Staresti tu fuori dall’accampamento?

Data :11 Febbraio 2024
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VI domenica del Tempo Ordinario (B)

(Lv 13,1-2.45-46Sal 31 / 1Cor 10,31-11,1 / Mc 1,40-45)

Dio ha tanto amato il mondo
da dare il Figlio unigenito,
perché chiunque crede in lui non vada perduto,
ma abbia la vita eterna.

(Gv 3,16)

Dal Vangelo secondo Marco
(1,40-45)

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Che si possa rimanere in quarantena per non contagiare altre persone questo lo si può comprendere. Sembra una questione di buon senso. Ma ci vuole comunque una profondissima presa di coscienza del proprio stato di indigenza e questo è sempre un passo difficile da compiere. Si tratta di accettare una condizione sfavorevole, si tratta di incamminarsi per sentieri fino a quel momento sconosciuti. 

Potremmo fare una riflessione mettendo semplicemente l’accento su questo miracoloso incontro, ma non sono sicuro che sia questa la strada da seguire. E nemmeno si tratta di parlare di lebbra o di malattie contagiose. Occorre piuttosto – come fa Gesù stesso – mettersi sulle tracce o più semplicemente lasciarsi raggiungere anche da coloro che in nome di un presunto comando divino abbiamo volutamente allontanato dal nostro vivere insieme, in nome della sicurezza, in nome di quell’umano bisogno di protezione, per non esporre una qualunque comunità ad un qualsiasi pericolo.

E in fondo anche il lebbroso – seppur già condannato ad essere escluso – potrebbe apparire un uomo ancora capace di obbedire al comandamento, se lui stesso – come chiedeva il libro del Levitico – griderà la sua disgrazia per fare in modo che nessuno lo possa avvicinare: «Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento». (Lv 13,45-46). Il lebbroso sarà di per se stesso incarnazione della Legge.

Eppure c’è un lebbroso al centro del racconto evangelico di oggi che non obbedisce a questo comando. Egli non grida il suo male ma piuttosto il suo desiderio di essere guarito. Egli non si tiene lontano ma, con un movimento contrario, va verso Gesù. E dunque, come la mettiamo? Come la mettiamo, intendo, con la questione dei comandamenti che abbiamo sacralizzato?

Da questo incontro tra il lebbroso e Gesù, possiamo dire di non essere più cosi sicuri del fatto che sia Dio stesso a comandarci l’esclusione… se il Figlio di Dio ha piuttosto operato per la riabilitazione dell’escluso. E dunque… cosa ci comanda Dio? La sicurezza delle novantanove pecore o la ricerca della perduta? Le cure del samaritano verso il malcapitato o quel vedere ma proseguire per la propria strada? Forse che il Figlio di Dio è venuto solo per rassicurare quelli che dietro all’osservanza delle regole si ritengono così giusti da non pensare nemmeno che un giorno i contagiati potrebbero essere loro stessi? Chi di noi può mettere la propria mano sul fuoco e giurare di non essere mai stato contagiato dal male?

È certamente il male che siamo invitati ad allontanare da noi, ma il Vangelo ci chiede di crescere nella capacità di reintegrare e salvare ciò che era perduto. Per questo è venuto il Figlio dell’uomo.  Liberaci dal Male, diciamo sì. Ma chiediamo pure di essere perdonati dai peccati perché anche noi li avremo già perdonati a coloro che possono aver fatto del male. 

Il fatto poi che oggi più che mai ci permettiamo di mettere in discussione l’esistenza di Dio, tutto questo di riflesso fa vacillare quell’impianto di regole – sacralizzate appunto – sulle quali avevamo costruito la nostra appartenenza ad un popolo di credenti, ad una società, ad un paese, una nazione… 

Noi non possiamo di certo augurarci di essere contagiati da una qualsiasi «lebbra» per comprendere cosa significhi stare non dalla parte dei giusti ma dei contagiati. Ma certo il Vangelo ci chiede questo sforzo di metterci nei panni dei lebbrosi, nei loro stracci e nella loro pelle. Eppure è vero che per molti l’aver fatto esperienza d’essere esclusi dall’accampamento, è stata l’occasione più vera per incontrare Colui che ha voluto prendere su di sé ogni nostra lebbra. Lo hanno crocefisso fuori dalle mura per dire quanto fosse ritenuto pericoloso a quel vivere così abusivo. Si fanno discriminazioni ed esclusioni nei confronti di tutti coloro che non sanno stare alle regole del gioco… per assicurarsi la presunzione di un quieto vivere. Ma questo bisogno di assicurarci una protezione per mezzo dell’esclusione dal campo di qualche lebbroso, di qualche capro espiatorio non ci ha certo liberato da ansie e da paure. Non basta o non serve a granché questa pretesa di assicurarci dai pericoli. Ci servirà sempre quella compassione che Gesù ha mostrato che molto assomiglia a Colui che ha udito il grido degli oppressi, degli esclusi e che, dal cielo, è sceso per liberarli. Proteggersi dal male o esporsi al rischio di fare il bene?

