Nell’era dei cuscini ergonomici… à la belle étoile

Data :30 Settembre 2020
Commenti: (1)

Signore, noi ti ringraziamo perché ci hai chiamati in questo nuovo mattino alla tua presenza per farci dono della tua Parola: fa’ che la accogliamo con attenzione e umiltà e manda su di noi il tuo Spirito santo, affinché possiamo trovare in essa la via della vita. Sii benedetto ora, e nei secoli dei secoli. Amen.

Dal Vangelo secondo Luca (9,57-62)

In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Non era un girovagare quel loro camminare per strada. Era diretto a Gerusalemme perché ormai aveva ben compreso quale sarebbe stata la sua sorte: non tanto una meccanica esecuzione di una volontà divina che comprendesse anche la morte di croce, quanto piuttosto la sua volontà di testimoniare misericordia e non sacrificio. Con determinazione e caparbietà orientò il suo volto verso Gerusalemme. Davanti al suo volto mandò i discepoli a preparargli la strada: in Samaria, nonostante la sua simpatia per quella popolazione non venne accolto perché era diretto a Gerusalemme, la città nemica per eccellenza ai Samaritani. C’è una certa determinazione anche in questo rifiuto: fosse stato diretto altrove, probabilmente non avrebbero avuto alcun problema ad accoglierlo.

Mi pare di sentirlo: “Mamma – chiese il fanciullo – dove sono nato io?”. Chissà se sua madre ebbe il coraggio di spiegargli che già per la sua prima notte non c’era posto per lui!  Sta di fatto che il rifiuto samaritano non gli fu novità: temo che dovette presto abituarsi a dormire à la belle étoile, sotto le stelle per uscirsene con quella risposta a chi si candidava come discepolo alla sequela: “Il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo“. Nell’era dei cuscini ergonomici e anatomici, dei divani e delle poltrone, come la mettiamo?

Meno di una volpe e meno di un passero. Meno degli uccelli del cielo che presso gli altari del Signore nel Tempio aveva diritto di farsi un nido senza che il sacrestano di turno lo distruggesse. Anche il passero trova la casa,
la rondine il nido, dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari (salmo 83,4). E perfino le volpi oggi fanno tenerezza quando invece nella Scrittura sono da sempre il simbolo della devastazione di curati vigneti. Catturateci le volpi – dice la giovane sulamita nel Cantico del Cantici – le volpi piccine che danneggiano le vigne, perché le nostre vigne sono in fiore (Ct 2,5). Eppure anche le volpi oggi fanno tenerezza. Ancor più tenerezza e compassione dovrebbe farci l’uomo rifiutato, colui che non riceve accoglienza. La vita dell’uomo è dunque ancor più precaria di quella degli uccelli e delle volpi: dipende essenzialmente dall’accoglienza che gli si riserva.

Eppure l’uomo che riceve questa risposta non era malintenzionato. Aveva dichiarato la sua volontà di seguirlo, come solevano i candidati al discepolato di un qualunque rabbi. Era il discepolo che doveva dichiararsi. Gesù rende fragile anche questa certezza e lascia intendere che è lui che chiama, è lui che sceglie. I discepoli che da poco avevano discusso su chi fosse il più grande, non ricordavano neppure questo fatto: non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi (Gv 15,16). 

E per ricordare questa novità rispetto alle usanze rabbiniche del tempo, decise di compiere un segno, di rinnovare il prodigio della chiamata e disse nuovamente quel “Seguimi” che fino ad ora aveva fatto scattare in piedi anche i più grandi peccatori. Questa volta la chiamata non trova prontezza, ma una giustificazione che nessuno vorrebbe portare: lutto in famiglia. Dice la sapienza biblica: “Al morto non negare la tua benevolenza” (Sir. 7,33); “Figlio, versa lacrime sul morto, e come uno che soffre crudelmente inizia il lamento; poi seppelliscine il corpo secondo il suo rito e non trascurare la sua tomba” (Sir. 38,16). A proposito di sepolture, l’episodio più commovente è presente nel Libro di Tobia quando Tobi, il padre di Tobia, rischiava la propria vita per seppellire i molti ebrei deportati in esilio, dato che il re aveva vietato questa pratica. “Donavo il pane agli affamati, gli abiti agli ignudi e, se vedevo qualcuno dei miei connazionali morto e gettato dietro le mura di Ninive, io lo seppellivo” (Tb 1,17). Addirittura era disposto ad alzarsi da tavola ed interrompere il pranzo, appena veniva a sapere che qualcuno trovava cadaveri per strada. E ora che anche noi, a causa della pandemia, abbiamo percepito cosa significa non poter dare una degna sepoltura ai morti, sentiamo ancora più dure, imbarazzanti ed esigenti le parole di Gesù: lascia che i morti seppelliscano i loro morti. 

Per un rifiuto ad opera di samaritani dobbiamo noi sentirci risposte del genere? In realtà Gesù pone l’accento su una chiamata che apre già le porte del regno. Per non confonderci: nel regno di Dio non si entra dopo la morte ma proprio per quella chiamata stessa che il Maestro ci ha rivolto. Proprio come accade nel Battesimo che accende in noi la vita eterna, mentre noi parliamo di vita eterna – confondendoci bellamente – pensando a tutto quello che ci potrebbe essere dopo la morte, nell’aldilà. Gesù, chiamando, ha rivolto a noi il suo volto per far accadere quanto scongiurato nelle nostre preghiere: “Non nascondermi il tuo volto, perché non sia come chi scende nella fossa” (salmo 142,7).

E poi la metafora dell’aratro: immagine più plastica e chiara, se si conosce il mestiere. Ma pure da questo siamo distanti. Provate a tracciare una linea dritta con l’aratro guardando all’indietro. Vi sembrerà di andar diritti ma alla lunga, finiremmo per inclinare il cammino e ritrovarci al punto di partenza, come se avessimo fatto un periplo su noi stessi. Niente di ciclico, nessuno corso e ricorso storico per chi segue Gesù: c’è un solco da tracciare per seminare, una strada aperta da percorrere, un regno i cui figli sono più numerosi delle stelle del cielo. Nell’era dei cuscini ergonomici e degli aratri a mano divenuti cimeli da museo, il Vangelo potrebbe essere ancora più decisivo per smuoverci!

Padre mio, io mi abbandono a te,

fa di me ciò che ti piace.

Qualunque cosa tu faccia di me

Ti ringrazio.

Sono pronto a tutto, accetto tutto.

La tua volontà si compia in me,

in tutte le tue creature.

Non desidero altro, mio Dio.

Affido l’anima mia alle tue mani

Te la dono mio Dio,

con tutto l’amore del mio cuore

perché ti amo,

ed è un bisogno del mio amore

di donarmi

di pormi nelle tue mani senza riserve

con infinita fiducia

perché Tu sei mio Padre.

(Charles de Foucauld)


Rimani aggiornato per ricevere i miei nuovi articoli




Piccoli Pensieri (1)

Rosaemma

Signore, Tu che hai chiamato a Te i tuoi discepoli con quel semplice imperativo “Seguimi”… invita anche noi a seguirti… per vivere la tua stessa vita.
Aiutaci a capire che non dobbiamo assolutizzare i nostri beni e i nostri legami affettivi (San Francesco ce lo insegna), poiché di assoluto ci sei solo Tu.
Tu vuoi noi, la nostra vita… il nostro cuore.

30 Settembre 2020

Scrivi il tuo Pensiero

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *