Holy street art (possedere la materia, cogliere lo Spirito)

III domenica di Pasqua (B)

(At 3,13-15.17-19 / Sal 4 / 1Gv 2,1-5 / Lc 24,35-48)

Holy street art. Arte sacra di strada. Murales religiosi firmati da celebri artisti. Giovani per lo più. Riproposizione in chiave moderna di antiche edicole o «santelle» ai bordi delle strade perché al passaggio chiunque potesse elevare il pensiero, lo spirito o anche solo una preghiera al cielo? Potrebbe anche darsi che queste espressioni artistiche possano disturbare, come se certe immagini religiose reinterpretate all’esterno infastidissero certi abitanti degli spazi sacri. Come una sorta di espropriazione? A volte li si definiscono superficialmente dissacranti perché non ci si ferma a riflettere o nemmeno ci si premura di conoscere il pensiero dell’artista.

Un caro amico di gioventù, ora divenuto ingegnere, mi raccontava di aver deciso di perimetrare un cantiere nel quale si sta realizzando un progetto che porta la sua firma, coinvolgendo artisti di strada. Quei pannelli anonimi che solitamente delimitano un’area di cantiere, sono ora dipinti da writers. «Garanzia di rispetto!» mi dice. Basta la firma di un writers abbastanza noto e un’opera ben fatta – da catturare l’occhio non per distrarlo ma per invitarlo a riflettere – e il rispetto è ottenuto. I pannelli restano intatti, nessuno li imbratta diversamente. Nessuno li rovina. 

A proposito di arte religiosa di strada, ho trovato queste immagini. Siamo a Campobasso. L’opera è intitolata «Corpus Homini» e porta la firma di Louis Gomez de Teran. Dice l’artista: «È una riappropriazione necessaria dei valori laici e umani della figura di Cristo che di recente troppo spesso è strumentalizzata da personaggi che predicano l’esatto contrario del suo pensiero». Ho trovato bellissima quest’opera. Ancor prima di sapere chi fosse l’artista e il suo pensiero. Il semplice accostamento di due condomini, luoghi della vita quotidiana, e quelle mani crocefisse creano questo legame tra la nostra vita e la vita stessa di Cristo. Come? Perchè? Ciascuno lo sa. Ciascuno lo saprà. Ma ad una sola condizione: che ci disponiamo a rileggere tutto quanto ci accade alla luce del Vangelo e della vicenda di Gesù. Ed è un capolavoro trovare Cristo presente nelle case, nelle storie personalissime. Fermo restando la presenza di Cristo a cui siamo così abituati o assuefatti da permetterci di ignorarne l’importanza. Mi riferisco in particolare alla celebrazione comunitaria dell’Eucarestia: il più grande degli indizi pasquali che ci ha raggiunti e che desideriamo perpetuare nel tempo. 

Da Campobasso, dove ho fatto solo un viaggio virtuale, torno al mio piccolo villaggio perché in realtà proprio da qui è partita la mia riflessione. Una riflessione e un pensiero – per altro molto riconoscente e ancora pieno di stupore – che hanno avuto inizio venerdì al termine del giorno. Cos’è accaduto? Due funerali nel medesimo giorno. Evento raro fino a qualche anno fa ma ultimamente è già capitato più volte. Ma non è qui che voglio soffermarmi. 

Mi capita di chiedere ai famigliari dei defunti se desiderassero prendere parola durante la celebrazione. Non tanto per leggere la Parola di Dio (che per altro sarebbe un grande segno pure questo) quanto per aiutare i presenti a comprendere che quello non è solo un rito di passaggio (di cui forse abbiamo riscoperto la necessità e la bellezza dopo un tempo non troppo lontano in cui c’è pure stato impossibile celebrare insieme la morte) ma è il rito di passaggio di quella precisa persona, un figlio di Dio, di cui più volte nelle preghiere se ne ricorda il nome. E attorno a quella presenza defunta ci sono tante altre persone vive ad essa legate. Si tratterebbe di raccontare qualcosa della persona che non è più. Raccontare può aiutare ad elaborare la perdita. In fondo anche il Vangelo è nato come un racconto passato dalla bocca alle orecchie e poi di nuovo sulle labbra verso altri uditori.

