Rispondere alle Attese

Quel popolo che Dio aveva già salvato dalla schiavitù d’Egitto, stava imparando a camminare nella fede e non ancora nella visione (2 Cor 5,7), in attesa di raggiungere la terra che Dio aveva indicato ad un uomo di nome Abramo, riconosciuto presto padre della fede, della fiducia. E così padre si rivela fin da subito come colui che (si) mette in cammino. La paura sbarrerà perfino le porte del Cenacolo dove consumarono la cena della comunione. La paura rinchiude e fa rifugiare. La fede, piuttosto, mette in movimento, in cammino.

Conobbero Abramo, poi Mosé e Giacobbe, questi uomini riconosciuti e salutati presto come padri della fede, perché pur esponendo alla fatica del cammino, essi indirizzano alla libertà e alla vita. Il padre è come una forza centrifuga che spinge il figlio a camminare nel mondo, sulle proprie gambe, rimanendo, insieme alla madre, il punto fermo, la casa che segna l’origine, il punto di partenza, il centro di quella stessa forza che porta a camminare nel mondo. Sarà il Figlio di Dio, risorto da morte, a dircelo: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15). Era il Figlio a parlare, ma diceva le cose udite dal Padre. Ciò che il Figlio di Dio propose ai suoi, fu proprio di provare a rifare quel suo stesso cammino: uscire dal Padre, nascendo dal grembo materno, per andare nel mondo senza essere del mondo.

A coloro che accolsero questo invito, questa Parola uscita dal seno del Padre fin dall’inizio, nella notte dei tempi – quella notte per Abramo sotto il cielo stellato, quella notte per Mosé quando dopo la cena li spinse in fretta a partire, quella notte di Giacobbe in lotta con l’angelo che gli avebbe cambiato il nome, Israele – a coloro che accolsero la Parola, a costoro diede il potere di diventare figli di Dio. Coloro che accolsero questa Parola uscita da Dio e fecero questo cammino scoprirono presto che non si nasce soltanto da sangue, o da volere di carne, o da volere di uomo, ma da Dio si può essere generati (Gv 1,12-13)

Il popolo di questa fede, imparò poi a vivere nell’attesa di un Messia, forse delusi da tutti quegli uomini che scelsero come guide e legislatori. Finirono per comprendere e convincersi che il Signore stesso avrebbe dato al suo popolo un Messia, un salvatore che continuamente potesse liberarli, quand’anche già liberati, si fossero messi nuovamente nei guai. E poiché leggendo le Scritture scoprirono presto che il Messia doveva discendere dalla casa di Davide, il re peccatore perdonato, la storia sembrava andare proprio in quella direzione. Matteo apre così il suo Vangelo, ricostruendo una genealogia che dimostrasse le profonde origini di questa fede e di questa attesa.

Ma non basta, appunto! La nascita di Gesù, chiamato Cristo, non dovrà essere soltanto in linea con la storia di quello che sarà il suo popolo. Giuseppe (e scriviamolo finalmente questo nome già che oggi lo festeggiamo!) non sta in questa storia soltanto come garante di una discendenza e come un legame storico. Di Giuseppe il Vangelo ci dice di cosa succede alla vita e alla storia umana quando questa viene accolta come generata da Dio.

Giuseppe è per noi modello di paternità perché ci insegna a leggere con fede la storia. Egli, come i padri di quel popolo a cui lui stesso appartiene, guarda nella notte con fede. Scopre che Un Padre nascostamente opera sempre negli eventi senza alterarne il corso. Giuseppe sembra suggerirci, per come i Vangeli ce ne parlano, che è l’uomo a doversi aprire a spiegazioni divine di cose che umanamente non vanno come s’era previsto. Ci sono i progetti, i piani e i disegni degli uomini. Ma poi ci sono anche i sogni di Dio. Un angelo prende per mano Giuseppe e lo porta – notte tempo – a vedere che quel Figlio che nascerà sarà la presenza di un Dio che già chiamano Emmanuele, Dio-con-noi. Come fai a resistere? Perché mai dunque un uomo dovrebbe rovinare un sogno simile, inceppare una storia di salvezza già in corso? Ecco, non resta che svegliarsi dal sonno e fare ciò che il divino messaggero ha detto. Non ci resta che obbedire alla Parola perché il nome di Gesù significhi ancora oggi quell’azione che Dio da sempre compie: «Dio salva». Ogni uomo scrive la propria storia nel tempo che gli è concesso di vivere, un primitivo istinto di sopravvivenza e di conservazione chiede da sempre all’uomo e alla donna di generare vita, ma è lo Spirito santo che genera in noi l’Amore e la breve storia dell’uomo sulla terra diventa segno di una storia generosa che ha in un’altra paternità la sua essenza, la sua vera origine. 

Rispondere alla attese è sinonimo di prestazione; rispondere alle attese significa, soprattutto in questo nostro tempo, essere in grado, essere capaci, essere all’altezza, corrispondere a delle aspettative. Credo tuttavia che ci sia un significato più intenso e profondo. Accanto all’ansia da prestazione, ci sono padri e madri che mettono al mondo dei figli e li attendono con trepidazione, ci sono attese di interi popoli che sperano nella pace, che attendono giustizia, pronti a scommettere su chi li guiderà. Giuseppe, con Maria e quel Bambino, ci insegnano oggi che pure Dio ha delle Attese e che anche noi, come Giuseppe, a queste attese possibile rispondere portando frutti generosi di opere buone. I profeti dovettero pure cantare le attese deluse di Colui che, come un vignaiolo, attendeva frutti buoni e invece gustò acini acerbi che allappano i denti. Gesù venne a raccontarci che Dio attende il nostro ritorno, come un Padre che lascia la sua parte di eredità in mano a quel figlio che vorrebbe provare a cimentarsi. Libertà di partire e forza di tornare sono doni che escono dalle mani di un padre, come una forza che spinge e attira. Che invia e raduna. 

Come figli noi ci riuniamo attorno a Te, Signore,
per ascoltare la tua Parola,
che dà la vita e produce frutti.
Fa’ che riceviamo il tuo messaggio
nel più profondo di noi stessi con fede e apertura.
Fa’ che portiamo frutti di santità e di giustizia
alla Tua presenza, durante le nostre giornate.
Amen.

Dal Vangelo secondo Matteo (1,16.18-21.24)

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

Salve, custode del Redentore,
e sposo della Vergine Maria.
A te Dio affidò il suo Figlio;
in te Maria ripose la sua fiducia;
con te Cristo diventò uomo.
O Beato Giuseppe,
mostrati padre anche per noi,
e guidaci nel cammino della vita.
Ottienici grazia, misericordia e coraggio,
e difendici da ogni male.
Amen.

(papa Francesco, preghiera dalla lettera apostolica Patris corde)

Due amici, Johnny Dotti e don Mario Aldegani, in questi giorni hanno nuovamente pubblicato, aggiornandola e ampliandola, una seconda edizione del libro “Giuseppe siamo noi“. Una buonissima lettura!


Per chi desiderasse poi approfondire meditare ulteriormente, può scaricare qui la lettera che papa Francesco ha scritto per inaugurare questo anno dedicato a San Giuseppe.

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Piccoli Pensieri (4)

Maria

Grazie per la riflessione, oggi come genitori abbiamo festeggiato partecipando all’Eucsrestia il 34esimo compleanno del battesimo del nostro figlio Andrea, battesimo fatto nel reparto di neopatologia .Preghiamo san Giuseppe di proteggerlo ancora così come tutti i figli del mondo, come ha fatto con Gesù.

19 Marzo 2021
Alba

Carissimo san Giuseppe,
custodisci noi perché a nostra volta siamo capaci di essere custodi del “tuo” Gesù, nelle nostre “Nazareth” di ogni giorno.

19 Marzo 2021
Emanuela

La foto all’inizio di questa meditazione mi ha ricordato un’altra immagine: quella di un padre siriano in fuga che trasportava la figlia dentro una vecchia valigia.
Oggi, festa di San Giuseppe, la collego alle tante immagini della fuga in Egitto, con Giuseppe che guida l’asinello dove sono Gesù e Maria.
Per non dimenticare che, se ci sembra lungo questo anno di pandemia, cosa si potrà provare dopo 10 anni di guerra?

19 Marzo 2021
Gianna

Naturalmente grazie di cuore per tutti i buoni consigli.

19 Marzo 2021

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