Lettera alla donna cananea (o agli sconfinatori di tutti i tempi)

Signore, noi ci affanniamo a seminare noie e a riempirci le nostre e le altrui giornate di affanni. A Te non chiederemmo altro che gioia. La gioia del Vangelo, di chi ti ha incontrato. Ci siamo abituati a non aspettarci niente da nessuno, ma se proprio qualcosa dobbiamo attendere… da Te, Signore, attendiamo l’immenso, l’inaudito. 

Dal Vangelo secondo Matteo (15,21-28)

In quel tempo, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, – disse la donna – eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Carissima donna cananea,

anzitutto devo dirti che per un verso mi dispiace non poterti chiamare per nome. Chi mi ha parlato di te ha pensato bene di non farmelo sapere. Non credo per questioni di privacy, cosa questa più dei tempi miei che dei tuoi. A quel tempo, chiedere il nome non era certamente la prima cosa da fare. Forse proprio la penultima, se non l’ultima. Chiedere il nome era come possedere l’Altro, entrare con lui in una certa intimità.

Dispiace più per il fatto che la storia ha quasi sempre registrato i nomi dei potenti e ti devo dire che alcuni giorni fa, scrissi una lettera al ben più celebre Erode tetrarca. A quella volpe ho preferito dare del lei, mentre con te – senza certamente mancarti di rispetto – scelgo un tono più confidenziale, fraterno. Tieni conto che non so neppure se mi spiego, se tu comprendi la mia lingua e io la tua. Si fa un po’ come quando si inizia a parlare una lingua nuova. A volte basterebbero dei gesti. Un pane condiviso sarebbe più che eloquente!

Raccontami, cosa ti ha mosso a sconfinare? Quant’eri disperata quel giorno che hai valicato una frontiera geografica, culturale e religiosa? Impresa eroica più che salire una montagna, anche la più santa. È pure un bene che tu non abbia un nome: in questo modo tu incarni i disperati sconfinatori di tutti i tempi. Senza nome. Pieni di problemi, di paure, di disperazione. Tua figlia – l’hai detto tu – era molto tormentata da un demonio. Non sapevi più che santo pregare, a quale dio fare voto! Ti sei rivolta a quelli della tua terra, a medici, stregoni, sacerdoti di tutti gli dèi possibili e immaginabili. Evidentemente non trovando rimedio alcuno, non ti restava che compiere questo gesto audace. Ti capisco!

E così, quel giorno sei uscita dalla tua terra, hai lasciato quella terra che seppure non aveva saputo darti soluzioni al tuo problema era comunque la terra delle tue radici, la terra dei tuoi padri. Chi ti avrà vista partire avrebbe voluto trattenerti. Ti avrà sconsigliato quell’impresa. Tua figlia stessa probabilmente ti avrà gridato: “Mamma, non andare!” e tu – confusa per il suo tormento – ti sarai chiesta se in quelle parole ci fosse lucidità o pazzia. Valicata la frontiera, chi ti avrà incontrata, avrà subito riconosciuto la straniera: lingua, accento o abiti. E ti avrà ignorata, scansata o maltrattata. Almeno questo spero di no.

Ti sarai sentita dare – da una parte e dall’altra – dell’irresponsabile, dell’incosciente. Della ladra? Non sapevano che quell’uscire dalla tua terra era già segno di fede; neppure quelli che si vantano di essere figli del Dio di Abramo lo compresero. I più rispettosi parlano solo del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Neppure Mosè, che tanto insistette per conosce il Nome, non ottenne risposta. “Io sono” gli disse punto. Altri invece (succede dalle mie parti) nominano Dio più di quanto debbano e quasi sempre a sproposito. Se ne riempiono la bocca… e poi vivono come se non fossero suoi figli. 

Quindi per tornare alla questione del tuo nome che ancora non conosco – beh!  – sai che forse non è così male che io possa parlare con te con lo stesso rispetto e la stessa venerazione che abbiamo quando tentiamo di relazionarci a Dio?… Questa è davvero una grazia grande. Un dono del cielo. Inutile perfino pensare di conoscere Dio, se infine Lui non si rivela a noi. E così tu, nel tuo sconfinare, in quel lasciare la tua terra fosti tu stessa Rivelazione di Dio. L’Altro che mi incontra è sempre rivelatore di qualcosa di sé ma anche di qualcosa di me. 

Quel giorno – lascia che te lo dica – sei stata davvero graziata! Hai trovato un vero Figlio. Lo hai salutato con una formula che sembrava già una preghiera. Forse sapevi che si usava così? Avevi sentito dire qualcosa di Lui? O forse conoscevi formule e titoli della fede di Israele come noi conosciamo qualche parola di altre religioni? Sei semplicemente umile da chiedere pietà, compassione per te e per tua figlia. Qui dalle mie parti, sempre meno si chiede pietà a Dio. Sempre più diritti da rivendicare o pretendere.

L’Altro che tu hai incontrato, Colui al quale hai chiesto pietà, al momento non ti ha nemmeno rivolto una parola. Ci sarei rimasto male pure io se non fosse che conosco quel modo di fare. Ci si nasconde dietro mille ragioni per non prestare attenzione all’Altro, soprattutto se straniero. A volte anche ragioni religiose: si è sempre un po’ combattuti se rispettare precetti o salvare una vita… Ti dirò che grazie a te ho imparato che Lui pure, il Figlio di David così radicato in quel tempo e in quello spazio in cui ha vissuto, cambiò modo di vedere le cose. Si convertì, se possiamo dire. Doveva testimoniare di un Dio che più volte nel corso della storia dovette ravvedersi e desistere dall’intento di punire, correggere o castigare. E quell’invito – convertitevi e credete al Vangelo – che rivolse a chi lo ascoltava, altro non era che un invito ad assomigliargli in tutto e per tutto. Se anche Dio si è deciso a sconfinare, a rivolgere il suo sguardo oltre confine, chi sono io per arrogarmi il diritto di non farlo? 

I discepoli supplicarono per te il loro Maestro forse più stanchi di averti tra i piedi e sicuramente infastiditi dalle tue urla più che convinti della necessità della preghiera. Ma quanto disperata eri per urlare in quel modo? E Lui sordo? Proprio come quando si grida al cielo e il cielo non risponde?

Sapevi bene che quelli come te, per il semplice fatto di essere stranieri (ancor prima di sapere se avessero fatto qualcosa di bene o di male) erano chiamati “cani”. Lui fu più gentile e  mitigante. Parlò di cagnolini. E tu fosti ancora più umana nel dirgli che tu stessa di tanto in tanto porgevi le briciole della tavola a uno di quei cani che anche tu, probabilmente, avevi in giro per casa. Conosci troppo bene queste tenere usanze di convivenza in uso perfino tra uomini e animali. È davvero peccato dunque non osare la fraternità tra uomini!

Di pane ne era avanzato: dodici ceste piene. Ne fece avanzare perché chiedere e donare pane è chiedere e donare vita. E Lui di Vita se ne intende. Ne sovrabbondò perfino dopo la morte! E noi ancora ne stiamo mangiando di quel Pane. Noi ancora viviamo della sua Vita. È Lui che vive in noi. Non siamo più noi che viviamo perché, per come ci comportiamo, saremmo già morti da tempo.

Chissà poi cosa pensarono quando lo sentirono complimentarsi della tua fede: “Donna, grande è la tua fede” ti disse. Lui che poco prima aveva fatto notare che poca era la fede di coloro che Lui stesso aveva chiamato per nome a seguirlo. Chissà cosa provarono nel vedere la loro poca fede a confronto con la tua grande fede. Non far troppo caso a questi umani confronti: gli uomini sulla terra discutono spesso di chi sia il più grande, di chi abbia più potere e per questo amano allargare confini invadendo territori e sottraendo libertà. Lui ti lasciò libera. E per questo nemmeno ti chiamò per nome. E per lasciarti libera decise in cuor suo di non possedere nemmeno un luogo dove posare il capo.

