Aspra l’attesa, dolce il frutto
(1Ts 4,1-8 / Sal 96 / Mt 25,1-13)
Parlava spesso del regno dei cieli, soprattutto attraverso parabole. Ne parlava al futuro, come qualcosa che sarà, ma dalle sue parole si può ben comprende quanto questo regno fosse strettamente legato al presente, a pensieri e comportamenti da mettere già in atto.
Come nella parabola di ieri, va messa in conto l’eventualità di un ritardo. Di conseguenza l’attesa potrebbe assume i toni dell’incertezza, di un tempo indefinito. Nella celebre parabola delle dieci vergini, parabola della saggezza e della prudenza si consiglia di non aspettare l’ultimo momento: colui che è atteso ha già detto del suo ritorno. Colui che è atteso non è sconosciuto né lo si scoprirà alla fine per un magico effetto a sorpresa. Colui che è atteso, in qualche modo, lo si è già conosciuto: non dimentichiamo che lo sposo altro non che il fidanzato. Il giorno delle nozze non è un giorno casuale ma nasce proprio in un cammino quotidiano di fidanzamento. E pure lo sposo si prepara all’incontro. Perché dunque noi non dovremmo? Ravvivare il desiderio dell’incontro, come si rabboccano con olio le lampade già accese, è un compito personale. E se si attende lo sposo ciò significa che sarà ovviamente una festa di nozze.
Sorprendente dunque non è lo svelamento di colui che è atteso quanto piuttosto il fatto che quell’olio per le lampade non è solo destinato ad illuminare l’attesa. Serve luce anche per entrare nella sala del banchetto, serve luce anche per illuminare il banchetto. Se l’obiettivo di avere olio per le lampade era finalizzato all’attesa dello sposo, una volta che il grido ha risvegliato tutte le dormienti, che senso avrebbe avuto preoccuparsi ancora di olio e di luce?
Scrive Dietrich Bonhoeffer: «Attendere è un’arte che, il nostro tempo impaziente, ha dimenticato. Il nostro tempo vorrebbe cogliere il frutto appena il germoglio è piantato; così, gli occhi avidi, sono ingannati in continuazione, perché il frutto, all’apparenza così bello, al suo interno è ancora aspro, e, mani impietose, gettano via, ciò che le ha deluse. Chi non conosce l’aspra beatitudine dell’attesa, che è mancanza di ciò che si spera, non sperimenterà mai, nella sua interezza, la benedizione dell’adempimento»
Serve olio per le lampade non solo per scrutare nella notte in attesa di veder giungere lo sposo. Non lo vedono per altro, perché già s’erano addormentate. Sarà una voce a risvegliarlo. L’olio di una lampada che arde anche all’arrivo dello sposo, è luce che permette allo Sposo stesso di riconoscere le vergini sagge. Dietro quella porta ormai chiusa, dove la festa ha avuto inizio, lo Sposo non può riconoscere le cinque vergini stolte perché nessuna luce illumina il loro volto.
Padre nostro,
noi invochiamo la tua presenza in mezzo a noi.
Rendici disponibili ad accogliere il tuo Spirito.
Nella libertà del tuo agire,
Tu ci vieni incontro per abitare con noi,
dacci l’umiltà che ci rende pronti ad accoglierti
nel tempo che è il nostro.
Dal Vangelo secondo Matteo (25,1-13)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».
Dio, che in principio dicesti: «sia la luce»
fa’ che i nostri occhi esultino per tutte le cose belle;
fa’ che ogni persona accolga e veda la Tua luce;
fa’ che la luce del Tuo Vangelo percorra tutta la terra;
fa’ che siamo in comunione gli uni con gli altri;
fa’ che tutti i popoli camminino nella verità e nella giustizia.
Mi piace molto l’esempio del frutto colto e gustato frettolosamente, che poi però ha al suo interno l’asprezza del frutto non ancora maturo, non ancora pronto.
È davvero significativo.
Solo se attribuisco valore ad una cosa la rispetto, attendo i tempi opportuni per non sciupare, per non sbagliare e per non fare danno.
La nostra vita ha un valore unico e tante cose che riguardano la relazione con il prossimo, il rapporto con Dio Padre, le ricorrenze da festeggiare, gli eventi della famiglia importanti meritano il riconoscimento del giusto valore.
Meritano la mia preparazione,
la mia cura,
la mia sensibilità e la saggezza del buon senso dentro l’esperienza.
Il tempo dell’attesa risulterà utile ed estremamente prezioso se saprò orientare il mio sguardo verso il Cielo, avere il mio punto di riferimento chiaro, mantenere i miei valori alti.
È saggezza.
Grazie Gesù anche oggi, per il dono del Tuo Vangelo.
Vegliare sulla propria fede non è poi altro che tenere la propria attenzione più concentrata sull’Amore. Nella parabola è l’amore per il fidanzato, e viene anche più facile immaginare quell’amore lí, ma nella vita abbiamo tante piú occasioni per agire l’amore. Da quello per i famigliari sino a quello per le proprie passioni e, via via, sino a prendere -potenzialmente- un po’ tutta la nostra vita. Che poi non sono mica poi molto diversi questi “amori” da quello passionale… L’amore, un po’ in tutte le sue forme, spinge ad andare oltre se stessi. Come la mamma che, seppure non dorme la notte per i risvegli dei suoi piccoli, non smette di occuparsi di loro, della casa e del proprio lavoro, perché li ama e vuole assicurare loro il meglio. Se fossimo capaci di prestare la stessa attenzione a tutti le forme di amore che possiamo agire, allora sí che potremmo vivere tutti in pace e comunione.