Andava chiedendo, tornava distribuendo

… alcuni pensieri attorno al Perdono d’Assisi

Certo che la misericordia di Dio non ha confini! E soprattutto certo che supera le nostre scansioni temporali. Anche i salmi sembrano suggerire un diverso rapporto con il tempo: mille anni agli occhi del Signore sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte. E la nostra vita? Già a confronto di quella dell’Universo fino ad ora conosciuto non è che un filo d’erba che germoglia al mattino e alla sera appassisce. Eppure in certi momenti, in certe stagioni, in certi passaggi dell’esistenza sembra che Dio stesso preferisca dare agli uomini degli appuntamenti, come fanno gli innamorati: non fosse che un indizio supplementare di cosa significhi incarnazione, di cosa significhi che Dio ha preso dimora tra noi, assoggettandosi, per certi versi, ai nostri modi di misurare il tempo. 

Ci sono ore precise registrate già nei Vangeli: erano circa le quattro del pomeriggio quando Gesù chiamò alcuni dei suoi discepoli. E ancora: da mezzogiorno alle tre si fece buio su tutta la terra nel primo venerdì santo della storia, nell’ora in cui Gesù stava per morire in croce. È forse un dettaglio superfluo sapere l’ora in cui Gesù stava per morire ma non è affatto un dettaglio per noi sapere che il Male ha le ore contate e che già racchiuderlo in un lasso di tempo terreno è affermare che oltre, fuori da quel tempo… non ci sarà più il suo tormento! C’è un limite anche per il Male e per la Morte. Il primo giorno della settimana ha dunque il profumo e il sapore della resurrezione, di un nuovo inizio.

Così oggi mi metto a scrivere a ridosso del mezzogiorno. Mezzogiorno del primo agosto. C’è un appuntamento in questo giorno dal lontano 1216. Fissare l’ora di un appuntamento è qualcosa che serve molto a noi umani: ci si prepara, si vive nell’attesa e si gioisce di essere giunti a quell’appuntamento. E quel giorno – perfino quell’ora precisa – si fissa nella memoria come un ricordo felice. Chi non conosce il bellissimo dialogo tra la volpe e il Piccolo Principe nell’omonimo libro di Antoine de Saint-Exupery a proposito dell’ora di un appuntamento e della ritualità che lo precede?

«Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti».

Anche quest’anno è scoccata l’ora di quell’appuntamento – un rito – che va sotto il nome di «Perdono d’Assisi». Un regalo portato dal poverello di Assisi, Francesco, un regalo che egli sapeva di fare, in qualche modo, anche a noi. Pensare poi che una città possa custodire il ricordo di eventi come questo sarebbe di buon auspicio per ogni nostra città, per ogni paese. Se in essa vivono uomini e donne che hanno questa capacità di sconfinare, di uscire da schemi rigidi e di fare spazio a quel Dio che i cieli dei cieli non possono contenere ma che ha voluto fare del cuore dell’uomo la sua dimora preferita. 

Alcuni giorni fa – sapete – ero ad Assisi. Ogni volta passeggiare per i suoi vicoli, tra le sue mura, pensando e parlando di Francesco non fa che confermarmi di certe sue intuizioni spirituali (aggettivo di Spirito). L’Assisi del tempo di Francesco che già non era più «Sub Asium» (da cui il nome del monte alle cui pendici è fondata la città) non voleva neppure più stare sotto altre dominazioni, sempre esposta a guerre, lotte e scorribande tra città vicine. Francesco, il figlio di Pietro di Bernardone, mercante delle stoffe più pregiate d’Oltralpe non è un personaggio che può accettare di vivere tra le quattro mura della casa paterna per quanto ricca fosse e nemmeno lo puoi rinchiudere tra le mura di cinta della città. E quanto più il padre lo rinchiudeva – chissà quante volte! – dentro quel piccolo carcere vicino al fondaco e alla casa natale quanto più cresceva nel cuore di Francesco la visione di uno spazio ampio, vasto, sconfinato… un regno che nulla ha a che vedere con i regni di questo mondo. Pensava al Paradiso. E sapeva che la porta per entrarvi era stretta e così pure la via… ma oltre quella soglia c’è lo spazio dell’infinita misericordia di Dio che tutti vuole abbracciare. 

