Posto tra cielo e terra

Il colloquio tra Gesù e Nicodemo prosegue. Gesù prosegue parlando della necessità per l’uomo di nascere dall’alto. Certi discorsi sapienziali (anche nella Bibbia) hanno sempre invitato l’uomo a meditare a partire dalla propria mortalità, dalla propria fragilità, facendo tesoro dei propri fallimenti. Magari osservando la sorte di uomini che s’erano innalzati ma i cui progetti di colpo svanirono. Finché all’uomo non resta che ritornare alla polvere, da cui fu tratto, se proprio volessimo sottolinearlo. Gesù stesso racconterà parabole che hanno questi toni ma è piuttosto materia degli altri Vangeli. 

Giovanni e la comunità che al suo vangelo si riferisce, sembrano preferire una riflessione sapienziale a partire dal nascere. Si parte da ciò che l’uomo ha già conosciuto per esperienza diretta. Seppure ricordi della nostra nascita non c’è dato di averne, non ci vuole molto a capire che non si può tornare indietro, nel grembo materno. Questa necessaria possibilità annunciata da Gesù di nascere dall’alto – più che una riflessione sulla morte – pare attrarre maggiormente il suo interlocutore.

Nicodemo comincia tuttavia a provare un senso di vertigine… per dire cioè che inizia a non capire; i suoi pensieri si confondono. «Come può accadere questo?». Forse che Gesù ha già iniziato a farlo salire in alto per questa nuova nascita? Forse che già lo Spirito sta soffiando? Nicodemo in effetti sente la voce di Gesù ed è proprio in quel dialogare che lo Spirito si fa sentire. Gesù è la Parola di Dio fatta carne. È Lui che sta offrendo al suo ascoltatore la possibilità di nascere dall’alto. Chi ascolta le parole di Gesù, come venute dall’alto, si sta già incamminato per questa ascensione al cielo. La Parola di Dio ci chiama a procedere, come alzando gli occhi al cielo quando la terra fa sentire tutto il suo peso. 

L’uomo ha dentro di sé questo anelito ad innalzarsi, a vincere sui propri limiti o a sovrastare i suoi problemi. Anche le antiche mitologie raccontano di questo desiderio, di questi umani tentativi di uscire dai nostri labirinti con un battito d’ali. Il padre lo avvertì di non farsi prendere troppo dall’ebrezza del volo… ma le ali di cera che Icaro s’era fabbricato per spiccare il volo (tanto più fragili di lui!) si fusero al calore del sole e quel giovane morì annegando in mare. 

Noi leggiamo questo discorso tra Gesù e Nicodemo in questo tempo di Pasqua, nel tempo in cui ripercorriamo la vicenda del Figlio di Dio a partire dagli ultimi avvenimenti della sua vita terrena. La sua passione e la sua morte in croce, osservati da un solo punto di vista terreno non hanno certamente nulla di edificante. Dall’alto – il punto di vista del Padre o dall’alto della croce stessa – con lo sguardo che Gesù stesso seppe dare a quanto gli stava accadendo, noi possiamo guardare a quei fatti come un alto insegnamento di come l’uomo possa stare in mezzo alle prove, davanti alla violenza o alla morte stessa. Dal basso la morte non può che rimare con cattiva sorte. Uno sguardo più alto ci fa sentire quanto quella morte fosse forte, almeno quanto l’amore di chi la stava attraversando. 

Siamo solo al capitolo terzo del Vangelo di Giovanni. La Parola s’è appena fatta carne… ma già sentiamo che quella nascita terrena raccontata con il linguaggio sapienziale sarà per la nostra nascita dall’alto. Quell’«Io» che Gesù sa di essere non è un super-Io di potenza, di volontà di predominio o di imposizione. Gesù è quell’«Io», posto tra cielo e terra, dialogante e necessario affinché quel «Noi» – ecclesiale o civile che sia – a cui ancora stiamo cercando di pervenire, possa prendere forma e venire alla luce. 

A stento immaginiamo le cose della terra,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi ha investigato le cose del cielo?
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
se Tu non gli avessi dato la sapienza
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
e furono salvati per mezzo della sapienza.

dal libro della Sapienza (9,16-18)

Dal Vangelo secondo Giovanni (3,7-15)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».
Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».

Il Signore ti ristora, Dio non allontana.
Il Signore viene ad incontrarti, viene ad incontrarti.

(canone di Taizé)

Spirito Santo,
non permettere che i nostri cuori siano turbati,
rassicuraci nelle nostre oscurità,
donaci la gioia,
e attenderemo nel silenzio e nella pace
che si levi su di noi la luce del Vangelo.
Gesù Cristo,
nelle nostre profondità tu discerni
un’attesa contemplativa:
una sete riempie la nostra anima,
quella di abbandonarci in Te.
Chi potrebbe condannarci?
Anche se il nostro cuore ci condannasse,
Dio è più grande del nostro cuore.
Gesù, nostra speranza,
con il poco che capiamo del Vangelo,
ci fai scoprire ciò che ti aspetti da noi.
Gesù Cristo,
nella preghiera le nostre povere parole
spesso fanno fatica ad esprimere
il nostro desiderio di una comunione con Te,
ma Tu già ci accogli.

(lettera da Taizé)


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