Evangelico galateo

Data :31 Ottobre 2020
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Con il giorno, la tua luce brilli sui nostri pensieri, e le tenebre della paura siano cacciate dalle nostre anime. Tu che rischiari ogni creatura, rischiara anche i nostri cuori perché ti diano lode lungo tutto il fluire dei giorni.    

(Giacomo di Sarug, Per il mattino)

Dal Vangelo secondo Luca (14,1.7-11)

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Problemi di questo genere, di questi tempi, non ne abbiamo proprio. Vietati tutti i banchetti, ricevimenti e feste. Giriamo pagina dunque? Direi proprio di no. Potremmo davvero cogliere l’occasione di questa sospensione, per guardare, a bocce ferme, i nostri comportamenti attorno alla tavola. Proprio ieri, mi son trovato ad ascoltare un gran dibattere su come mai, per ridurre i rischi di contagio, si chiudono ristoranti la sera e restano aperti a mezzogiorno. Forse c’è una piccola differenza tra il tempo in cui si deve sostare in pausa per il pranzo così da ritrovare forze per il proseguo della giornata lavorativa e l’uscire a cena con amici. Sono due modi di mangiare molto differenti. Il primo è limitato nel tempo, più rapido e veloce. Banchettare invece è altro. Il Vangelo, per altro, specifica pure il tipo di banchetto: si parla di invito a nozze. E non nego che mi vien subito da pensare a tutte quelle volte in cui ho sentito coppie di fidanzati raccontare di quanto sia difficile preparare un piano per disporre i proprio invitati a tavola. Preoccupazione relativamente sana pensando agli ospiti: non si vuole che alcuno abbia a rimanere a tavola come pesce fuor d’acqua, senza nessuno al tavolo con cui condividere un discorso. Per non parlare poi del fatto che a volte, conoscendo alcune fragilità di equilibri tra parenti, è bene non creare occasioni imbarazzanti. Li colgo come segnali di quanto complessa s’è fatta la vita, di quanto sia difficile stare tutti a tavola e condividere la semplice gioia di poter essere lì. Cose tutte che rischiamo di veder riflesse anche attorno alla tavola dell’Eucarestia. 

Si rischia sempre di negare il potere che la tavola stessa ha in sé: a volte amicizie e conoscenze nascono proprio attorno alla tavola. Meglio ancora quando la tavola diventa luogo di riconciliazione e comunione. Questa è la giusta postura per la tavola. 

La parabola che Gesù racconta ci lascia intuire quell’imbarazzo che si crea proprio per questioni legate ai posti. Il fatto che Gesù ci abbia rivelato le regole del suo “galateo”, questo potrebbe indurci, per finta umiltà, ad occupare i posti meno visibili e meno importanti, quasi che si possa udire per sé questo invito: “Amico, passa più avanti”. Ma anche la finta umiltà, di riflesso, sarà smascherata proprio nella possibilità di non sentire rivolto a sé questo stesso invito.

La parabola svela anche l’imbarazzante disuguaglianza che abbiamo creato attorno al tavolo del mondo. Troppe disparità, troppa disuguaglianza. Epuloni che, vestiti di porpora e di bisso, banchettano lautamente incuranti della fame altrui. La mente corre a tutte le altre parabole della tavola: da quelle imbandite senza merito per condividere la gioia di un figlio ritrovato o di un peccatore pentito, passando per i racconti di inviti rifiutati da chi aveva sempre qualcosa di meglio da fare, fino all’ultima cena. È lì che si scoprirà chi davvero è il più grande nel regno dei cieli. Si capisce subito che arrivismo, autosufficienza, vanto da carriera o da titoli, non servono granché. “E voi, siete tutti fratelli” (Mt 23,8) è la regola per la vita e per la tavola secondo Gesù. Una casa e non un ricevimento. Fratelli e non illustri sconosciuti che si distinguono solo per gerarchia di titoli. Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri. (Fil 2,3)

Poiché un ordine crescente o decrescente è sempre da collocare rispetto ad un punto di riferimento, per non creare equivoci sarà opportuno ricollocare Gesù stesso quale nostra misura: pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo (Fil 2,6-6). 

Signore, il mio cuore non ha pretese,

non è superbo il mio sguardo,

non desidero cose grandi

superiori alle mie forze

io resto tranquillo e sereno.

Come un bimbo in braccio a sua madre

è quieto il mio cuore dentro di me.

(salmo 131, traduzione in lingua corrente)


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Piccoli Pensieri (1)

Dania

Aiutaci Signore a restare umili come Tuo figlio Gesù che non ritenne un vanto l’essere Figlio di Dio ma un privilegio il servirLo e fare la Sua volontà, affinché anche la nostra umiliazione possa essere esaltazione in Te, per Te e con Te…un’esultanza per tutti coloro che Ti cercano. La gioia del Signore possa essere davvero la nostra gioia.

31 Ottobre 2020

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