Verde rabbia, giallo invidia… e la (s)travolgente bontà di Dio

Data :20 Settembre 2020
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XXV domenica del Tempo Ordinario

(Is 55,6-9 / Sal 144 / Fil 1,20-24.27 / Mt 20,1-16)

Dio, sei il mio respiro e non so chi Tu sia; lo dica qualcuno, dica almeno cosa è il respiro. Dio, ho paura perfino di urtarti tanto mi sei vicino: e non so dove Tu sia, dove incontrarti. Dio, ho paura e ti amo perché m salvi da ogni paura: Dio, mia pace, mia gioia…  Ma chi sei? Signore, chi sei?

(David Maria Turoldo)

Dal Vangelo secondo Matteo (20,1-16)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Se troviamo ingiusto il comportamento di questo padrone è prova che i nostri pensieri non corrispondono affatto ai pensieri che sono propri a Dio. Non escludiamo la possibilità che altri vengano ad aiutarci a lavorare nella vigna, ma almeno di essere pagati il giusto – noi e loro – questo lo pretendiamo. È un diritto del lavoratore essere pagati secondo contratto, come convenuto e proporzionatamente meno pagati coloro che meno hanno lavorato. Oppure, essere pagati di più se pure gli ultimi hanno ricevuto come i primi.

È prova che viviamo ancora sotto il dominio di umana giustizia che, per altro, non fa una piega. Ma altra è la giustizia di Dio. Siamo ancora sotto il dominio della carne, della legge umana e non ammettiamo neppure che possa esistere una giustizia del padrone e non solo per gli operai. Il padrone ha dei diritti pure lui: di fare ciò che vuole delle sue cose, di distribuire come vuole e a chi vuole ciò che vuole donare. 

Il fatto è che viviamo ancora sotto il dominio di una logica religiosa del merito. E non capiamo – o fingiamo di non capire? – chi è Dio perché è Lui che dovrebbe rientrare nei nostri schemi e non che dovremmo uscirne per aprirci a qualcosa di inaspettato, gratuito e generoso. Noi siamo quelli che “non uccidono, che non rubano, che vanno a Messa” e viviamo nella convinzione di meritarci per questo la più grande e giusta ricompensa. Ma diventiamo verdi di rabbia e gialli di invidia quando scopriamo che all’ultimo, come quel giorno sulla croce, anche per qualcuno si aprano le porte del Paradiso. Questa parabola sarà confermata proprio nell’ora della croce, quando all’ultim’ora, negli ultimi istanti della sua vita, Gesù dona al buon ladrone il buon premio di essere con Lui in paradiso. E noi, ancora a riempirci di domande: “Che senso ha dunque comportarsi bene? Che senso ha restare in carreggiata? Che senso osservare fin da piccoli i comandamenti e obbedire a Dio? Se tanto poi… all’ultimo anche chi ha fatto tribulare potrà ricevere la stessa ricompensa…

La parabola di oggi ci rivela, una volta di più, la bontà (s)travolgente di Dio ma svela anche un sentimento tutto umano che porta il nome di invidia: “…Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?” Anche in materia di fede come nelle cose di tutti i giorni, noi siamo sotto il dominio dell’invidia e non vogliamo accogliere la grazia, la gratuità di Dio che non ci rifiuta il Bene.

E così si odono lamentele quotidiane di credenti che avanzano diritti e primati. “Prima noi…” è la versione costantemente aggiornata di un problema che affligge da sempre l’uomo invidioso. Fin da piccoli o fin dalla notte dei tempi. E non è questione di simpatizzare per gli stranieri prima che per i propri compaesani; non è questione di essere più buoni e generosi con gli ultimi e con i poveri e mai riconoscere chi fa tanto. È un problema quasi eterno: da che esiste l’uomo l’invidia è apparsa sulla terra. Forse ai nostri giorni il problema riguarda maggiormente migranti, sfollati e rifugiati? Ma anche agli inizi della Chiesa ebbero a che fare con problemi simili: basti pensare alla disputa tra Pietro e Paolo in merito alla conversione dei pagani, coloro cioè che non provenivano dal giudaismo ma da altre credenze e che desideravano essere battezzati. Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. (Gal 3, 28) Eppure noi stiamo ancora qui a rivendicare la nostra precedenza, il nostro essere di casa prima di altri. Come fossimo noi gli operai che hanno lavorato fin dal mattino.

Fa dei gran disastri l’invidia, fin dai tempi di Caino. Basti pensare poi alla storia di Giuseppe venduto dai suoi fratelli per invidia. Basti pensare Davide… e, via via, fino a Pilato che sapeva di avere davanti a sé quel Gesù che i capi dei sacerdoti gli avevano consegnato per invidia. (Mc 15, 10).

Fa dei gran disastri l’invidia e noi rischiamo di vivere ancora sotto il suo dominio, ascoltando questo sentimento umano piuttosto che cogliere la bontà di Dio che dona a noi le sue cose generosamente a ciascuno. Se il padrone ha troppi operai da pagare, siamo sempre a temere che le fette della torta da spartire siano sempre più piccole. Stiamo arrivando al punto di invidiare i poveri come se a loro spettasse un trattamento di favore e a noi venisse negato… siamo divenuti invidiosi dei poveri e degli stranieri, di coloro che fuggono le guerre e la fame. Perché? E non parliamo poi di quando ci mettiamo ad invidiare i potenti. Perchè?

Semplicemente perché non abbiamo ancora compreso che abbiamo tutto e nella prosperità manco ci siamo accorti che Dio è tutto per noi. Abbiamo il Vangelo, abbiamo Gesù Cristo che si è donato a noi, abbiamo ricevuto il dono della fede… e tutto questo non ci basta tanto che invidiamo gli ultimi e nella nostra invidia qualcuno non sopporta anche solo il fatto di vederli. 

Ecco cos’è il dominio della carne: siamo invidiosi e questo sentimento umano ci fa allontanare sempre più dagli altri, ci impedisce pure di conoscere la divina bontà sovrabbondante che dona a tutti non secondo le proprie azioni ma secondo il Suo cuore paterno. 

Nella Cappella degli Scrovegni a Padova, Giotto dipinge l’invidia come un’anziana dalla cui bocca fuoriesce un serpente (simbolo del suo maledire), che le si ritorce contro colpendole gli occhi, secondo il significato letterale della parola come il difetto del “non-vedere”. L’invidia è raffigurata come un essere diabolico con corna che spuntano dalla cuffia e regge strettamente un sacco, simbolo di avarizia, in opposizione alla virtù della carità che è invece prodiga nell’aiutare gli altri. Fiamme si sprigionano ai piedi dell’Invidia a simboleggiare sia l’inferno che il bruciare dal desiderio per le cose altrui.

La virtù della Carità invece è una raffigurata come una giovane, incoronata di fiori, dall’espressione serena. Con la mano destra tiene un cesto ricolmo di fiori, frutta e spighe e con la sinistra riceve da Dio (o porge a Dio?) un cuore simbolo dell’Amore caritatevole; la Carità è così un ponte tra Dio e l’umanità. Ai suoi piedi si vedono a terra alcuni sacchi di denaro che ormai conta meno della Carità stessa. 

Vincent Van Gogh, Il vigneto rosso, 1888

Quanto è buono Dio con gli uomini retti,

Dio con i puri di cuore!

Ma io per poco non inciampavo,

quasi vacillavano i miei passi,

perché ho invidiato i prepotenti,

vedendo il successo dei malvagi.

Fino alla morte infatti non hanno sofferenze

e ben pasciuto è il loro ventre.

Non si trovano mai nell’affanno dei mortali

e non sono colpiti come gli altri uomini.

Dell’orgoglio si fanno una collana

e indossano come abito la violenza.

Riflettevo per comprendere questo

ma fu una fatica ai miei occhi,

finché non entrai nel santuario di Dio

e compresi quale sarà la loro fine.

Mio Dio, io sono sempre con Te:

tu mi hai preso per la mano destra.

Mi guiderai secondo i tuoi disegni

e poi mi accoglierai nella gloria.

Chi avrò per me nel cielo?

Con te non desidero nulla sulla terra.

Vengono meno la mia carne e il mio cuore;

ma Dio è roccia del mio cuore,

mia parte per sempre.

Per me, il mio bene è stare vicino a Dio;

nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,

per narrare tutte le tue opere.

(dal Salmo 73)


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Piccoli Pensieri (3)

Rosaemma

Il padrone della vigna,in cerca di operai ad ogni ora, è immagine di un Dio che desidera l’ incontro con gli uomini …un Dio che ti viene a cercare e ti dà continue opportunità fino all’ultimo, perché non è un Dio del merito,.a un Dio-gratuita Tu che accogli l’ultimo come il primo nella tua infinita misericordia, aiutaci, o Signore, a guardare i nostri fratelli, non accecati dall’invidia, ma riconoscenti per la tua infinita bontà senza limiti.

20 Settembre 2020
Suor Regina

Più volte nel Vangelo di oggi,si dice che il Padrone (Padre)uscì x chiamare….questo è una caratteristica di Dio…Egli esce fin dal principio per entrare nella nostra condizione umana,nella nostra povertà e,non guardando i nostri meriti ci dona la ricompensa della sua Grazia (tutto gratis)Non ci resta che meravigliarci di un Dio ricco di MISERICORDIA.

20 Settembre 2020
Dania

“I Tuoi pensieri non sono i nostri pensieri” il più delle volte ma vengono ad interrogarli, a volte a smascherarli, altre ancora a correggerli e talune ad ispirarli.
“Basterebbe” comprendere che il Tuo è sempre un pensiero d’amore per desiderare di perseguirlo, di ricercarlo in ogni nostro oggi e per apprendere quella difficile arte di amare.

20 Settembre 2020

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