Impediti a riconoscere poi capaci di narrare

Daniel Bonnell, The Road to Emmaus, 2003 – El Cairo 

Mercoledì fra l’ottava di Pasqua

(At 3,1-10 / Sal 104 / Lc 24,13-35)

Il racconto dei discepoli di Emmaus è forse il più rappresentato nella pittura di tutti i tempi. Diversi artisti ne hanno fatto un soggetto di studio per anni come a dire che questo racconto è un’inesauribile fonte di ispirazione. Ho provato a farne una piccola galleria di immagini qui di seguito tanto per rendere l’idea. Il fulcro di queste opere sta o nel cammino dei due viandanti delusi o attorno alla tavola, dove per un istante riconoscono l’autore di quel fuoco che improvvisamente fece ardere il loro cuore mentre andavano per via.

L’amico Arcabas, scomparso nell’agosto 2018, dipinse più volte questo soggetto per arrivare ad una sorta di compimento in una successione di tele di diverso formato che vanno dal cammino barcollante dei due discepoli fino alla scena finale di una tavola abbandonata in fretta, con una sedia che ancora sta cadendo e la porta lasciata aperta. Un racconto nel racconto, una sorta di cammino nel cammino.

A leggere quest’oggi il racconto dei discepoli di Emmaus, l’attenzione mi cade su quegli occhi impediti a riconoscerlo. Termine più appropriato che ha soppiantato l’incapacità a riconoscerLo della precedente traduzione delle Scritture. I due discepoli delusi non sono, in effetti, incapaci a riconoscere. Sono piuttosto impediti. La delusione, il dolore e la violenza, quel parlare concitato che nemmeno ascolta, il cammino stesso che si volge indietro… cosa impedisce oggi a questi viaggiatori stanchi che siamo noi di riconoscere il Risorto? 

È un racconto pieno di speranza, dove si intuisce quanto margine di manovra c’è ancora. È il Risorto stesso, misterioso compagno viandante, che dona nuovi criteri per interpretare i fatti. Le Scritture stesse ascoltate e rilette con Lui, alla sua Luce e in vista di Lui, sembrano allargare il campo visivo, l’orizzonte stesso. E poi quell’invito a rimanere, il gesto di condivisione, la frazione del pane. Sono i due tempi della liturgia eucaristica: l’ascolto della Parola di Dio e la liturgia attorno al Pane di Vita. Sono i due tempi della vita stessa: camminare accanto, ascoltare e porre questioni; un invito a sostare nel cammino, la condivisione di quello che si ha.

Un altro amico, fra Giorgio Bonati disse: «Chi crede nell’Eucarestia non sta con le mani giunte, ma tiene le maniche rimboccate. Perché nel profumo di quel pane spezzato annusa la forza del sogno. Diventa un insoddisfatto. Un insofferente delle mezze misure. Uno deciso a perdere tutto pur di tentare l’avventura di sognare gli stessi sogni di Dio. M’affascina da sempre la gente che, celebrando l’Eucarestia, ha immaginato un modo diverso d’essere uomini. D’essere liberi: di innalzarsi e abbassarsi, di costruire e ripartire. D’essere un po’ pazzi, per Dio».

C’è una Vita da illustrare, da gustare e da narrare: il Risorto ci porta questa buona notizia.

O Santo Spirito di Dio,
che sei come una mano cava,
su cui viene a posarsi il Padre e il Figlio,
dona anche a noi il grande dono della ricettività;
la grande pazienza dell’attesa:
e che la nostra vita sia calda e accogliente
come un nido, entro cui Dio
possa deporre la sua Parola. 

Adriana Zarri

Dal Vangelo secondo Luca (24,13-35)

Ed ecco, in quello stesso giorno, [il primo della settimana], due [dei discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto.
Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Com’è miracoloso il tuo amore, o Amore.
La notte del mondo ci sembra di giorno, o Amore,
e il pieno giorno del mondo è la mia notte!
Ho fatto della mia casa il paese dello straniero,
il paese dello straniero è il mio focolare;
così sono diventato straniero a me stesso
e lo straniero è diventato me.

Preghiera indù


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Piccoli Pensieri (6)

M.Antonietta

Riconoscerti allo spezzare il pane: che gioia! ( il canto finale di questa mattina)

Grazie, don Stefano, per le bellissime immagini e le tue riflessioni che ogni giorno ci doni e sono sostegno per la nostra giornata.
Io e mio marito siamo molto contenti di averti incontrato nello spezzare la Parola ed il Pane. Ti siamo grati e riconoscenti per l’amore che traspare in tutte le cose che proponi e che fai.
È l’amore, il servizio, la cura, il non aver paura a sporcarti le mani che fa di te un vero testimone del Risorto. Ma a te questo non basta, come è giusto che sia, perchè vuoi che anche noi incontrando Gesù cambiamo la nostra vita, rivediamo certe scelte sbagliate di egoismo, di opportunismo e ci riconosciamo fratelli.
Ti conosciamo attraverso i tuoi scritti da circa tre anni ma, dall’anno scorso ti abbiamo conosciuto di persona e partecipato con la tua comunità a varie iniziative che hai proposto quando ci era possibile.
È bellissimo e molto arricchente l’impegno che hai portato avanti ogni sera iniziando con la lettura delle storie di Rodari, di Andersen, la Bibbia dei bambini, La Storia di Tutti di Giovanni Nucci e la lettura di San Francesco di Hermann Hesse.
Quanti strumenti ci hai messo a disposizione per la crescita della nostra fede e quella dei nostri figli che ci sono stati affidati.
La vera chicca, il tesoro più prezioso in cui ti sei rivelato ai piccoli e a noi adulti è il Laboratorio della Parola. Le schede settimanali per la preghiera in famiglia fanno parte di questo tesoro donato.
Spesso noi genitori deleghiamo anche per quanto riguarda la fede e ci giustifichiamo che non abbiamo tempo. Tu e i catechisti con questo bellissimo lavoro ci avete dato gli strumenti per crescere come famiglie nell’accompagnare i bambini, i ragazzi ad essere introdotti alla preghiera nella comunità, nella Chiesa.
Che gioia uscendo dalla Chiesa con la voglia di comunicare, raccontare quanto vissuto con loro, la ricchezza della creatività. Il triduo Pasquale vissuto così non può restare sepolto. Mi ha commosso la testimonianza di nonna Bambina pensando al tuo dolore.
Nonostante la tua sofferenza, ci stai trasmettendo ancora l’Amore, la preghiera per colui che ti dovrà sostituire perchè continui il lavoro da te iniziato.
L’amore per Dio Padre e per i fratelli ti/ci darà la forza di continuare il nostro cammino. Ognuno è responsabile delle proprie scelte ed il nostro giudice è Dio.
Ti ricordiamo ogni giorno nella preghiera, con papa Francesco e tutte le persone, comunità che soffrono, che credono ancora nel Vangelo e cerchiamo insieme di metterlo in pratica per ri-costruire un mondo migliore non fatto di ipocrisia.
Un fraterno abbraccio a te, tutti/e anche se non ci conosciamo siamo compagni/e nel cammino all’incontro con il Risorto con Dio.

7 Aprile 2021
Dania

“Riconoscerti allo spezzare il pane, che gioia che gioia Signore!” Basta una bella e breve melodia per restituire la meraviglia e lo stupore di questo incontro. La nostra gioia è di certo la Tua, che ci vuoi felici ma fa’ che la Tua gioia, Signore. sia la nostra gioia e la nostra forza, per vivere ogni situazione che la vita ci presenta.

7 Aprile 2021
Emanuela

Resta con noi perché si fa sera.
Nelle prime spiegazioni a questo brano biblico ci dicevano che normalmente di notte non si viaggiava, non c’erano le strade illuminate e sicure di oggi.
Eppure, ancora più tardi, dopo la cena e resisi conto di aver parlato e cenato con Gesù risorto, i due discepoli partono “senza indugio” per tornare a Gerusalemme a dare la notizia agli apostoli.
Fanno il viaggio a ritroso e di notte.
Questo è il coraggio che solo il nutrimento della Parola e dell’Eucaristia possono darci.

7 Aprile 2021
Maria Rosa

Tu, Gesù, ci cerchi soprattutto quando le nostre strade si allontanano da Te e ancora riparti dalla Parola.

7 Aprile 2021
pat

C’è una cosa che mi colpisce nel racconto evangelico: “Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme”. Si erano fermati perché si faceva sera, ma quando si rendono conto che il loro compagno di viaggio era quel Gesù che avevano pianto e sul quale correvano delle voci poco comprensibili, “senza indugio” tornano a Gerusalemme. Non importa più che si faccia sera, non temono il buio, devono correre a dire agli altri che hanno incontrato il Maestro. Dà, o Signore anche a noi la stessa urgenza di raccontare il nostro incontro con Te, senza paura di nulla.

7 Aprile 2021

Ecco un altro brano di Vangelo che riscopro con occhi nuovi. Quanto sono simili a noi i due apostoli di Emmaus: così presi dai propri tormenti da non riuscire ad intendere l’opera dell’amore di Dio. Cosí come noi tutti, alle prese con le piccole e grandi fatiche e preoccupazioni della vita, rivolgiamo a Dio le nostre richieste di aiuto, sostegno o -piú spesso, a dire il vero- di un “segno” di aiuto che possa incoraggiarci, riaccendere la speranza e dimostrarci che stiamo “facendo bene”. Perché quando le cose vanno male si fa fatica, si soffre e si ha bisogno di aiuto…E quale aiuto meglio di quello di Dio? Senz’altro! Bisogna però stare attenti che, nel turbine delle proprie angosce e richieste, non si finisca per perdere di vista l’azione di Dio già all’opera. I doni che ci porta anche nell’esperienza della fatica e del dolore e che spesso, senza l’intermediazione dello sconvolgimento portato nella vita, non saremmo in grado di cogliere. Ma per farlo occorre stare attenti. Dopo le richieste di aiuto far silenzio ed ascoltare. Allenare l’attenzione nel silenzio interiore, tacitando i pensieri convulsi, per poter cogliere il lieve rumore del germoglio nuovo che cresce in noi.

7 Aprile 2021

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