Quel forte dubbio

Data :16 Dicembre 2020
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Mercoledì – III settimana di Avvento

(Is 45,6-8.18.21-25 / Sal 84 / Lc 7,19-23)

Provate ad immaginarvelo – Giovanni il Battista – in carcere. Con la mano fuori dallo spioncino della cella come a mendicare una risposta o, forse, per consegnare ai suoi discepoli una domanda da portare a Colui al quale – ne era certo – non era degno di sciogliergli il sandalo. «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».

Ed è sorprendente la precisione con cui i discepoli riferiscono la domanda, con le stesse e medesime parole. Quella questione, probabilmente, era pure la loro. Il popolo intero s’era abituato a correggere le proprie aspettative, praticamente ad ogni delusione regale o ad ogni battaglia persa. 

Sulle rive del fiume Giordano, quel corso d’acqua non scelto a caso ma necessario guado da attraversare per entrare nella terra promessa, Giovanni gridò con tutta la sua voce quella necessaria conversione. Segno che non tutto dipende da Dio, ma che pure l’uomo ha la sua parte nella storia della salvezza. Non fosse altre che per quella ricerca che mette in cammino, e per l’attesa che mantiene vigilanti. Forte era Colui che si attendeva. Forte doveva essere la voce. Forte la conversione. Giovanni neppure in carcere rimase in silenzio: si fece voce di tutte quelle domande che gli uomini vorrebbero rivolgere al Cristo. Oggi come allora, sei proprio Tu Colui che dobbiamo attendere? E probabilmente anche noi ci troveremmo a confessare le nostre illusioni o le nostre delusioni. Forte fu solo il dubbio.

Giovanni dal carcere mendica consolazione. Che dovesse perdere la sua vita e non salvare, questo Giovanni lo aveva compreso bene, ancor prima che Gesù stesso parlasse utilizzando queste parole. Tuttavia da quella prigione, a due passi dalla sua tragica morte, desiderava essere rassicurato di aver dato la sua vita per la persona giusta. Da dove sorge questo dubbio dell’uomo più grande tra i nati da donna? Dobbiamo riascoltare la parole che Giovanni stesso diceva nel deserto. “Razza di vipere – strillava – chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: «Abbiamo Abramo per padre!». Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco”. (Lc 3,7-9). E ancora: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile” (Lc 3,16-17) Parole forti, durissime, al limite di un giudizio.

Il forte dubbio lo assalì quando i suoi discepoli informarono dei fatti: i segni che Gesù stava dando di sé non comprovavano le parole di Giovanni. Spesso anche noi, come Giovanni, siamo presi dal dubbio circa l’efficacia di metodi evangelici. Muovere i propri passi sul sentiero della mitezza per molti non è affatto la strada giusta. Un uomo debole al comando chi lo vorrebbe? Eppure deploriamo ogni forma di imposizione o ogni regime che abbia assonanze con dittatura. Gesù annuncia una beatitudine destinata a coloro che non si scandalizzano di lui a motivo della sua tenerezza, della sua apparente mancanza di forza. Ma quanto forti bisogna essere per non cedere a quell’insopportabile “tanto fan tutti così” col quale ci legittimiamo debolmente a comportamenti poco evangelici? 

Se Gesù è venuto a portare fuoco sulla terra (Lc 12,49) non è certo uno strumento da utilizzare per vendicare, come un giorno desideravano fare i discepoli davanti al rifiuto che dei samaritani opposero a Gesù, quando dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?” (Lc 9,54). Quel fuoco che Gesù ha portato sulla terra è strumento “ad uso interno”, per purificare pensieri e intenzioni, per scaldare le proprie tiepidezza, per illuminare gli occhi della propria fede. D’altronde è così per ogni strumento: tutto dipende dall’uso che se ne fa. Oggi proverò semplicemente a chiedermi: dove Ti attendo, Signore? E Tu, Signore, dimmi per favore: dove mi attendi?

Il Signore ci renda forti nella fede
e limpidi nell’amore.
Scaldi i nostri cuori e le nostre lingue
per risvegliare la comunità.
Anche se il nostro sguardo
non penetra nei suoi piani,
Egli ci conduce dalle tenebre alla luce,
e rivela ciò che è nascosto.
Per questo vogliamo cantare con gioia.

Friedrich Spitta

Dal Vangelo secondo Luca (7,19-23)

In quel tempo, Giovanni chiamati due dei suoi discepoli li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”».
In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

Non è sorprendente, dice Dio,
che la nostra storia sia intessuta
di appuntamenti mancati!

Voi mi aspettate nell’onnipotenza
e io vi spero nella fragilità di una nascita!

Voi mi cercate nelle stelle del cielo
e io vi incontro nei volti della gente
che popola il mondo!

Voi mi riponete nel guardaroba
delle idee ricevute
e io vengo a voi
nella freschezza della grazia!

Voi mi volete come risposta
e io mi trattengo nel fruscio
delle vostre domande!

Voi mi attendete come pane
e io scavo in voi la fame!

Voi mi foggiate a vostra immagine
e vi sorprendo nell’indigenza
di uno sguardo di bimbo!

Ma, dice Dio,
sotto il selciato del vostro errare,
un Avvento di tenerezza si prepara
dove io vi attendo
come la notte attende il giorno….

Francine Carrillo


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Piccoli Pensieri (1)

Dania

Che Tu mi attendi da sempre e per sempre questo dovremmo saperlo… Ma io, che non sempre ti ho atteso, ti attendo? Credo di sì, e laddove Ti trovo o Ti riscopro, il più delle volte, mi sorprendo. Tu non sei mai nelle grandi cose, in quelle appariscenti o evidenti ma in quelle piccole, umili ed anche segrete… che sanno di parola amica, di tenerezza di un sorriso, di calore di un abbraccio. Facci vivere di questo, affinché “nulla manchi ad ogni Tua attesa”, perché Tu sai ciò di cui abbiamo bisogno.

16 Dicembre 2020

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