Ultimamente, devo ammetterlo, m’ero quasi rassegnato a questa proposta. Difficile trovare fervida adesione. A volte affidiamo ai bambini una preghiera. Qualcuno lascia dire qualcosa quasi al termine della celebrazione, per gentil concessione, prima di andare al cimitero. In genere ho sempre preferito che questa presa di parola, questo racconto, narrazione o testimonianza, venisse fatto all’inizio. M’è parso fin dalle prime volte un buon dato umano, un punto d’appoggio, un punto di partenza o di ancoraggio. Questo ci volete dire? Bene. Da qui partiamo. Poi si vedrà dove lo Spirito ci conduce.

Venerdì scorso, l’altro ieri, un giovane mi chiede di poter parlare, per dire qualche cosa a proposito del suo zio di cui stavamo per iniziare il funerale. Un canovaccio in mano, qualche appunto e poi – mi dice – «parlo a braccio». Mi sono fidato. Avrei dovuto chiedere di sapere cosa avrebbe detto? Forse. È mia competenza vegliare a che la celebrazione avvenga secondo i canoni? Certamente. Ma anche la fiducia, di cui la fede è espressione più alta, vuole la sua parte.

A termine di quella testimonianza, non ho avuto riscontri dai presenti: non ho capito se era imbarazzo per qualcosa di raramente udito o per quel tempo che pareva sottratto alla celebrazione stessa (per me non era un problema). Forse una ritrosia sospettosa davanti a qualcosa che andava oltre il rito stesso? In realtà posso dire nulla del pensiero altrui. Posso solo dire di me: io da quel racconto e dal modo stesso di raccontare ne sono rimasto profondamente edificato. Non sapevo chi fosse quel giovane, se non che l’ho incontrato il giorno precedente nella casa del defunto. Proprietà di linguaggio, citazioni di illustri pensatori, una sicurezza poco imbarazzata o una tensione ben contenuta davanti ad un’assemblea, una riflessione sulla felicità riconosciuta sul volto dello zio soprattutto dopo che ebbe un incidente… È molto raro che un giovane prenda parola in quel modo. In chiesa poi. Come non lasciarlo parlare? Altrimenti sono sempre e solo i soliti lamenti di credenti rassegnati e stanchi che vorrebbero i giovani presenti nelle nostre eucarestie. Quella richiesta di partecipare è venuta da quello stesso giovane. Non una forzatura. Una sua garbata richiesta. Non un invito pedante a leggere qualcosa di già pronto o di previsto dal rituale. Nell’ascoltare quel racconto, mi pareva di sentire in sottofondo alcune parole di Gesù stesso. Mi pareva di vedere come in controluce la vita di un uomo che non conoscevo ma di cui stavo celebrando il funerale e la vita stessa di Gesù Cristo che conosco un poco più di quella del defunto stesso. 

E quindi? Campobasso-Lurano. Holy street art e racconti di un giovane. Quale nesso? Semplicemente un’intuizione che mi farebbe anche ben sperare: abbiamo bisogno di qualcuno che anche oggi ci insegni – come Cristo risorto – a rileggere le cose accadute e rimandarle ad un’interpretazione più profonda che va ben oltre il sentimento, l’emozione del momento.

Dal Vangelo secondo Luca. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto…
Abbiamo bisogno di persone che «possiedano la materia» per non fare di Cristo e della fede un fantasma che può perfino far spavento! Possedere la materia non significa accumulare tesori materiali. Possedere la materia significa sapere di cosa si sta parlando, aver compreso e approfondito ciò che da sostanza al nostro vivere, al nostro credere, al nostro sperare. E quando ci troviamo in assemblea, insieme per spezzare il pane, è una gioia poter gustare Cristo presente in tutti. Forse non ancora completamente, ma in un frammento, in un angolo del cuore, in certi periodi della vita più che in altri, o forse in ogni istante… solo che non sempre ce ne accorgiamo. 

Credo – e lo dico con la forza di una professione di fede – che la Chiesa potrà ancora accompagnare ogni uomo a riconoscere il Signore risorto presente accanto a lui, se saprà lasciar parlare l’uomo. E se saprà ascoltarlo. Perfino nell’ultimo passaggio. E allora sarà Pasqua. Di questo noi saremmo testimoni: nella nostra esistenza – l’unica che ci è data di vivere – avremo visto il Signore presente in mezzo: al cuore di noi stessi o attorno a noi. E quando Cristo sarà tutto in tutti, perché i nostri occhi saranno stati capaci di riconoscerlo, saremo in pace.

