L’opera di Dio

Andrea Roggi,  L’Amore salva il Mondo (bronzo, fusione a cera persa e patina a fuoco, 2017) – Siena, Belvedere San Prospero

XVIII domenica del Tempo Ordinario (B)

(Es 16,2-4.12-15 / Sal 77 / Ef 4,17.20-24 / Gv 6,24-35)

La vita, fin dalle sue prime battute, appare come un dono splendido. C’è un mondo da scoprire, volti da riconoscere come famigliari. La vita è frutto di incontri, di innesti, di intrecci. Il cibo pare davvero un dono dal cielo, perché se venisse solo dalla terra, esso non parlerebbe d’altro che di fatica e sudore. Quel giorno, quando prese i cinque pani e i due pesci messi a disposizione da un ragazzino che ancora non sapeva fare di conto, il cibo sembrò davvero una benedizione piovuta dal cielo anche perché i presupposti parlavano piuttosto di mancanza di cibo.

La folla nel giorno in cui Gesù moltiplicò pani e pesci, lo avrebbe scelto quale re. Comodo, no? A lui la gloria e l’onore che si riservano ad un sovrano e a loro il pane quotidiano senza la benché minima fatica. Non avrebbe sopportato di averli tutti ai suoi piedi in un rapporto di dipendenza o di sudditanza. Non avrebbe sopportato che perdessero libertà solo perché garantiva loro il pane. Non era venuto per questo il Figlio di Dio. Era venuto per compiere le stesse opere del Padre. Suo Padre di mestiere faceva il liberatore e, prima ancora che Egli svelasse il suo nome, lo chiamarono «Liberatore».

La storia narrata nel libro dell’Esodo è il racconto della creazione di un popolo libero. Il cibo non può essere ricatto per la sudditanza, per la sottomissione. Il cibo sarà piuttosto espressione di fratellanza, di comunione. Quando il mare si divise, come acque che si rompono per una vita che sta per nascere, venne alla luce un popolo di liberati, salvati dall’oppressione del faraone. Abituati a nascere in cattività nemmeno si accorgevano di quanto fossero schiavi. Per questa ragione, il Figlio di Dio, non accarezzò minimamente l’idea di essere sovrano di una folla appena sfamata.

La vita tuttavia non è solo un dono che piove dal cielo. Per vivere pienamente ci si deve mettere in cammino. Servono passi di uomo, serve un cammino ben tracciato. L’uomo che vuole vivere si muove sempre come un affamato in cerca di pane e di acqua. È la nostra natura che ci fa affamati e assetati. Il dono iniziale di cibo ricevuto gratuitamente da una madre, rimane per noi un vago ricordo più che una promessa di una terra dove scorrono latte e miele gratuitamente, dove la condivisione dei beni ci potrebbe far abitare una terra nuova, una nuova città… senza più conflitti, né tensioni per il pane, per l’acqua.

Per questo ancora oggi ci sentiamo in cammino. Sentiamo che ci sono strane dipendenze, nuove sudditanze, eterne sottomissioni. Dentro e fuori di noi. Siamo ancora in cammino per la nostra liberazione. Un uomo e un popolo nuovi devono ancora nascere. La vita di Gesù stesso suona ai nostri orecchi come la promessa realizzata. Il pane che Egli dona, il suo stare a tavola con i peccatori, ha il sapore della liberazione da ogni male, da ogni peccato, da ogni scontentezza.

Dinamiche di esclusione, fatica di camminare, nostalgie di mondi e di di giorni che sono già alle nostre spalle, trasformano l’uomo in un lamento. È sempre il racconto dell’Esodo a dircelo, a modo suo. Erano già stati liberati dal faraone, ma ancora dovevano camminare per scoprire che la mormorazione nasce da dentro e non è sempre frutto di oppressione. Anzi, quando si vive nell’oppressione non c’è nemmeno lo spazio per la mormorazione. Il fatto che ci permettiamo di mormorare contro la Vita è piuttosto prova che anche la parola dell’uomo è stata liberata. Non sappiamo nemmeno cosa significhi essere liberi di parlare e così trasformiamo la realtà con la menzogna, la bugia, l’illusione. Quand’erano schiavi del faraone non mangiavano altro che zuppe di cipolle, ma pur di far crescere la mormorazione, quel pentolone sembrava pieno di carne. 

In quei giorni, nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne. Gli Israeliti dissero loro: «Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto, quando eravamo seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà! Invece ci avete fatto uscire in questo deserto per far morire di fame tutta questa moltitudine». (Es 16,2-3)

Mormorare è sconfessare il Bene che abbiamo già ricevuto. Cantavano più volentieri la scontentezza, preferivano vivere senza fede. Gesù lo dirà apertamente che i figli di Israele non hanno compreso la loro stessa storia. Siamo incapaci di obbedire a quelle parole che ci danno la Vita, a quelle parole che garantiscono la nostra libertà e la nostra felicità. Ho sentito spesso dire che si deve vivere in grazia di Dio per potere mangiare il pane che all’Eucarestia riceviamo in dono anche oggi. Ma cosa significa vivere in grazia di Dio se appena girato l’angolo siamo tutto un lamento? Custodire la meraviglia e lo stupore iniziali ci mantengono in grazia di Dio, evitando che la mormorazione entri a corromperci. 

Quando mangiamo Pane, sulle nostre tavole o sull’altare in chiesa, occorre davvero non precipitarsi frettolosamente su quel cibo. Diremmo solo di noi, della nostra fame insaziabile, della nostra ingordigia, della nostra avidità. Ci precipitiamo sul cibo e non alziamo mai gli occhi al cielo. Questo è il peccato dei padri dal quale Gesù mette in guardia, perché anche i figli rischiano di ripeterlo e perpetuarlo. Occorre che impariamo a dare un nome al Pane e a chi ce lo ha donato. Occorre che mentre condividiamo il Pane sappiamo parlare di quanto abbiamo incontrato bontà e misericordia.  

Mostra la tua continua benevolenza, o Padre,
e assisti il tuo popolo,
che ti riconosce creatore e guida;
rinnova l’opera della tua creazione
e custodisci ciò che hai rinnovato.
Amen. 

Dal Vangelo secondo Giovanni (6,24-35)

In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

Cristo, tu sai il dramma del pane:
tutta la vita si gioca sul pane,
anche se il pane è segno solo di felicità
e non sempre comporta la libertà:
si può essere sazi e non liberi,
come si può essere liberi e affamata,
e questo è il nostro dramma, Signore:
Signore, donaci sempre libertà e pane. 
Amen.

(David Maria Turoldo)

Andrea Roggi, Terra mater, Siena (scatti dal pellegrinaggio senese / 26-29 luglio 2021)

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Piccoli Pensieri (3)

Suor Regina

“Chi viene a ME non avrà più fame…sete…MAI”.Questo “mai” dà tanta pace. Questo è ciò che ognuno desidera perché questa è veramente la Grazia di Dio per noi: la nostra forza, gioia, consolazione. Questo è il Segno di Dio Liberatore che ci ama di un amore che è Infinito.

1 Agosto 2021
Gianna

Abbiamo una strana mentalità, da sempre, non riusciamo proprio a essere liberi, Dio ci ha fatti liberi e noi non riusciamo ad accettare questo grande dono. C’è sempre bisogno di un leader, di qualcuno che ci dica cosa fare e dire e viceversa. Sembra quasi che la libertà ci faccia un po’ paura, ci sentiamo più sicuri se qualcuno ci comanda. E chi si crede libero dalle imposizioni di un leader, si sbaglia, perché ha altre dipendenze come ad esempio il denaro, il consumismo, l’apparire, il giudizio degli altri. Dipendiamo anche da leader religiosi, a volte si crede un po’ di più o un po’ di meno in base al leader di turno, e questo non mi fa stare serena.

1 Agosto 2021
serena

Una volta saziati dal dono celeste, saremo in grado di affrontare la nostra condizione, diventando capaci di affrontare il presente, i dolori, i silenzi, ma anche le conoscenze, le amicizie, gli incontri, in cerca di una speranza di vita.

1 Agosto 2021

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