Carissima donna dalla grande fede, l’altro ieri arrivando al monastero di Bose da dove ti sto scrivendo, mi viene incontro una monaca porgendomi un pacchetto regalo. Amici di Ivrea me lo hanno fatto trovare qui sapendo del mio arrivo. Dentro c’era un libro di Franco Arminio, il poeta “paesologo” come lui stesso ama definirsi. E siccome, grazie a te, ora credo che dagli stranieri dovremmo imparare pure a pregare per avere Pane-Vita e Salvezza e non a chiedere che vadano bene gli affaracci nostri… per questo, oggi, in dono ci è data la poesia! 

Margherita Pavesi Mazzoni, Sconfinare per grazia

Prendi un angolo del tuo paese

e fallo sacro,

vai a fargli visita prima di partire

e quando torni.

Stai molto di più all’aria aperta.

Ascolta un anziano, lascia che parli della sua vita.

Leggi poesie ad alta voce.

Esprimi ammirazione per qualcuno.

Esci all’alba ogni tanto.

Passa un po’ di tempo vicino a un animale,

prova a sentire il mondo

con gli occhi di una mosca,

con le zampe di un cane.

(Franco Arminio, Cedi la strada agli alberi)


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Piccoli Pensieri (5)

Alba

Il silenzio di Gesù lascia un po perplessi, quasi a farci dire. …ma la misericordia e la compassione dove sono?
Questi sono i nostri pensieri, quando ci troviamo in difficoltà, nelle prove, sentendoci ignorati da Gesù. È l’umiltà, e il coraggio della donna cananea che con insistenza riesce a far cambiare idea a Gesù e ad ottenere la guarigione della figlia.
Signore, io non merito niente, ma ti chiedo di starmi vicino, di darmi anche una sola briciola del Tuo amore.

5 Agosto 2020
Maria Rosa

Mi stupisce come l’uomo cresca nelle relazioni.
Così pure l’uomo Gesù allarga i suoi orizzonti grazie a questa donna ferma nell’ascolto del suo bisogno.

5 Agosto 2020
Angela

Ho un cane. E l’esempio che ha fatto la Cananea non faccio fatica a capirlo. Quando mi siedo a tavola per mangiare subito arriva e si siede vicino a me. Io non l’ho abituato a dare qualcosa dalla tavola, ma finché non ho finito sta lì imperterrito nella speranza che cada qualcosa. A volte mi stupisce proprio per la sua determinazione e la sua fiducia che qualcosa possa arrivare. Non si stanca di aspettare,è fortemente motivato dall’ insaziabile appetito che, si sa, i cani hanno. La fede della Cananea è motivata dall’ amore infinito che ha per la figlia e dalla disperazione che la fa addirittura gridare e le fa superare qualsiasi scoglio. È una fede grande e grande è Gesù che la riconosce.

5 Agosto 2020
serena

Sembra che Dio si intenerisca particolarmente quando l’intercessione è chiesta per congiunti ed amici, spero che ascolti le preghiere di tante persone che stanno pregando per una persona amica.

5 Agosto 2020
Arianna

Immediatamente dopo questa consueta lettura del mattino, incappo nella lettura di un ricordo di un anziano autista ATC in servizio il giorno della strage di Bologna che, molto adoperatosi per aiutare, dice: “Io non so se sarei riuscito a fare quello che ho fatto se non avessi avuto attorno tutta quella solidarietà, manifestata da persone di ogni tipo, anche quelle più lontane da me per modo di pensare.” Forse è proprio questo ciò a cui dovremmo tendere: manifestare noi per primi solidarietà e, così facendo, diffonderla e distribuirla a noi e agli altri. Che bel passo sarebbe per migliorare!

5 Agosto 2020

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