È da poco scoccato l’appuntamento che chiede a noi di pensare oltre i nostri confini, oltre le nostre visioni, oltre i nostri giudizi. Quando Francesco tornò ad Assisi dopo aver incontrato papa Onorio III appena eletto da una ventina di cardinali nella vicinissima città di Perugia, aveva in cuore questo frammento di Vangelo, questa buona notizia per gli uomini e le donne del suo tempo e di tutti i tempi a venire. «Voglio – disse il poverello – mandarvi tutti in Paradiso».

Come Francesco aveva visto la sua città trasformarsi da un piccolo mondo feudale per lo più autoreferenziale in un Comune, luogo di condivisione e di libero scambio, così probabilmente si esercitava ad immaginare le cose del cielo e di Dio, della Sua città, del Suo regno. Nessuna autoreferenzialità, nessuna autosufficienza. Nessun muro di cinta, nessun confine. Nulla trattenere per sé, ma tutto donare e condividere. Solo questo gran desiderio di fare spazio a più gente possibile sapendo che in quel numero ci sarebbe potuto stare pure lui, con tutti i suoi fratelli, con tutte le creature… cicale e uccelli compresi. Sole e Luna, fuoco e acqua. Morte e Vita. Fece matrimonio – simbolico si intende – con Madonna Povertà sapendo d’essere già stato fatto ricco di questo amore di Dio che lo manteneva in vita e che lo spingeva ad andare incontro agli ultimi, gli ultimi del suo tempo che forse temevano pure di non poter andare in quel paradiso che risultava così soltanto perduto. Soldi per acquistare il necessario non ce n’erano per qui in terra… figuriamoci per il cielo! Ma il cielo non si acquista come fosse terra edificabile o coltivabile. E il cielo non è terra da accumulare per mettere distanza con il vicinato. Il Cielo di Francesco è Terra da condividere con tutte le creature. Il cielo scende in terra laddove qualcuno non ha più il pensiero di sé e per amore giunge a pensare sempre prima agli altri come un gran numero di accolti, di amati e salvati che non riusciremmo nemmeno a contare.

Sulla facciata della piccola chiesetta di Santa Maria degli Angeli, detta «la Porziuncola» che al tempo di Francesco stava custodita in un fitto bosco, oggi è dipinto un affresco raffigurante il sogno che Francesco fece: il Signore, accompagnato dalla Madonna, dai santi e dagli angeli, gli appare per dirsi pronto a soddisfare una preghiera di Francesco: «Dimmi tu, Francesco, cosa vuoi che io faccia per te!» E Francesco osò chiedere una cosa grande, più grande di lui: chiese che il Paradiso fosse per tutti. Lo chiese come un bambino che non ha ancora il senso delle proporzioni o come un uomo – incredulo – chiede se davvero può essere così grande il cuore di Dio da farsi spazio per tutti, indistintamente. Lo chiese pensando a chi da solo non vi sarebbe potuto entrare. E così fece intercessione. Camminava Francesco tra le povere creature e il Creatore di ogni essere.

Andava chiedendo e tornava distribuendo. E torno ad Assisi come in questo giorno. E ancora oggi vale la pena raccontarlo. Semplicemente. Con le parole che quest’anno escono così. L’anno prossimo si potrà raccontare diversamente come forse si raccontava diversamente anni addietro. Ci sono termini che forse suoneranno per lo più sconosciuti ai più: «indulgenza», per esempio. E il vocabolario non basta. E nemmeno le definizioni dottrinali e teologiche. Non perché non siano chiare ma perché se bisogna raccontare, non comincerei da lì. E così questo non è che un piccolo e semplice racconto. Non me ne vorranno gli abitanti di Assisi, né quelli della sua regione. Non me ne vorranno i fratelli di Francesco, non me ne vorranno nemmeno i teologi e gli studiosi. È solo un racconto. E ciascuno potrebbe tornare a raccontare… forse è questo che ci manca di più oggi.

La grandezza del piccolo Francesco faceva già gridare al miracolo mentre egli ancora era in vita. Si raccontano miracoli compiuti da lui e da Chiara, la sua piccola pianticella. Un giorno Francesco, già cieco, disse a frate Leone di scrivere chiaramente queste parole: «Non ci sono miracoli. C’è riconciliazione. Ho voluto bene ai lupi e i lupi mi hanno ricambiato con affetto. Ho amato gli alberi e gli alberi mi hanno fatto l’ombra. Ho amato le stelle e le stelle mi hanno donato splendore. Sono stato cortese con il fuoco e il fuoco mi ha ricambiato la cortesia. Non sono miracoli. Meglio, vorrei dire che tutto è miracolo. Continua a scrivere, frate Leone: il paradiso sta nel cuore dell’uomo, ma anche l’inferno sta nel cuore. Quando il cuore è vuoto di Dio, l’uomo passa attraverso la creazione come un muto, un sordo, un cieco, come morto. Anche la stessa parola di Dio è vuota di Dio. Quando il cuore dell’uomo si riempie di Dio, tutto il mondo si riempie di Dio. Alza la prima pietra e trovi Dio. Alza gli occhi verso le stelle e ti incontri con Dio. Il Signore sorride nei giorni, sussurra quando spira la brezza, interpella con il vento e risponde nella tempesta, canta con i fiumi… tutte le creature parlano di Dio quando il cuore è pieno di Dio»

Dal Vangelo secondo Matteo (14,13-21)

In quel tempo, avendo udito della morte di Giovanni Battista, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

[…] Non so chi sono 
ho perso senso
e bussola privata
ma obbedisco
a una legge
di fioritura
a un comando precipitoso
verso la luce
spalancata.

Portami in dono
la luce,
quella notturna,
candelina forsennata
contro la paura
del buio-lupo,
e il fulmine
lustrante
che fa nuovo il campo
tra me e tutti.
Portami dono
portami luce
fino a me
fino a costo
della vita.

(Chandra Livia Candiani, Fatti vivo)

Prete Ilario da Viterbo, particolare della pala d’altare all’interno della Porziuncola (1393). Francesco annuncia a tutti i suoi fratelli d’aver ottenuto il perdono d’Assisi. 

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Piccoli Pensieri (3)

È interessante ed è bello leggere così ravvicinati il pensiero di San Francesco e la scrittura del Vangelo. Riesce a far percepire bene come siano due frammenti dello stesso mosaico. Sii cortese e avrai cortesia, condividi il poco che hai e lo vedrai moltiplicarsi… Ed è vero! Ed è terribilmente semplice nella sua “miracolosità”. Nessun “effetto fuoco d’artificio”, ma piuttosto una semplicità dirompente, a ricordarci una volta di più che il regno di Dio è davvero già qui tra noi, a portata di mano, e ci chiede solo di abbracciarne la semplicità.

3 Agosto 2022
Claudia

Da Assisana i cui antenati erano contemporanei di San Francesco ho apprezzato molto quanto hai scritto,testimonianza di come anche la Chiesa possa oggi aderire maggiormente alla pura spiritualità indicata dalle scritture e dai santi.
(fra i miei documenti di famiglia ricordo che invece si parlava,mi sembra nel 1500, dell’acquisto del diritto al paradiso garantito appunto ……..in cambio di gran denaro alla Chiesa!)

2 Agosto 2022
Suor Regina

Che bello…..Francesco da’spazio alla Misericordia divina e a piene mani la offre all’ umanità, come nella moltiplicazione dei pani più viene condivisa più ne avanzano sporte piene perché la Misericordia non ha confini…Signore aumenta la mia fede.

1 Agosto 2022

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