Non fare quanto l’amore ferito vorrebbe…

XXVII domenica del Tempo Ordinario

(Is 5,1-7 / Sal 79 / Fil 4,6-9 / Mt 21,33-43)

Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, ogni bene, sommo bene, tutto bene, che solo sei buono: fa’ che ti rendiamo ogni lode, ogni gloria, ogni grazia, ogni onore, ogni benedizione e tutte le cose buone. Così avvenga. Così sia. Amen.

(san Francesco di Assisi)

Dal Vangelo secondo Matteo (21,33-43)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».

Non è il vento questa mattina a segnare il mio risveglio. La luce bianca della Luna riverbera tra le tende della stanza e cammino verso la scrivania guidato soltanto da questo pallido riflesso di un’altra luce che tra poco sorgerà nel giorno doppiamente bello: è domenica, Pasqua della settimana ed è la Pasqua del mio amico Francesco, quello di Assisi.

È la stagione dell’uva e della sua vendemmia. Le vendemmie, credo, siano già tutte completate, anche le più tardive. C’è questa consonanza di ambientazione anche nei testi della liturgia. Mi chiedo sempre se è una pura  coincidenza o se è qualcosa di voluto perché sento sempre che il Vangelo viene ad illuminare ogni stagione del nostro vivere, ogni momento della nostra esistenza. 

Si canta l’amore per la vigna oggi. Nella parole del profeta Isaia. Si canta la passione del Figlio unigenito, mandato pure lui nella vigna piantata da suo Padre… si canta la sua passione assieme a quella di tutti gli appassionati del regno… 

È la vigna l’immagine più efficace che traduce fedeltà: c’è il dolce frutto ma prima c’è tutta la fatica del lavoro, c’è la paura di temporali, di grandinate e di troppa acqua o di sua scarsità. Quando il Dio dei racconti biblici quasi mitologici, decise di rifare tutto che già pareva deluso di come l’uomo in così poco tempo avesse già rovinato, guastato, devastato e perfino già troppo ucciso, con tanto di spargimento di sangue, fu Noè che, messi nuovamente i piedi sulla terra ferma dopo i lunghi giorni di diluvio, piantò una vigna. Fu il suo modo di dire che nella terra affondava le sue radici e che accanto a quella vigna avrebbe indossato nuovamente i panni del custode del creato e pure l’abito dei giorni di festa, quando si gusta il dolce frutto del suo stesso quel lavoro. Questo faceva la gioia del padrone…

Ma venne un giorno a ritirare i frutti. E dovete aspramente constatare che quei frutti legavano i suoi denti. Un aspro brivido gli partì dai denti ed arrivò fino al cuore. Provò un senso di delusione, come di un amato che viene tradito. Anche Francesco fu stigmatizzato da questo divino sentimento: lo trovarono in pianto e gli chiesero perché di tante lacrime. Rispose: “…perché l’Amore non è amato”. 

E anche l’Amore, quello con la maiuscola, quello che è sorgente di tutti gli altri amori piccoli e fragili, provò come un senso di rabbia. Era pronto lui stesso a buttare all’aria tutto, incurante del fatto che avrebbe distrutto qualcosa che lui stesso aveva sognato, voluto e realizzato. Cercate di comprenderlo anche voi, che non avremmo reazioni migliori se ci dovesse capitare di provare una simile delusione. Non gli importava più nulla –  continua Isaia – di dare in pasto la vigna agli animali selvatici perché la devastassero… Venne per cercare frutti e trovò grappoli acerbi e asprissimi.

E immaginate se proprio oggi dovesse tornare il padrone della vigna. perché lui stesso ha promesso che un giorno sarebbe tornato mentre noi, con le parole delle nostre liturgie, continuiamo a proclamare ad alta voce che noi viviamo nell’attesa della sua venuta. Alla radice di noi c’è una questione molto seria, una visione delle cose:  di fondo non ci va proprio di lavorare in questa vigna e non comprendiamo neppure il perché dovremmo essere proprio noi ad occuparcene. Tu visiti la terra, la ricolmi di acque e la disseti… realizzi giardini e pianti vigne e poi ci pianti in asso? La vera ragione di ogni nostro tradimento nei confronti dell’Amato-Dio sta tutta nel fatto che non siamo d’accordo con Lui su questo fatto. Non uno che senta la gioia di andare a lavorare nella vigna, non uno che gli basti il salario di un giorno senza essere geloso se il buon padrone ha dato a tutti perché “Buono” è il suo Nome. 

Si vive di questo rancore verso Dio e non potevamo che fargliela pagare uccidendogli il Figlio del quale pensava che almeno di lui avremmo avuto rispetto. E lascia pure che gli altri ci chiamino “malvagi“. E pure quel titolo ci offende… Cercate di capire l’amore del padrone! Cercate di capire, anche voi che andate su tutte le furie quando il vostro umano amore non è amato, né conosciuto, né desiderato, né compreso. 

Ma ditemi: chi dovrebbe lavorarla la vigna? Chi dovrebbe prendersi cura di un dono fatto dal Creatore se non le sue creature, quelle più simili a Lui per immagine e somiglianza, le creature i cui umani sentimenti servono perfino a farci comprendere come sta Lui lassù quando quaggiù c’è sempre e soltanto spargimento di sangue.

Il Padre che sta nei cieli, sognava “soltanto” di vederci vivere come fratelli. Grandi pretese nei nostri confronti non ne ebbe mai se non la gioia di rivelarsi Padre e di farci sapere che quaggiù siamo tutti fratelli. Sognava questo pure il Figlio che non perse mai occasione di spiegarci chi era suo Padre e che presto comprese che a caro prezzo (il prezzo del suo sangue che continuamente versiamo nel calice dimentichi che quello doveva essere l’ultimo sangue versato!) ci avrebbe fatto dono di questo essere figli del medesimo e unico Padre, e fratelli tra di noi. 

E invece no! Qui in Terra continuano spargimenti di sangue, proprio qui dove non sappiamo più distinguere il colore del vino con quello del sangue. Sembra che solo i cani sanno cos’è sangue, che basta una piccola ferita, un’escoriazione sulla gamba, che vengono, i cani, a leccarti le ferite… sarà pietà anche questa? Forse, mi dico sempre. Pietà di chi sa riconoscere il suo padrone. E noi umani ancora così padroni di ciò che non è nostro, così avidi di potere e di guadagno, così arsi di gelosie da uccidere ancora, così assetati solo di guadagnare…

Signore, non togliere a noi il tuo regno. Lascialo ancora in mezzo a noi, ancora un attimo, qualche giorno, prima che sia la consumazione del mondo perché almeno le parole di tuo Figlio ce le ricordiamo: il regno di Dio – diceva fin dall’inizio – è in mezzo a voi, è vicinissimo. E innamorato come nessun altro di questa nostra umanità, infine promise pure che sarebbe rimasto con noi tutti i giorni, fino alla consumazione del mondo (Mt 28,20).

Alcuni giorni fa, ho afferrato velocemente una notizia alla radio. Ho inteso che alcuni artisti hanno istallato su un grattacielo di New York (e vorrebbero farlo in più parti del mondo) un gigantesco contatore alla rovescia. L’opera “Climate Clock” di Gan Golan e Andrew Boyd segna gli anni, i mesi e i giorni che mancano alla Terra prima di raggiungere il punto di non ritorno. Un’opera ambientalista, per spronarci a cambiare il nostro stile di vita prima che sia troppo tardi.

Non ci vuole molto a fare i conti con me stesso: potrei esserci ancora pure io ma è proprio uno spettacolo al quale non vorrei affatto assistere e neppure posso farmi rincorrere da quest’ansia da ultimi giorni. Cosa fare dunque? Convertirci e credere al Vangelo mi pare cosa urgente, alquanto preziosa e umanamente fattibile, altrimenti non ce l’avrebbe neppure chiesta. Un Padre sa benissimo dove possono arrivare i suoi Figli. È questa divina fiducia verso i suoi umani figli che dobbiamo meditare e che ancora ci può rinnovare.

