Potere d’acquisto o forza del dono?
Dio, nostro Padre, Tu ci hai fatti per te e sempre attendi il nostro ritorno a te.
Anche oggi ci fai dono di questo tempo di silenzio, di ascolto e di incontro con la tua Parola: manda su di noi il tuo Spirito santo, per liberare il nostro cuore
dal rumore e dalla confusione. Non permettere che il nostro spirito sia distratto dalle preoccupazioni e dalla paura, ma fa che l’incontro con la tua Parola sia via di conversione e inizio sempre nuovo della comunione con Te e il Figlio tuo, Gesù. Dio benedetto nei secoli dei secoli. Amen.
Dal Vangelo secondo Luca (21,1-4)
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio.
Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».
Ci sono, nell’arco di una giornata, suoni o rumori che attirano la nostra attenzione. Alcuni fanno parte di una certa routine. Altri, al sentirli, ci sorprendono e ci fanno balzare in piedi a vedere cosa mai sia potuto accadere. Come a dire che l’udito “vede” prima. Precedenza dell’ascolto! Gli occhi poi non fanno che orientarsi a cercare ciò che già ci ha raggiunto attraverso il suono.
E fu così, quel giorno, al tempio di Gerusalemme quando Gesù alzò gli occhi per vedere chi avesse provocato quell’insolito, quasi impercettibile e sordo suono di due monetine che cadono nel tesoro del tempio. Ci vuole un udito fine per ascoltare ciò che non fa rumore. Occorre davvero essersi allenati all’ascolto per sentire ciò che c’è nel profondo del cuore. Per questo teneva gli occhi chiusi o anche uno sguardo più “abbassato”, più mite o dimesso, lo sguardo dei poveri del Signore, anime che si paragonano a bambini che non vanno in cerca di cose grandi, superiori alle proprie forze. Anime che mettono tutta la loro fede, la loro fiducia solo in Dio.
Al Tempio di Gerusalemme, oltre all’altare per i sacrifici o gli olocausti di animali rimpinguati e ingrassati appositamente per rendere più gradevole l’offerta, c’era pure la possibilità di gettare monete nel tesoro del Tempio. Pare addirittura che un sacerdote appositamente incaricato dovesse stare davanti a quei vasi per l’elemosina ad amplificare ulteriormente il suono delle monete gettate in offerta, specificando l’importo stesso dell’offerta. Una sorta di colletta ordinaria da destinarsi alla manutenzione del Tempio stesso ma anche per aiutare i poveri che da sempre stanno come un fastidioso monito a quell’umano tentativo di arricchire che crea nell’uomo l’illusione di essere al sicuro. Forse per questo che non sempre siamo disposti a guardarli.
Che poi nemmeno fanno gran rumore. Si adagiano in cartoni per la notte, al massimo suonano il campanello di casa, i più stanno alle porte dei negozi… ci guardano entrare a mani vuote ed uscire con carrelli o borse piene di cose. Stanno anche alle porte delle nostre chiese e mi chiedo sempre se notano un cambiamento in noi tra quando entriamo e quando usciamo. Se ci vedono più affaticati e stanchi della settimana quando entriamo e più felici, sereni e lievi nell’uscire. E chissà se questi stessi poveri che ci hanno visti entrare in chiesa con le mani in tasca per il freddo, si accorgono che dalla chiesa usciamo con le mani non più nelle tasche, perché noi pure abbiamo dovuto tenderle al sentirci dire: “Il corpo di Cristo”. Ed era pane. Ed era un’assemblea di fratelli.
E chissà se questi stessi poveri potessero parlare: “Ti ho visto entrare e non mi hai dato nulla. Non uno sguardo, non un saluto, non una moneta. Ma quando sei uscito mi hai guardato negli occhi, mi hai detto ‘buongiorno’ e mi hai teso la mano, oltre la tua tasca!”. I poveri, sembrano scrutare i nostri comportamenti come Cristo osserva nel profondo del cuore. E non è quindi il suono delle monete a dire chi sei, ma il vuoto che hai scavato dentro di te per fare spazio ad altro. Cosa d’altro? Non si sa, appunto! E qui sta la fede della vedova. Svuotata da ogni certezza, non fosse altro che quella che due monete potevano darle per assicurarsi qualche giorni di sicura vecchiaia. Noi abbiamo fede in Dio, ma accanto alla fede ci siamo fatti delle assicurazioni. Non si sa mai che ci vada male con la fede, con la fiducia… abbiamo sempre un gruzzoletto su cui contare. E non uno che pensi esattamente il contrario, proprio come la vedova del Vangelo: di farsi un tesoro in cielo caso mai le ricchezze di quaggiù mostrino tutta la loro insignificanza. E che pure lo sappiamo che il denaro cambia il suo valore, ed è la cosa più variabile che esiste nell’esistenza dell’uomo. Ed è un gioco di tassi e di interessi, di prezzi variabili a secondo di quello che succede nel mondo… E se ne accorge anche la vedova facendo la spesa. Ma noi continuiamo a mettere fiducia nel potere d’acquisto!
Questo sguardo che si alza a contemplare il gesto di una povera vedova è come lo sguardo di chi solleva gli occhi verso i monti da dove verrà l’aiuto del Signore. E lui, mentre saliva sul colle detto Golgota, si ricordava di quella vedova che aveva riposto la sua fede in Dio. Quegli ultimi passi della sua vita in mezzo agli uomini, non poteva che gettarli in Dio. Pane al pane, vino al vino! E fu l’ultima cena. Diede tutto di sé. E noi, eccoci ancora qui ad invocare e ricevere da lui la Vita… e il suo stesso Spirito.
Maledetto l’uomo che confida nell’uomo,
che pone nella carne il suo sostegno
e dal Signore si allontana il suo cuore.
Egli sarà come un tamerisco nella steppa,
quando viene il bene non lo vede;
dimorerà in luoghi aridi nel deserto,
in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.
Benedetto l’uomo che confida nel Signore
e il Signore è sua fiducia.
Egli è come un albero piantato lungo l’acqua,
verso la corrente stende le radici;
non teme quando viene il caldo,
le sue foglie rimangono verdi;
nell’anno della siccità non intristisce,
non smette di produrre i suoi frutti.
Più fallace di ogni altra cosa
è il cuore e difficilmente guaribile;
chi lo può conoscere?
Io, il Signore, scruto la mente
e saggio i cuori,
per rendere a ciascuno secondo la sua condotta,
secondo il frutto delle sue azioni.
(Geremia 17, 5-10)
Signore che tu possa essere “Tutto in tutti, per tutti e con tutti” affinché la nostra ricchezza sia in cielo e non su questa terra. Il tutto della vedova eri Tu e, seppur povera, non le mancava nulla, perché il Signore era il suo pastore. Che si possa sempre più gioire per condividere ciò che si ha e si è, piuttosto che rattristarsi per ciò che crediamo manchi. La felicità ogni domenica, se lo vogliamo, ce l’abbiamo tra le mani. E già questa è una grazia!!