
Io assente a me stesso, Tu presenza viva d’amore.
Io coltivo cupi pensieri, ma Tu sei eterna calma.
Per parlarti, o Dio, ho solo piccole parole,
ma tu per sedurmi hai spazi di silenzio.

Dal Vangelo secondo Marco (4,35-41)

In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Se senti vacillare la fede
per la violenza della tempesta,
calmati: Dio ti guarda.
Se ogni cosa che passa
cade nel nulla, senza più ritornare,
calmati: Dio rimane.
Se il tuo cuore è agitato
e in preda alla tristezza,
calmati: Dio perdona.
Se la morte ti spaventa,
e temi il mistero e l’ombra
del sonno notturno,
calmati: Dio risveglia.
Dio ci ascolta,
quando nulla ci risponde;
è con noi,
quando ci crediamo soli;
ci ama,
anche quando sembra che ci abbandoni.

(sant’Agostino)


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Piccoli Pensieri (2)

Il periodo in cui fui in ospedale nel corso dei mesi dopo l’incidente da cui fui graziata resta, al momento, uno dei più formativi. Fu lí che, costretta a limitare moltissimo le azioni possibili, toccai con mano la forza dello Spirito. La stasi fisica forzata aiutò non poco la mia mente (sempre frizzante e iperattiva) a quietarsi, silenziarsi e lasciar spazio ad altro. Quando riuscii a fermare un poco i guizzi per comprare voli e viaggiare, le paure di “non ricordarmi come dipingere”… Altro si fece sentire eccome. Ma non come pensieri netti, no, tutt’altro. Piuttosto come una lieve brezza gentile, questo sí, che mano a mano mi si rendeva più evidente e mi indicava la via.
Ora che non sono più in ospedale (per fortuna!) ci sono le incombenze della vita che mi sbatacchiano qua e là. Ma quando mi serve una pausa, uno stop, mi è ancora d’aiuto tornare a quei giorni, ripensarli e ricordare che quella brezza gentile persiste, c’è ancora, solo dietro quel gran goviglio dei traffici quotidiani.

30 Gennaio 2021
Dania

Se Tu, Signore, sei il senso e dai il senso alla nostra vita, noi siamo al sicuro perché anche i non sensi della vita li potremo rimettere nelle Tue mani ed affidare a Te. Anche il “non senso di vederTi dormire sulla barca” acquisterà valore ed interroghera’ non tanto la Tua presenza ed il Tuo modo di essere con noi ma la nostra fede che è ancor più piccola di un granello di senape perché se lo fosse “potremmo dire ad un gelso di sradicarsi e piantarsi in mare che esso obbedirebbe”. Che la nostra fede possa crescere in Te e nel Tuo Amore, con il Tuo prezioso aiuto.

30 Gennaio 2021

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