Signore che pianti vigne, non piantarci in asso! Abbi ancora pietà di noi. Non abbandonare l’opera delle tua mani! Fa’ splende il tuo volto e noi saremo salvi. E così sia.

Gan Golan e Andrew Boyd, Climate clock, New York

A te solo, buon Signore
Si confanno gloria e onore
A Te ogni laude et benedizione
A Te solo si confanno
Che l’altissimo Tu sei
E null’omo degno è te mentovare

Si’ laudato, Mio Signore
Con le Tue creature
Specialmente Frate Sole
E la sua luce
Tu ci illumini di lui
Che è bellezza e splendore
Di Te, Altissimo Signore porta il segno

Si’ laudato, Mio Signore
Per sorelle Luna e Stelle
Che Tu in cielo le hai formate
Chiare e belle
Si’ laudato per Frate Vento
Aria, nuvole e maltempo
Che alle Tue creature dan sostentamento

Si’ laudato, Mio Signore
Per sorella nostra Acqua
Ella è casta, molto utile e preziosa
Si’ laudato per Frate Foco
Che ci illumina la notte
Ed è bello, giocondo e robusto e forte

Si’ laudato, Mio Signore
Per la nostra Madre Terra
Ella è che ci sostenta e ci governa
Si’ laudato, Mio Signore
Vari frutti lei produce
Molti fiori coloriti e verde l’erba

Si’ laudato per coloro
Che perdonano per il Tuo amore
Sopportando infermità e tribolazione
E beati sian coloro
Che cammineranno in pace
Che da Te Buon Signore avran corona

Si’ laudato, Mio Signore
Per la Morte Corporale
Chè da lei nessun che vive può scappare
E beati saran quelli
Nella Tua volontà
Che Sorella Morte non gli farà male

(San Francesco di Assisi, il cantico delle creature)

Rimani aggiornato per ricevere i miei nuovi articoli




Piccoli Pensieri (3)

Savina

Appelli urgenti che devono ridestarci dal nostro torpore.
L’orologio che segna quanto ci rimane è un invito ad amare, rispettare e custodire la nostra casa che è la Terra…
La vigna è il simbolo del nostro impegno per il regno di Dio nel quotidiano. Non importa se tanto o poco. L’importante è non dimenticare l’invito ad accudire la vigna perché sia luogo di pace gioia e fraternità.
Nel libro dell’Apocalisse c’è un versetto che mi fa sempre impressione:
“Non siete né caldi né freddi, siete tiepidi e io vi vomito…”
(cito a memoria)
Anche qui il Signore si arrabbia deluso del nostro comportamento!

Signore aiutami ogni giorno ad accogliere il tuo invito a curare la tua vigna affinché possa anch’io godere dei suoi dolci frutti.
Abbi pazienza con me, non distruggere la vigna, non vomitarmi dal tuo seno, ma insegnami ad essere operosa perché tutti possano godere dei frutti.
Amen

4 Ottobre 2020
Dania

Potessimo accogliere tutto come un dono…Gratuitamente riceviamo:la vita così come la vigna ed in questa gratuità potremmo vederci l’amore e la fiducia incondizionati di Chi ce le affida e da sempre le ha messe in mano all’uomo,non per trattenerle o sentirsene padrone ma per farle fruttare. Grazie Signore che instancabilmente doni, con fiducia e speranza.

4 Ottobre 2020
Alba

Gesù, la proposta che il Padre mi fa è generosa : mi invita a diventare una vigna, vivace e aperta. Non permettere che anch’io come i vignaioli, chiuda il mio cuore alla Sua offerta d’amore. Aiutami a portare frutti buoni, di una fede che riconosce Te come “pietra d’angolo” della mia esistenza.

4 Ottobre 2020

Scrivi il tuo Pensiero

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *