Tra Kinneret e Wadi Qelt

Data :29 Ottobre 2022
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Tentando un «diario di bordo» del pellegrinaggio in Terra Santa 2022 – quarto giorno

Ha la forma di un arpa il Lago di Tiberiade. Lo chiamano anche mare di Galilea o lago di Genesaret. In ebraico Kinneret da kinnor, l’arpa appunto. Uno specchio d’acqua in questo squarcio di terra provocata probabilmente da smottamenti di placche terresti o – dicono alcuni studiosi – dall’impatto di un meteorite che strisciando su questo lembo di terra s’è incagliato fino a provocare quella depressione sotto il livello del mare che giunge nei pressi del Mar Morto a -417 metri sotto il livello del mare.  

È terra dolce, fertile, fortunatamente irrorata da sorgenti di acque che confluiscono nel lago, acque fresche e pure acque più tiepide, che perfino i pesci si spostato in certi luoghi del lago per beneficiare di quel tepore in certe stagioni dell’anno o in certi momenti del giorno, verso sera e quando scende la notte. Sono cose che i pescatori di questo lago sanno bene e lo sapeva pure Gesù quando chiese di gettare la rete dall’altra parte del lago. Non fu allora un miracolo quello delle due pesche prodigiose? Di quel lago erano esperti, la pesca era il loro mestiere. Ma non conoscevano ancora bene ciò che abitava nel loro cuore: la delusione, lo sconforto, la paura. Come quando furono sorpresi in piena tempesta e la barca era sballottata dalle onde. Non basta conoscere i segreti di un mestiere, non basta essere esperti marinai o provetti pescatori. Per attraversare la vita occorre aver fede.

C’è da imparare ad avere fede: credere alla parola di quell’Uomo che decise di vivere in quella regione da quando venne a sapere che Erode aveva fatto decapitare Giovanni Battista. Credere alla sua parola e gettare le reti su quella parola, cioè obbedire a ciò che quello strano Maestro chiedeva ai suoi discepoli, quelli che lui aveva scelto. Non funzionava così presso gli altri maestri. Ognuno si candidava al discepolato decidendo dietro quale maestro  camminare. Lui li chiamava. Una parola – «Seguimi!» – ed essi lo seguivano. Un po’ incuriositi, un po’ incantati dalla forza e dalla dolcezza delle sue parole come quando sul monte disse: Beati i poveri, beati gli operatori di pace, beati i miti, beati i misericordiosi, beati voi… proprio loro, quelli che lo ascoltavano a folle e noi che ancora possiamo rallegrarci di poter udire le sue parole per conoscere meglio ciò che c’è nel cuore dell’uomo e quanto sia più grande il cuore di Dio, semmai ci scoprissimo paurosi, dubbiosi ed esitanti. 

Ma torniamo sulle rive del lago… in realtà non ci siamo mai mossi da lì, per tutto il giorno. E neppure ora, mentre leggete queste righe. Siamo sempre sulla costa galilaica di Kinneret. Di fronte le terre degli stranieri, i paesi degli altri popoli, i paesi dove vivono pure i porci, animali impuri come impuri erano considerati tutti coloro che credevano ad altre divinità che nemmeno divinità sono perché, per chi crede nel Dio unico di Israele, altro non sono che idoli. Ogni idolo è muto e siccome è muto siamo noi a fargli dire quello che vogliamo. E così siamo noi che ci modelliamo un dio a nostra immagine. Attorno al Lago, dove Gesù si muoveva era il Figlio di Dio che parlava, che profetava, che faceva segni e prodigi, che guariva e risanava, che liberava da demoni e perdonava i peccati. È lui il volto di carne di un Dio che non smette di parlare al cuore dell’uomo. 

Lì, sulla riva del lago, nei pressi del luogo dove il risorto si fece trovare accanto ad un fuoco di brace, dove chiese da mangiare del pesce per comprovare che non era un fantasma e dove chiese a Pietro «Mi ami tu?», proprio in quel luogo, tra il fruscio delle onde e una gioia fanciulla di poter bagnare i nostri piedi nell’acqua, giungono a noi le note dolci e gentili di un’arpa. Elisabeth proviene dalla regione di New-York. È qui anche lei per alcuni giorni. Ha portato con sé la sua arpa, la più piccola di quelle che ha, e con questa prega il Signore. O meglio – dice lei – ascolta lo Spirito che le suggerisce quali corde pizzicare. E pare di udire la preghiera dei salmi – «Effonde il mio cuore liete parole, io canto al re il mio poema…(salmo 44) Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui cantate…» (salmo 33) – salmi che su quelle corde venivano accompagnati. «Io sto qui – continua Elisabeth – perché la gente arriva facendo sempre un po’ di rumore ma appena intercettano le note che provengono da qui (e mi indica la cassa di risonanza su cui stanno fissate le corde) presto scende la calma.

Vi lascio un attimo da soli, in riva al lago, ad ascoltare le onde del lago e le note dell’arpa.

Scende il sole. È il tramonto ma è già vigilia di shabbat, il giorno del riposo e della festa. Non si lavora: più di centocinquanta precetti per comandare riposo e cose da non fare in questo giorno. Per i pellegrini negli hotel si prepara tutto cucinato e l’acqua per la colazione viene tenuta calda fin dalla vigilia di shabbat. Se è vietato accendere il fuoco, tutto quello che oggi – tempi moderni – può assomigliare all’accendere un fuoco è ugualmente vietato. Anche un fornello, un bollitore elettrico, perfino un’interruttore della luce. Dunque… luci accese anche di notte, dove servisse, per non incorrere nella violazione di un precetto. Stranezze? Rigidità? Scrupolosità? Obbedienza? Osservanze? Qual’è la faccia della stessa medaglia da considerare? Conoscere e vivere shabbat direttamente nei luoghi dove lo si rispetta ben oltre un sentimento di appartenenza religiosa, è comunque occasione di approfondimento e di grande riflessione. Forse serve a noi per capire quanto «scandalose» dovevano suonare certe parole di Gesù quando se la prendeva proprio con scribi e farisei, gente comunque dei suoi, del suo popolo.

Shabbat lo passeremo a Gerico poi sulle rive del Giordano, nel luogo dove il Battista predicava e dove Gesù venne da lui battezzato. Un passaggio alle grotte di Qumran, luogo dove vennero trovati diversi manoscritti dei testi biblici, racchiusi dentro grotte come un tesoro sepolto e ora ritrovato; poi attorno alle rive del Mar Morto e la sosta nel deserto di Wadi-Qelt, il deserto sulla cui strada un viandante incappò nei briganti e lo lasciarono mezzo morto. Il deserto del buon samaritano, dove tutto può mancare ma se c’è carità e amore anche nel deserto Dio c’è.

Il deserto è bello un giorno. È bello al passaggio. Ma il deserto è il luogo delle tentazioni, è il luogo di vera esperienza spirituale dove lo Spirito va invocato per uscirne vivi se non si volesse dire vincitori. Scriveva Frère Roger di Taizé: «Di deserti dell’anima ce ne sono. Ma è così necessario restarci a lungo? Ricordati che anche nel deserto, sulla terra più arida, può fiorire un mandorlo».

Forse solo questo potremmo chiedere nella preghiera di oggi: Signore del deserto, facci il dono di fiorire come il mandorlo laddove la terra sembra solo arida. E accanto alla preghiera anche un piccolo desiderio, forse stravagante: ritrovare quei beduini bambini di una fotografia scattata alcuni anni fa.  Sarei felice di rivedere quel bambino sedutosi un giorno accanto a me. Sarà cresciuto perché anche nel deserto si vive, sperando che il nonno, forse solo più sazio di giorni, viva lui pure ancora. 


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Piccoli Pensieri (5)

Sr fidenzia

Godo con voi per i pensieri che creano sensazioni alte per il cuore. Buon viaggio e “alimento” per lo spirito che servirà per la vita interiore del tempo ordinario.
Suor Fidenzia

29 Ottobre 2022
Suor Regina

Vi accompagno con negli occhi i paesaggi che attraversate e che resteranno come un memoriale ogni volta che aprirete il Vangelo. Questo per me è avvenuto e avviene. Un saluto carico di benedizione.

29 Ottobre 2022

Che meravigliosa tempestività questo frammento di melodia gentilmente donato. Sono certa che abbia contribuito ad arricchire la vostra esperienza e, per un momento, anche noi -cosí distanti- abbiamo potuto essere in comunione con voi. Chiudere gli occhi e immaginarci sulle rive di quello stesso lago, con piedi nudi bambini desiderosi di saggiare quelle stesse acque.

29 Ottobre 2022
Anna

Che grande dono il rumore delle onde del Lago di Tiberiade e il suono dell’arpa! Mi hanno riportato al dicembre 1998, al mio pellegrinaggio in Terra Santa. Sulle sponde del lago, a Tabga, io nata e cresciuta sulle sponde di “quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno…”… L’odore dell’acqua, lo sciacquio delle onde, i riflessi della luce.. . suoni, luci e odori a me noti e anche a Lui. La sensazione di comunione e pace. La certezza di essere davvero conosciuta da Colui che è entrato anche nella mia storia.
Grazie.
Buon pellegrinaggio!

29 Ottobre 2022
Maria Rosa

Grazie di cuore per questi pensieri sto vivendo in comunione con voi questo pellegrinaggio non nascondo una certa invidia

29 Ottobre 2022

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