O Padre,
che nella gloriosa morte del tuo Figlio
hai posto il fondamento della riconciliazione e della pace,
apri i nostri cuori all’intelligenza delle Scritture,
perché diventiamo i testimoni dell’umanità nuova,
pacificata nel tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.

(dalla liturgia)

Dal Vangelo secondo Luca (24,35-48)

In quel tempo, i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus narravano agli Undici e a quelli che erano con loro ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni». 

Vieni ancora, Signore, entra nelle nostre chiese,
mostrati alle nostre assemblee liturgiche
e fa’ che tutti ti guardino
dentro il costato sempre aperto;
che tocchino le tue innumeri piaghe
non perché compari a qualche veggente 
e si moltiplicano ovunque apparizioni,
ma perché tu continui a sanguinare
dalle piaghe di infiniti poveri
che attendono da sempre
di celebrare con noi la tua Pasqua.
Amen.

(David Maria Turoldo)

Louis Gomez de Teran, Corpus Homini, Campobasso

Rimani aggiornato per ricevere i miei nuovi articoli




Piccoli Pensieri (5)

Stefania

Lasciar parlare a braccio un giovane.
Un gesto di fiducia verso qualcuno.
Ne abbiamo cosi bisogno!
I nostri giovani usano tutti i mezzi che hanno a disposizione per comunicare il bisogno di fiducia da parte dell’adulto.
A volte questi mezzi sono forti, ci trasmettono l’intensità di un urlo, l’aggressività del non sentirsi capiti, l’odio del percepirsi inutili. La delusione.
Gesù ci ricorda che la fiducia è alla base di una relazione edificante, di un rapporto vero, dal quale ne puoi uscire edificato.
Senza fiducia, tutto ciò non può accadere.
Il rischio è restare fermi, piccoli e chiusi.

Che lo Spirito che Gesù ci ha amorevolmente consegnato in questi giorni possa illuminare la nostra mente per rendercene conto, sempre.

Grazie …

18 Aprile 2021
Stefania

Capita di frequente ultimamente di leggere articoli dedicati ad artisti che pitturano intere facciate e non si tratta evidentemente di bonus casa ma di un nuovo modo di espressione. Anche Bergamo vedrà quest’arte dentro un progetto di co-housing e spazi per i più piccoli in due edifici dello stesso quartiere a distanza di un chilometro. Le installazioni legheranno i due spazi ma ce ne saranno anche altre, a formarne una sola.
Un mio vicino di casa qualche anno fa ha fatto dipingere un ruscello, fiori e montagne sulla facciata malridotta della propria casa.

18 Aprile 2021

Le letture di questi giorni continuano a darmi la sensazione di accompagnarmi, di indicarmi la via per scoprire qualcosa di nuovo, su di me, sull’altro da me, su chi e cosa mi circonda. Mercoledì scorso è mancata la nonna paterna, una nonna verso la quale mi sentivo in colpa perché non provavo lo stesso trasporto provato per quella materna. Non ho pianto allo stesso modo, non mi sono commossa allo stesso modo, ma nei giorni a seguire ho avuto l’opportunità di scoprire un mondo. Sin dalla scrittura del testo con cui ricordarla a messa, ho scoperto la fatica ma anche la bellezza di comporre un testo “corale” fatto di piú contributi, non solo il mio. E grazie a questa composizione scoprire quanti più molteplici, piccoli e grandi spunti, hanno composto una vita articolata, variegata e multiforme che ha contribuito ad indirizzare anche la mia più di quanto non credessi. Eppure questo, se non avessi avuto l’occasione di “lasciare spazio” attorno a me, forse non l’avrei capito così bene.

18 Aprile 2021
Rosaemma

Meditando i brani evangelici,mi stupisce vedere come si possano assimilare tante situazioni, avvenimenti ed espressioni al nostro vivere e alla nostra fede, di noi uomini del terzo millennio, con un’ attualità sorprendente.
Come i discepoli, chiediamo a Lui il dono del suo Spirito….Spirito di sapienza, che ci apra mente e cuore all’ascolto e all’accoglienza della sua Parola, per capire quanto Lui dia senso alla nostra vita e per riconoscere la Sua presenza viva e reale in mezzo a noi. Spirito di forza e di amore, che ci renda capaci di essere suoi testimoni.

18 Aprile 2021
Alberto

L’arte sacra ci ricorda sempre che è la quotidianità, l’oggi il tempo di azione di Dio. Percorriamo fiduciosi questa strada.

18 Aprile 2021

Scrivi un commento a Arianna Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *