Accanto alla “pentola di fagioli”… non manchino Parola e Pane

Non fatevi ingannare dall’immagine: non ci sono ricette qui dentro. Piuttosto provate un po’ ad ascoltare il canto che segue questa nota introduttiva. Ovviamente vi chiederei di andare oltre il semplice «mi piace» o «non mi piace». Sono d’accordo con voi: accordi, sonorità e stile musicale sono già di altri tempi. Lo si cantava anche nella comunità parrocchiale da cui provengo. È lì che l’ho imparato, l’ho cantato e suonato non saprei dire neppure quante volte. Inutile nascondercelo: spesso i canti che si eseguono in chiesa passano al vaglio del gusto dei preti altrimenti non entrano nemmeno dalla porta. Devo dunque dedurre che al mio parroco questo canto dovesse piacere assai. Un canto che  – solo ora capisco – abbondava soprattutto in questo tempo, il tempo di Pasqua.

Il suo testo ispirato alle pagine più celebri del libro degli Atti degli apostoli, non vi nascondo che mi parve fin da subito un ottimo biglietto da visita per questa comunità di persone che oggi chiamiamo solennemente Chiesa. E così vi propongo oggi di iniziare la nostra preghiera con le note di questo canto liturgico. Vi riporto anche il testo, semmai lo voleste canticchiare o imparare…. poi di seguito, la riflessione che oggi desidero fare proprio a partire dal brano degli Atti degli Apostoli proposto dalla liturgia.

Nella Chiesa del Signore, di Domenico Machetta

Nella Chiesa del Signore
tutti gli uomini verranno
se bussando alla Sua porta
solo amore troveranno.

Quando Pietro, gli apostoli e i fedeli
vivevano la vera comunione,
mettevano in comune i loro beni
e non v’era tra loro distinzione.

E nessuno soffriva umiliazione,
ma secondo il bisogno di ciascuno
compivano una giusta divisione
perché non fosse povero nessuno.

Spezzando il pane nelle loro case,
prendevan cibo con semplicità,
lodando insieme Dio per queste cose,
godendo stima in tutta la città.

E noi che ci sentiamo Chiesa viva
desideriamo con ardente impegno
riprendere la strada primitiva,
secondo l’evangelico disegno.

Ci sono davvero canti che hanno la forza di persuaderci, di incoraggiarci, di farci sognare. Quando poi scopri che il suo testo prende spunto dalla Scrittura allora comprendi che – al di là delle note musicali – non si tratta di una canzonetta. È un po’ di tempo che sento lamentare che i fedeli non cantano più. La mazzata finale è venuta – si dice – dalle mascherine che impediscono di fare grandi respiri per grandi arie e melodie e pure dall’aver tolto dai banchi i libri dei canti per parecchio tempo… Piccoli lamentazioni pastorali e liturgiche. Per parte mia ho sempre preferito cantare, magari sempre gli stessi canti, magari un solo ritornello. Ma cantare. Al meglio delle proprie capacità. Le soluzioni poi si trovano piuttosto che rinunciare a qualcosa che può davvero aiutare a veicolare il Vangelo o la Scrittura. Non è per nulla un caso che la preghiera nei monasteri appoggia solidamente sul canto dei salmi.

Lungi da noi il rimpianto di tempi in cui tutti cantavano… perché neppure questo è vero. C’erano delle grandi corali nelle chiese (e beate quelle che ancora cantano!) ma nessuno si premurava di ascoltare se dall’assemblea si  cantasse. Dunque: esecuzione da audizione ma canto assembleare… non pervenuto. E allora dai… dai che proviamo a trovare soluzioni per quei problemi che ci fanno venire il mal di pancia nella Chiesa. L’esempio del canto è solo un pretesto. Ben più grandi questioni siamo chiamati a risolvere oggi nella Chiesa. Non siamo soli né sprovveduti: ascoltiamo la Parola di Dio. Non ci sono ricette ma si sente tutta la forza dello Spirito, che rende liberi e che da pace.

Dagli Atti degli Apostoli (6,1-7)

In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove.
Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola».
Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani.
E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.

Occorre liberarsi dal mito-pensiero che in origine non vi fossero problemi. Dove c’è l’uomo ci sono problemi. Dove c’è vita ci sono problemi e ogni problema può rivelarci che nulla è impossibile se si vuole trovare una soluzione. Se soluzione non si trova, ciò significa che si preferisce sguazzare nel mormorio. Parola ben nota ai conoscitori della Scrittura. Essa attraversa tutte le pagine della Bibbia e non è da escludere che anche Luca l’abbia scelta con attenzione proprio ad indicare il brusio di fondo, soggiacente anche alle comunità cristiane come già nel popolo di Israele dai tempi di Mosé. Il popolo mormorava, si legge un’infinità di volte. Ed inizia proprio su questo brusio di fondo il testo di oggi: In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove.

La mormorazione – vero male soggiacente alla vita di fede – potremmo dire che è «il» peccato. Si insinua come sospetto, dubbio e quell’incapacità di dire con franchezza a chi di dovere le ragioni del proprio malessere. Non che si debba essere sempre contenti di tutto. Ci sono cose che davvero appaiono come ingiustizie, scorrettezze… ma un conto è dire schiettamente e un conto è «fare pentola di fagioli» rendendo così più difficile il vero ascolto, sempre necessario al discernimento per la soluzione delle crisi, delle tensioni e dei conflitti. 

Luca, l’autore degli Atti degli Apostoli, ci semplifica un po’ il lavoro di discernimento fornendoci già la ragione del malcontento: una questione di condivisione di beni con un sospetto rischio di favoreggiamento, attorno a differenze linguistiche. Sì, c’erano problemi anche nella Chiesa delle origini. Problemi che sembravano aumentare col crescente numero dei discepoli. Ma – attenzione! – non è una questione di numeri. È proprio una questioni di comprensione del Vangelo e del Pane. Per chi è? Per noi? Per i nostri? Per tutti? Inutile nascondercelo… siamo ancora qui. A queste questioni. Da tempo. Con la sola grande novità che oggi si ha paura anche solo a metterle a tema e ci si rassegna ormai a tacere. Si resta zitti. Così facendo è come nascondere questo brano della Scrittura. È così. Non c’è scampo! Dove c’è pane da condividere, dove si cerca di creare comunione proprio a motivo del pane, ci saranno anche discussioni su chi, come, dove e quando…

Poi a leggere attentamente, non pare nemmeno una questione di scarsità di pane. Mancano gli operai nella messe, manca il personale… mormorazione di allora e di oggi, no? Mancano i preti, dicono i laici. Mancano i laici volontari, dice il clero. Ma è pure una questione di priorità, di scelte pastorali. Cosa fare e cosa non fare più? Tant’è non riusciamo a disfarci di nulla di ciò che si faceva: vuoi per la paura di cambiare, vuoi per non perdere appigli o tradizioni.

Insomma questo brano risplende di Luce, di Verità e di Vita. E insieme trovarono la strada, la via per uscire dalla mormorazione e dalla crisi. I Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola. 
Chiaro no? Priorità all’ascolto della Parola, alla sua comprensione, alla sua predicazione, alla sua diffusione. È quella stessa Parola che poi si farà carne o pane che dir si voglia. Carne se la incarneremo noi stessi e Pane se sapremo fare in memoria di Cristo questa condivisione fraterna. Trovo incoraggiante questa creatività pastorale della Chiesa nascente. Trovo sorprendente la libertà di muoversi a fare passi e scelte mai compiute fino ad ora, per il bene di tutti.

E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente. A questo ritornello c’abbiamo già fatto l’orecchio e lo sentiremo ancora parecchie volte. Per il momento siamo solo a Gerusalemme… la Parola è ancora su terra ferma e deve ancora prendere il largo, attraversare il Mediterraneo per giungere in Turchia, in Grecia… e in Italia.
Tuttavia c’è un pensiero che chiude il brano di oggi che potrebbe suonare con meraviglia ai nostri orecchi: Anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede. Ma come? Sacerdoti che aderiscono alla fede? Chi sono e cosa credevano allora? Sono i sacerdoti del Tempio di Gerusalemme. Con delicatezza e con la precisione di un medico che prescrive medicine, Luca sembra dirci che  se non si sta sulla Parola di Dio, se non si gettano le reti su quella Parola per prendere qualcosa di cui nutrire ogni giornata, è un attimo anche per i sacerdoti diventare solo funzionari della religione. Si può essere funzionari, fare veci e funzioni, ricoprire un ruolo, un incarico… ma si può uscire dal Tempio proprio muti come Zaccaria, all’inizio del Vangelo che porta la firma dello stesso autore. Luca lo dice ora velatamente ora esplicitamente: senza la fede – quella che Gesù è venuto a portare sulla terra e quella che nasce dall’ascolto della Parola di Dio – ogni uomo è muto, ogni sacerdote è solo un funzionario, ogni religione è vuota. La carità più grande che Dio fa all’uomo è anzitutto quella di parlarci e di chiederci ascolto attento e profondo. 

Cristo, oggi siamo in cerca di pane,
il nostro pane quotidiano,
quello che serve per la fame di oggi,
per aver forza di remare
sotto la tempesta di oggi.
Il pane che fa stare in piedi,
che serve a camminare,
a remare, a vangare.
Ma donaci anche la tua Parola
che illumina la nostra via
e dà sapore all’esistere.
E il Pane vivo
che ancora discende dal Cielo:
quello che ci fa resistere alle tentazioni,
che ci fa amare con gioia
e che ci dona
la tua pace sconfinata.
Amen.

(Don Primo Mazzolari)


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Piccoli Pensieri (4)

Emanuela

Prendi spunto dalla prima parte del tuo commento per una semplice riflessione: e se tutto il fiato che sprechiamo per borbotta come fagioli in pentola lo usassimo proprio per cantare?
Non importa se intonati o no, se il canto piace o meno, se scopriamo che è preghiera e parola di Dio.
Ammetto che il mio giudizio è parziale, faccio parte del coro parrocchiale, o meglio di un piccolo gruppo di amici che cerca di animare la liturgia e di coinvolgere i fratelli nella preghiera.
Non siamo una corale da ascolto e la soddisfazione più grande non è sentirci dire ‘bravi’ ma renderci conto che stiamo cantando col cuore più che con la tecnica, e sentire che la nostra gente lo sente e ci prega con noi.
Una piccola passione messa al servizio della comunità, senza neanche tanta fatica.

30 Aprile 2022

La canzone acclusa nella riflessione di oggi è un autentico regalo: grazie! Fa un certo effetto flashback… Ma è davvero un’efficacissima sintesi degli aspetti che, riscoperti mano a mano nel corso degli anni, hanno saputo riavvicinarmi alla Chiesa, verso la quale sono stata anche parecchio scettica. Non tanto per il messaggio in sè, con il quale mi sono sempre trovata in accordo, ma rispetto alle umanissime norme e convenzioni che si sono andate accorpando nei secoli, rispetto alle quali c’è talvolta anche troppo “conservazionismo”. Ora, non è che dico che si dovrebbe “aggiornare tutto”… Ma di sicuro bisognerebbe prendere in considerazione anche i problemi e le esigenze di uomini e donne di oggi e provare a farsi incontro. Farsi incontro tutti: uomini e donne di chiesa, consacrati e laici, insieme. Questa la base, come questa fu agli albori del Cristianesimo, credo sarebbe utile, e bello anche, tenerlo a mente e provare a trarre spunto anche dalle lezioni contenute negli Atti degli Apostoli.

30 Aprile 2022
Carla

L’uomo è un ammasso di problemi, ma se ogni uomo si ricordasse che è il custode di Cristo (che è presente in ogni essere umano) i problemi affidati a Lui scomparirebbero o troverebbero una adeguata soluzione.

30 Aprile 2022
Maria

Signore Gesù, aiutaci ad essere Chiesa viva, fa’ che con l’ascolto della Tua Parola sappiamo riconoscerTi in ogni fratello che incontriamo nel nostro cammino quotidiano e condividere insieme i frutti che madre terra ci dona.

30 Aprile 2022

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