Repetita iuvant… se non c’è peggior sordo!
O Spirito Santo del Padre,
promesso dal Figlio agli esseri umani
scendi in noi e sostieni la nostra preghiera.
Vieni e prendi dimora in noi,
illumina gli occhi del nostro cuore,
fa ardere in noi la Parola di vita,
perché possiamo entrare sempre più
nel mistero della tua presenza
in cammino nella storia e nelle storie di ogni persona.
Amen.
Dal Vangelo secondo Luca (9,43-45)
In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».
Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.
Rimasero tutti ad occhi aperti davanti a ciò che videro. E ciò che avevano appena visto portava in più la firma di Gesù. Il dramma però si consuma in quell’incapacità di capire le parole. È sempre opportuno tener ben presente che la fede nasce dall’ascolto… l’accordo tra ciò che si vede e ciò che si sente non è sempre così immediato. È l’apparenza che inganna o tutto dipende da come si ascolta?
Questi pochi versetti di Vangelo da una parte ci mettono proprio nella condizione di non capire bene a cosa si riferiscono e dall’altra producono in noi proprio quell’imbarazzo di chi non vuol cogliere il senso. Eppure a volte si dice molto di più con pochissime parole, magari un po’ enigmatiche, che con lunghi discorsi.
Capirsi e farsi capire, spiegare e spiegarsi non è mai semplice. Lo sanno benissimo i genitori, lo sanno anche gli insegnanti… lo sappiamo tutti. Ci vorrebbe ogni volta un po’ di tempo per capire se chi ha ascoltato ha veramente afferrato. O forse non è che il dramma del consegnarsi sta proprio qui? Ogni volta che noi parliamo, cercando di comunicare, ci accorgiamo che il nostro messaggio è già stato preso per essere travisato, o caduto nelle orecchie di chi non vuole ascoltare per partito preso. È proprio come la storia del seminatore e dei semi che cadono in terreni differenti, giù o meno disposti a far crescere ciò che da quelle parole dovrebbe nascere.
Ma torniamo un attimo al testo: cosa è successo poco prima di queste parole perché Luca registri che tutti rimasero ammirati? Teniamo sempre presente che quanto più un testo è complesso da comprendere o quanto pochi sono i versetti da meditare, tanto più vale la pena di prendere davvero il libro dei Vangeli e metterci a rileggere quanto c’è scritto poco prima e poco dopo. In genere – provare per credere – il testo che fino a quel momento era per lo più di difficile comprensione, di colpo si illumina maggiormente.
I pochi versetti di oggi, le parole scarne di Gesù, vanno sotto il nome di “secondo annuncio della passione”. Repetita iuvant dicevano i latini. Le cose ripetute proprio a forza di ripeterle si capiscono meglio. Gesù sembra proprio mettere in pratica questa espressione latina: si vede costretto a ripetere l’annuncio della sua passione perché i discepoli non avevano ancora capito ciò che egli stava per compiere e ciò che gli stava per accadere. Non è passato molto tempo (pochi versetti prima) da quando Gesù s’è trasfigurato in cima ad un monte. I discepoli presenti rimasero meravigliati di quella visione; Pietro disse qualcosa di più o meno sensato per esprimere il desiderio di rimanere in quello stato di grazia… sembrava che tutto fosse più chiaro nel vedere un Gesù luminoso. Di li a poco una nube oscurò tutta la visione e si sentì solo una voce dal cielo che invitava ad ascoltare il Figlio eletto. Non videro più nulla e non parlarono neppure di quanto accadde su quel monte. Quel monte era anticipo dell’altro monte – il Calvario – dove nella notte oscura della morte del Figlio di Dio, consegnato nelle mani degli uomini che finalmente potranno toglierselo di mezzo, tutto ciò che Dio voleva farci sapere si sarebbe spiegato e fatto più chiaro.
Ancor prima avevano ricevuto il potere di scacciare demoni e di guarire malati, ma dopo l’episodio della trasfigurazione sul monte, i discepoli fanno l’esperienza della loro incapacità di scacciare proprio uno spirito impuro che tormenta un giovane. Il padre disperato è costretto a rivolgersi direttamente a Gesù perché i suoi discepoli non sono stati capaci di guarire il figlio di questo padre disperato. Gesù rimprovererà i suoi discepoli per aver stravolto le sue parole e poi guarisce il fanciullo consegnandolo – dice il testo – a suo padre.
È su questo verbo “consegnare” che Gesù innesta il suo secondo annuncio di passione che suona come un rimprovero davanti alla durezza di orecchie e di cuore dei suoi discepoli. E quel giorno non osarono chiedere spiegazioni perché già poc’anzi Gesù li aveva letteralmente rimproverati, dando loro della generazione incredula e perversa (Lc 9,40). Temettero di ricevere il resto del rimprovero… alla faccia di chi vuole un Gesù di zucchero. Tanto per dire poi, di lì a poco li troverà intenti a discutere su chi tra loro fosse il più grande.
È forte il contrasto e la tensione che Gesù ha creato con i suoi gesti e le sue parole: ha appena consegnato un figlio finalmente sano e salvo a suo padre (Lc 9,37-43) e poi parla di sé come di un Figlio d’uomo che sta per essere consegnato nelle mani degli uomini, che egli continuerà a chiamare amici e fratelli. Consegnare è il verbo della vita, della custodia e della cura… è l’azione di Dio in favore degli uomini. Noi esseri umani, increduli e perversi, ne abbiamo fatto il verbo del distruggere, dell’uccidere, del togliere di mezzo. “Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?” chiese Giuda ai capi dei sacerdoti. (Mt 26,15). La Vita ci è stata consegnata, Dio stesso si consegna nelle nostre mani, la sua Parola è consegnata a noi… che cosa ne facciamo?
Beato l’uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.
Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.
Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.
Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
(dal salmo 119,1-12)
Istruiscici, rimproveraci, ripeti fino allo sfinimento le Tue Sante Parole, proprio come fanno una madre ed un padre (“quante volte te lo devo dire o te l’ho detto?? “)… Nel farlo dirai il Tuo Amore per noi, ci dirai sempre che Ti stiamo a cuore ed è solo per il nostro bene che lo fai e ci farai comprendere la grande importanza dell’ascolto (“Ascolta Israele”) che viene prima di ogni cosa.