Senza abbassare le braccia

Data :16 Ottobre 2022
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XXIX domenica del Tempo Ordinario (C)

(Es 17,8-13 / Sal 120 / 2Tm 3,14-4,2 / Lc 18,1-8)

Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. (2 Tm 3,16)

 

Glorioso Dio dell’universo,
nascosto e svelato in modi e gradi diversi
da ogni creatura:
grande e meraviglioso è il sole,
ma più grandi e meravigliose 
sono le tue sante Scritture:
il sole illumina le cose solo dall’esterno
e crea ombre alle loro spalle,
ma la Tua Parola le rischiara dall’interno
e tutte le ombre distrugge e disperde,
il sole splende solo di giorno e tramonta la sera,
ma il vero sole che non tramonta mai
e mette in fuga anche la notte più nera
è la tua Parola vivente
fattasi carne nel Cristo,
sole di giustizia e di amore:
di Lui tutte le Scritture sono ricolme e radiose.
Amen.

(David Maria Turoldo) 

Dal Vangelo secondo Luca (18,1-8)

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Qui sulla terra tutto pare risponde perfettamente ad una sola legge: la legge di gravità. Se avete visto anche voi le immagini dei quattro astronauti rientrati dalla loro missione spaziale, sarete forse rimasti sorpresi di come i loro corpi alleggeriti per sei mesi dalla quasi totale assenza di gravità (mi pare la chiamino micro-gravità) improvvisamente sono parsi ai nostri occhi – e certamente a loro stessi – un peso morto caduto a terra. Sembravano corpi inerti estratti e portati in salvo.  L’immagine che apre questa riflessione m’è stata mandata alcuni giorni fa. Sono fiori profumatissimi da una siepe di osmanto, nei pressi d’un muro di cinta, fiori leggerissimi eppure caduti loro pure a terra per effetto della stessa legge e – certo – perché la stagione impone agli alberi di prepararsi così all’inverno. 

La vita nel suo divenire si fa spesso greve e perde del suo vigore, della sua forza. Non sempre riusciamo a mantenere su di essa uno sguardo di stupore e anche quando ci imponiamo di farlo è perché ci sforziamo di vedere con occhi nuovi ciò che potrebbe pure risultare abitudine. Alla vita ci si abitua. Ci si abitua anche alle cose brutte della vita. I fanciulli staranno sempre in mezzo a noi a testimonianza di leggerezza mentre invecchiando rischiamo di trascinare anche il peso del nostro corpo, carico di giorni, carico di sentimenti, carico di esperienze. 

Ci si può perfino stancare di vivere e non è una bestemmia. Qualcuno lo rivendica semplicemente come un diritto. Tutto a riprova di quanto può pesarci il vivere. Di gente stanca di vivere, schiacciata da pesi e da fardelli anche Gesù ne aveva incontrati e se l’era esplicitamente presa con coloro che oltre al peso della vita erano diventati maestri nel caricare di fardelli da portare e quegli stessi fardelli loro non ci avrebbero nemmeno provare a metterseli in spalla (Mt 23,4).

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai. E dunque Gesù sapeva che anche di pregare ci si può stancare, ci si può arrendere, come quando si getta la spugna, rinunciando, certi di aver perso, di non avercela fatta, di non aver ottenuto, di non essere stati esauditi. Perché all’inizio abbiamo anche noi pregato per ottenere ciò che speravamo, per essere esauditi con precisione. E forse è proprio per il fatto di non essere stati esauditi per ciò che chiedevamo che ci siamo stancati di pregare. Si chiede di superare una verifica, un esame, un compito in classe. Si chiede una guarigione o un esito negativo di un esame. E si pregherà pure per vincere una guerra… perché di cose insensate ne chiediamo parecchie. 

Oggi – interessante! – ascoltiamo pure alcune parole tratte dal libro dell’Esodo. In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. […] Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.

Si può dunque pregare per vincere un combattimento? Qual’è perciò il combattimento in questione: quello contro Amalèk, nemico del tempo, o quello contro le braccia che cadono? L’escamotage delle pietre a sostegno delle braccia permette a Mosé di stare con le mani alzate fino al tramonto del sole, che è sempre immagine della fine dei giorni… la fine della vita.

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai. La preghiera di cui non ci si dovrebbe mai stancare è una preghiera che ci accompagna nella vita come segno visibile di quella fede che altrimenti sembra sempre venir meno, sembra sempre mancarci. Anche il credere a volte è inteso come un peso, una zavorra, un impegno in più che si aggiunge ad altri da cui non possiamo esimerci. Sicché ciò che appare nell’ordine del non obbligatorio, del non apparentemente necessari siamo facili a lasciarlo cadere a terra e più restii a custodirlo. 

La parabola di oggi ci viene in aiuto. Va detto che Gesù sceglieva accuratamente i personaggi delle sue parabole, pescandoli molto spesso da passaggi biblici senza neppure citarli espressamente. Il Signore protegge i forestieri, sostenta l’orfano e la vedova si legge nel salmo 146. Forte di questa affermazione Gesù sceglie proprio una vedova per dare a noi l’esempio della sua tenacia nella preghiera ma per mostrarci implicitamente che Dio stesso mantiene fede alla parola data, ben più del giudice che esaudirà solo per stanco d’essere da lei importunato.

Con le braccia alzate ci si può arrendere, ma in realtà si mostra il proprio disarmo, la propria precarietà. Le braccia non le cadono. Ella non cede alla rassegnazione, non si da per sconfitta né per vinta. Ella non fa altro che dare compimento a ciò che Gesù aveva detto: cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia. (Mt 6,33) Questa vedova che poteva benissimo attendere soltanto di morire non avendo ella più alcun valore agli occhi della società del suo tempo, chiede al giudice una sola cosa cioè giustizia. In altre parole chiede al giudice d’essere riconosciuta come vivente. La sua preghiera importuna costringe il giudice ad aprire gli occhi e a considerare che ella esiste. Pregare è chiedere di essere considerati, di non essere ignorati. Che cosa fanno i poveri alzando le mani verso coloro a cui gridano aiuto? Essi non chiedono solo il pane, un soldo: essi chiedono la carità più grande e cioè l’amore: essere riconosciuti e amati per ciò che si è. Ecco perché occorre pregare senza stancarsi: semmai la vita ci avesse così appesantiti da non riuscire più a sopportarci, noi chiediamo al Signore di amarci così come siamo.

La preghiera – va forse ricordato – non ci ottiene quelle piccole cose che nella nostra ingenuità ci parevano le migliori e le più urgenti. La preghiera – Gesù l’ha detto – ci ottiene il dono dello Spirito. È così che prontamente il Padre buono ci esaudisce: facendoci dono del suo Spirito senza il quale siamo davvero come morti: togli loro il respiro, muoiono e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra. (Salmo 104,29-30). Pregare senza stancarsi è dunque dare alla nostra esistenza questo respiro di Dio. Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. (Gen 2,7)

Del tuo Spirito, Signore,è piena la terra, è piena la terra. 

Benedici il Signore, anima mia,Signore, Dio, tu sei grande!Sono immense, splendentiTutte le tue opere e tutte le creature.

Se tu togli il tuo soffio muore ogni cosae si dissolve nella terra.Il tuo spirito scende:tutto si ricrea e tutto si rinnova.

La tua gloria, Signore, resti per sempre.Gioisci, Dio, del creato.Questo semplice cantosalga a te Signore, sei Tu la nostra gioia.


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Piccoli Pensieri (2)

Questa lettura mi porta un po’ indietro negli anni, quando a partire da una certa “crisi di fede” adolescenziale ho iniziato a pormi domande cercando risposte un po’ in giro. Chiedendo a preti, conoscenti, parenti… E scovandone talvolta altrove, ma faticavo a trovare soddisfazione. Pian piano ho lentamente iniziato, un po’ per caso, a prestare attenzione invece a me. A valutare dapprima quali preghiere, tra quelle classiche imparate, preferivo e poi anche a quali contesti, quali situazioni, mi spingevano più spontaneamente a pregare con piacere. E mi sorpresi a scovare, nel corso degli anni e delle esperienze, che più che nei momenti di prova, le preghiere più sentite mi scaturivano dai momenti di gioia o dalla contemplazione di bellezze naturali o comunque spontanee ed inaspettate. Più dialoghi che preghiere, più ringraziamenti che richieste, ma che mi ponevao nella condizione rara di sentirmi in comunione con Dio molto più che nelle consuete situazioni dottrinali.
Quando poi nella vita ho dovuto affrontare momenti di prova, più o meno duri, ecco che il riemergere dei ricordi positivi di preghiera mi ha saputa accompagnare a cercare “qualcosa di bello” anche in quell’apparente buio, ed ecco che -sorpresa!- un lumino di speranza si riaccendeva e, con un po’ attenzione, si allargava persino! Ecco, questo davvero mi ha insegnato molto, ed è ora un esercizio che, appena posso, mi sforzo sempre di fare: cercare in ogni giornata una pur minima scheggia di bellezza, di sopresa. Perché non è mai tutto troppo buio.

16 Ottobre 2022
Maria Rosa

Signore, è proprio così: tante volte ci stanchiamo di pregare perché pare che Tu non ci ascolti ma donaci di perseverare perché certamente Tu ci doni il tuo Spirito e la comunione con Te e forse allora comprenderemo che è il dono più grande.

16 Ottobre 2022

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