Maternità (in rosa)

Categoria :Pensieri sparsi
Data :23 Luglio 2021
Commenti: (4)
Trento Longaretti, i viandanti

Venerdì 23 luglio, ore 7.00. Nessuna mail, nessun link sullo stato di whatsapp. Il don oggi non ha scritto. Forse non sta bene (?): è forse uno dei pensieri per chi attende questo incontro quotidiano. Non associate, per favore, a malessere se qualche volta non ricevete o non scrivo. Può capitare che scriva nell’arco del giorno. Raro ma può succedere. Proprio come oggi. A controprova, durante tutta la scorsa Quaresima, che per me e gli ospiti della casa parrocchiale è coincisa anche con la quarantena poiché positivi al Covid, ottogiorni ha proseguito il suo cammino. Chi legge da lontano non s’è accorto della quarantena. Ed è bene anche così.

Ieri sera ho fatto tardi. Tardissimo. Una luna dorata e piena ha fatto da sfondo ad uno spettacolo che meritava proprio una simile scenografia. «Vitanuova» scritto da Silvia Briozzo. Compagnia teatrale «La pulce». In scena Enzo Valeri Peruta accompagnato alla chitarra da Pierangelo Frugnoli. Si racconta l’attesa e la nascita di un figlio, atteso tra padre e madre. Con qualche riferimento – si capisce – al circondario di parenti e di amici.
Un contesto molto informale: il giardino della casa parrocchiale, nessuna pubblicità esagerata, nello stile del «Teatro da asporto». (E pure nel mio stile). Dopo lo spettacolo, smontato il piccolo spazio scenico con la strumentazione, esco per accompagnare gli attori a mangiare qualcosa. Incontri belli, preziosi, gratuiti. Sentire che c’è spazio, un sentiero aperto per raccontarsi gli uni agli altri. Quasi come fossimo amici da tempo. Così s’è fatto tardi. E stamattina ho fatto dono al mio corpo di un po’ di riposo, senza alzarmi prima dell’alba. Un omaggio alla vita, un fuori programma di una giornata assai travagliata.

«La natura ha i suoi tempi. Bisogna aspettare». Ritornello da sala parto. Ritornello semi-serio nell’ultimo atto dello spettacolo: la nascita. La luna piena dice proprio che la natura ha i suoi tempi. E quando la luna è piena – dicono gli anziani e io ci credo davvero – riverbera ancor più potente la grande luce del sole e questo pallido riflesso che illumina la notte, chiama alla luce i figli degli uomini. Il chiaro di luna piena è calamita che ci attira alla luce. Si alzano le maree, si rompono le acque… e nascono cuccioli di uomo nelle sale parto, e cuccioli di animali nelle stalle. Tutti soggetti a questa legge di natura. E anche la morte segue il cadere delle foglie, i cambi di stagioni, le fasi lunari.

Alle 21 inizia lo spettacolo e io vi partecipo con occhi, orecchi e spirito rinnovati. Pensando anche solo al fatto che proprio due ore prima (ore 19) mio fratello è diventato nuovamente padre, mia cognata nuovamente madre. Eva, la prima nipotina, ora dovrà imparare a camminare con il passo della sorella. Si rivedrà e scoprirà quello che non può ricordare. Imparerà a condividere spazi, giocattoli, cibo… e l’amore dei genitori che non diminuisce ma è semplicemente moltiplicato, proprio perché condiviso. Per lei, la prima nipote, oggi sono uscito a comprare un paio di scarpe nuove. Non per viziarla ma per augurarle nascostamente tutto il bene di questo cammino che ora farà insieme a sua sorella Bianca. 

Ad essere sincero, ero partito con l’idea di comprarmi un paio di scarpe antinfortunistiche, in piena estate… perché spesso, quando vai a piedi nudi,  trovi sempre qualcuno che ti pesta i piedi. E fa male. Poi ho dirottato il pensiero pensando più volentieri a tutti quei piccoli passi (che dovranno fare anche le mie nipoti), magari seguendo le orme dei grandi, magari giocando ad indossare le scarpe degli adulti. 

«Vitanuova», la luna piena, mia cognata al termine della gravidanza, una nuova nascita… è la natura e la vita quotidiana che impone una riflessione sulla maternità. Ieri sera – ed è accaduto tutto così inspiegabilmente ieri sera – a conclusione del «cate-nic» (il nostro esperimento parrocchiale per una nuova forma di catechesi dopo il Covid e tutti i suoi lockdown) mi sono inventato un fuori programma. Sul sagrato della chiesa ancora chiusa per restauro, mentre eravamo raccolti nello stesso luogo in preghiera, passa un’ispirazione suggerita proprio da questo tema prepotente, pieno come la luna, gravido e a termine… Faccio spalancare il portone della nostra chiesa parrocchiale perché ho questo desiderio che tutti i presenti vedano i nuovi colori della chiesa quasi completata. È stata battezzata negli anni con i soprannomi più strampalati: la sella d’asino, a forma di ferro da stiro. Chissà che ora non venga ricordata come la «chiesa rosa». Sceglierne i colori, dopo il consolidamento strutturale, è stato un parto difficile.