Se il nostro credere fosse solo un obbedire a comandi che sono piuttosto precetti di uomini e non volontà di Dio, che ne sarebbe della nostra fede? È certo che siamo chiamati anche oggi ad un serio confronto con quel segno di contraddizione che è Gesù.

In fondo – anche in fondo al brano di Vangelo odierno – c’è qualcosa di sorprendente: sebbene Gesù sia costretto a tenersi fuori dalla città in quanto è apparentemente dichiarata la sua contaminazione a motivo del suo incontro con il lebbroso, Marco ci fa sapere che venivano a lui da ogni parte. 

Mi ha sempre colpito meditare accanto al Vangelo di oggi il testamento di San Francesco d’Assisi. È lui stesso ad aver dettato queste parole. Restiamo sempre estasiati all’idea che il crocefisso possa aver parlato al giovane Francesco. Dimentichiamo forse che inizialmente l’ordine dettato dal Crocefisso di riparare la Chiesa venne fraintesa e Francesco si mise anzitutto a riparare chiese. Non ci sono dubbi invece su quell’incontro coi lebbrosi a cui cui Frate Francesco attribuisce la sua più vera conversione. Egli giunge perfino a riconoscere se stesso nel peccato per non aver fatto misericordia a tutti gli esclusi della società del suo tempo. Solo avvicinandosi a loro provo la grazia di veder trasformato l’amarezza in dolcezza. Usci così dal mondo per entrare nel Regno di Dio. 

Il Signore dette a me, frate Francesco,
di incominciare a fare penitenza così…
quando ero nei peccati
mi sembrava cosa troppo amara
vedere i lebbrosi
e il Signore stesso mi condusse tra loro
e usai con essi misericordia.
E allontanandomi da essi,
ciò che mi sembrava amaro
mi fu cambiato in dolcezza
d’animo e di corpo.
E di poi, stetti un poco
e uscii dal mondo…

(dal Testamento di Francesco d’Assisi)


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Piccoli Pensieri (4)

Anna

Solo l’amore guarisce e ridà dignità.
E Dio è amore.
Ci ha creati a Sua immagine e siamo tutti fratelli.
Sta a noi vivere quanto proclamiamo…

12 Febbraio 2024

Leggere questa riflessione a chiusura della giornata di ieri mi è risultato tanto più significativo… Dopo che, a causa di un fraintendimento con il mio fidanzato, quella esclusa, in certo qual modo “contagiata” dal male, mi sono sentita io. Esclusa dalla cura di nostra figlia, inadatta ed inopportuna, senza nemmeno capirne il perché… E l’ impossibilità di comprendere non ha fatto altro che acuire il mio senso di inadeguatezza e, con esso, il dolore derivante dal senso di esclusione. Un dolore vero, grande e reale, pur derivate da quello che, prima della chiusura definitiva della giornata, si rivelerà essere un “semplice” fraintendimento. Se tanto poco è bastato a me per sentirmi tanto male, tanto maggiore immagino lo sconforto di chi ci si trovi “per forza di cose”. Tanto più importante risulta allora l’impegno a farsi incontro, non sfuggire ma accompagnare, di noi tutti sull’esempio di Gesù.

12 Febbraio 2024
Irina

Nel corso della giornata ci capita non di rado di imbatterci in persone che svolgono attività essenziali come il mantenere pulito un luogo pubblico, lo spazio di tutti. Rivolgiamo loro uno sguardo, un sorriso e diciamo loro “Grazie!” per il loro lavoro. Ho preso l’abitudine di farlo sempre. Allenarsi alla gentilezza, verso tutti, incondizionatamente. Invece di sfuggire allo sguardo di mendicanti, senzatetto, commessi/e, alleniamoci a incontrarlo a sorridere gentilmente anche senza dare. Ecco, quello che voglio dire é che l’invisibilità, il non essere visti é crudele ed evitabile. Allenare l’attenzione gentile verso l’altro regala poi momenti gioiosi sempre.

12 Febbraio 2024
Dania

Uscire dal mondo per ri-entrare in sé stessi, in quel mistero di Dio che c’è in ognuno, per vederlo anche nell’altro, in ogni altro. Quanto è difficile quando però la malattia del corpo o della mente, così come quella dell’anima rischiano di usurpare la bellezza originaria ed il solo stare accanto, farsi prossimi, diviene una prova d’amore.
Solo il cuore permetterà di vedere l’altro con gli stessi occhi di Gesù, di Colui che riconosceva la dignità ed il valore dell’uomo,
e solo così la solitudine verrà sconfitta dalla vicinanza di cuore, di chi soffre con…, gioisce con…, piange con…, ride con…, il fratello o la sorella che incontrerà sul suo cammino.
La compassione di Cristo ci contagi e ci renda ogni giorno più umani.

Non ci dovremo più chiedere se “proteggerci dal male o esporci al rischio di fare il bene”perché la risposta sarà data una volta per tutte e non si riuscirà più a fare diversamente. Ci sentiremo responsabili del nostro fratello e sempre, come in ogni tempo, sarà la risposta a fare la differenza.

11 Febbraio 2024

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