Un pensiero mi rincorre: o la Chiesa ci è un po’ madre o cosa sarà mai? Ho sentito spesso dire che Dio è sia Padre che Madre. Anche un grande Papa lo ha detto. Se non ricordo male fu Paolo VI e ancora oggi sono in diversi a ripeterlo. Capisco. Comprendo. Condivido. Ma io ho solo un piccolo timore: non vorrei che questo dire che Dio è anche Madre sia solo un modo per togliere alla Chiesa le sue belle (e pure difficili) responsabilità di madre. I figli (di Dio) nascono quando padre e madre si incontrano per amore e mi piace immaginare che proprio quando la Chiesa si scopre madre ed è così materna, allora Dio è Padre nostro e lo Spirito non smette di renderla feconda. Maria non è forse chiamata Madre della Chiesa? E non è Lei l’immagine della Chiesa? Lo Spirito santo scese su di Lei e la potenza dell’Altissimo la coprì con la sua ombra. Colui che le nacque venne chiamato Figlio di Dio. E proprio Lui, il Figlio ci mostra il Padre. 

Non potevamo che immaginarcela nelle tinte del rosa questa chiesa da riconsegnare alla Comunità, più sicura e anche più accogliente. E nell’empasse della scelta di colori più neutri che – certo – vanno sempre bene senza stancare, ci siamo affidati ad una donna e madre perché fosse lei a studiare una serie di progetti cromatici per la Chiesa. Per conferire anche alle pietre vive un certo carattere e dei tratti ben precisi, distintivi. Ora l’edificio chiesa sarà internamente rosa. Come un grembo da cui nascere e rinascere ogni giorno. Non si sta male nel grembo della madre. Ad un certo punto però la madre ci mette al mondo, ci lascia venire alla Luce.

Chiederanno il perché di questi colori. Lo chiederanno tra poco e lo chiederanno chissà per quanto tempo in futuro. Mi piace pensare che una Comunità di credenti potrà spiegare con parole simili ciò che accade quando Dio e la Chiesa fanno l’amore, quando Dio e la Chiesa si amano così intensamente da riuscire a generare figli di Dio tra i cuccioli d’uomo. A ricordo di anni in cui anche Francesco, il Papa, spingeva la chiesa ad essere più materna, più feconda, più generativa, più misericordiosa. In questo giorno sembra tutto così evidente: complice la luna, il teatro, la nuova nipote, tutti quei figli di Dio raccolti in preghiera sul far della sera. 

E a vedere quel rosa nella chiesa parrocchiale, mi vengono perfino in mente certe tinte del grande Trento Longaretti, nato proprio non lontano da qui. Quei suoi rosa che sostengono quelle esili figure di viandanti in cammino, dipinti in ogni modo e in ogni dove, come i figli di questa terra…

Come una madre consola un figlio
così io vi consolerò;
in Gerusalemme sarete consolati.
Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore,
le vostre ossa saran rigogliose come erba fresca.
La mano del Signore si manifesterà ai suoi servi.

(Isaia 66, 13-14)

Immagini inedite dal cantiere della chiesa parrocchiale di Lurano. 

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Piccoli Pensieri (4)

Gianna

Che meraviglia tutto quello che ci hai raccontato. Lo sbocciare di una nuova vita, la luna piena, lo scambio di riflessioni e confidenze con sconosciuti che sembrano conosciuti da sempre, il restauro di una chiesa con i colori della maternità di ieri. Leggerti è una gioia per il cuore.

24 Luglio 2021
Dania

Tutto era un inno alla bellezza ieri sera: una semplice preghiera comunitaria, la nuova tinta della Chiesa, la luna e perfino lo spettacolo…a riprova che non serve andare lontano per meravigliarsi e sentire l’amore in noi e attorno a noi.
È solo perché siamo stati “formati dal Suo divino insegnamento” che possiamo sentirci figli di un Padre comune, “Padre nostro e Dio nostro”. E dove c’è paternità non può che esserci anche maternità, nell’incontro di due corpi, due menti e due anime che hanno messo in comunione il loro amore. Così come Dio con la Sua Parola ed il Suo Amore ha fecondato la Chiesa e continua a fecondare le nostre vite, anche un piccolo seme d’amore feconda un corpo che diviene culla dello stesso. Che Dio ci aiuti a crescere questi preziosi cuccioli d’uomo nel Suo e nostro Amore.

23 Luglio 2021
Suor Regina

La gioia della maternità fa scomparire il dolore del parto…in ogni momento della giornata siamo accompagnati da questa paternità/maternità che come balsamo guariscono le ferite per una speranza che diventa luce e pace per molti…grazie per questo dono.

23 Luglio 2021
Pat

Avevo appena guardato il telefono per vedere se c’erano notizie e non ce n’erano. Poi nella fretta di uscire, l’ho afferrato e in ascensore mi sono accorta che c’era un messaggio del don. Un respiro di sollievo. Da qualche settimana non riusciamo a venire a messa e ci mancate un po’ tutti, anche se l’Eucarestia è sempre quella dappertutto. Non potevamo esserci a godete “vitanuova” e non nego che mi sarebbe piaciuto, sono un’esperta di “attese”. Eravamo altrove. Evviva per Bianca e per Eva dalle scarpe nuove. Evviva per la chiesa rosa. Anche se San Lino è intima, piena di tutte le generazioni che lì hanno pregato, mi è sempre piaciuta la vostra “nave”. Evviva se il don è riuscito a riposare, male non gli ha certamente fatto. Evviva perché all’origine di questo ritardo c’è stato un incontro, una preghiera, la stanchezza buona della vita vissuta un po’ più intensamente. Evviva

23 Luglio 2021

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