Credenti increduli (dove guardare?)

Arcabas, Nazareth (particolare)

XIV domenica del Tempo Ordinario (B)

(Ez 2,2-5 / Sal 122 / 2Cor 12,7-10 / Mc 6,1-6)

«I nostri occhi sono rivolti al Signore» dirà un certo numero di fedeli raccolti nelle chiese per il giorno del Signore. Lo diranno durante la Liturgia della Parola, mentre verrà proclamato il salmo 122. Ma dove guardare? E a chi guardare? Perché l’adagio biblico, se non altro quello del primo Testamento, diceva chiaramente che Dio non si può vedere… se non a prezzo di morte. E allora dove volgere lo sguardo per essere certi di avere il nostro sguardo rivolto a Lui? E certamente lo sguardo va orientato per avere una direzione, una traiettoria, un cammino. Così fece con Abramo: gli disse di mettersi in cammino verso la terra che Dio gli avrebbe indicato. La fede è anche – se vogliamo – questione di visioni… di cose che ancora si sperano e si attendono ma che ancora non stanno davanti a noi, sotto i nostri occhi. E appunto, proprio per il fatto che non stanno davanti ai nostri occhi necessitano di fede. 

«I nostri occhi sono rivolti al Signore»…. il fatto è che per noi il Signore è sempre in alto. La sua non immediata disponibilità, quel non poterlo ancora vedere faccia a faccia, tutto sommato non ci dispiace. Forse ci fa pure un po’ comodo. Siamo soliti dividerci tra credenti e non. E tra credenti poi ci sono ulteriori distinzioni: quelli che praticano e quelli che non praticano. Ma cos’è praticare? Chi dice di credere forse nemmeno si interroga su ciò in cui crede; e chi pratica nemmeno si chiede cosa significhi quella pratica. Ci si nasconde sempre dentro al fatto che qualcuno ci ha detto di credere o di fare in quel modo. È comodo pure dire che è così. Raramente credere è interrogarci sul nostro modo di credere, su ciò in cui crediamo. E ancora bisognerebbe verificare la fonte di ciò in cui si crede, fatto salvo che c’è un’assai diffusa diffidenza in ciò che altri dicono, che davvero non sappiamo più a chi credere.

A conti fatti – anche in materia di fede – ci fa comodo sapere che c’è Qualcuno al di sopra di noi. Qualcuno che sta al potere, al comando. Dev’essere proprio un atteggiamento umano: eleggere qualcuno che abbia funzione e parola di governo, di gestione, di responsabilità… per poi magari ridurci a non ascoltare, a non obbedire. E ancor più a mettere in questione. Facciamo così anche nelle nostre umanissime faccende, ancor prima che in materia di fede. 

Dio dunque non si può vedere. Egli è solo da ascoltare. La sua Parola rivolta a noi è prova della Sua volontà di parlare all’uomo e della direzione che può prendere una vita sostenuta dalla fede. Poi un giorno ti raccontano che Dio ha deciso di farsi uomo. E ti dicono anche che quell’uomo è morto in croce. Forse in quell’abbassamento, tutto teso tra nascita e morte si nasconde proprio quel Dio invisibile. Un Nuovo Testamento segue al primo. Senza cancellarlo, senza contraddirlo o negarlo. Se Dio è Padre lo è da sempre e non solo dalla pagina numero… Ciò che segna una conversione, un cambio di passo (o di sguardo) è credere proprio che Dio s’è fatto uomo. 

Identità e origini note. Troppo note. Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi? Notorietà e famigliarità imbarazzanti: troppo alla portata, troppo quotidiane per essere lo straordinario della fede, per avere a che fare con il Dio lontanissimo. Questo fa scandalo alla nostra fede: mentre continuiamo ad alzare gli occhi al cielo per vedere da che parte possa abitare Dio e dove mai siano tutti quei paradisi che speriamo, un profeta ci invita ad ascoltare la vita per come si dispiega tra noi. E ci dice che il regno di Dio è nascosto nella stessa pasta. 

Cos’è dunque il cristianesimo, questa fede che alcuni di noi professano? Forse è stare in questo mondo comportandoci come se fossimo anche noi Figli di Dio, come se anche a noi fosse dato questo compito – profetico, per altro! – di dire le cose di Dio con linguaggio e vita di umani. Perché altra forma non ci è data, già che siamo creature, già che come Paolo sentiamo spine nel fianco che ci richiamano costantemente a noi stessi, alle nostre povertà e miserie personalissime. Eppure Dio non ha disprezzato di parlare e di farsi vedere in una vita umanissima – e pure bella! – quella di suo Figlio, Gesù di Nazareth. 

Chiamarlo spesso con il titolo di «Signore» ci dovrebbe anche solo mettere in guardia dal pericolo di innalzarlo così tanto al di sopra di noi da non farne più un profeta che ha parlato tra noi per conto di Dio, un Figlio che ha detto le cose udite e che ha fatto le cose viste dal Padre. Ora Dio è sotto i nostri occhi e questa è la profezia: che non sappiamo accogliere la luce, che non vogliamo credere ad un Dio visibile, che non vogliamo accogliere un fratello. A chi chiederemmo miracoli se Dio è come noi? E con chi potremo mai prendercela se Egli non sta ai vertici? 

Negli episodi di Vangelo proclamati durante le precedenti domeniche Gesù saluta e riconosce la fede che sta nell’uomo. Egli neppure si atteggia né si pone come l’autore di tanti miracoli o guarigioni. Solo riconosce la fede di chi ha creduto in Lui. Eccoci dunque, nuovamente presenti davanti a Lui, anche in questo giorno del Signore, a confessargli il nostro peccato, la nostra fatica a credere nell’umanità di Dio. E nella nostra condizione di creature che dal giorno del Battesimo sanno pure di  chiamarsi «Figli di Dio». Che cosa abbiamo in comune con il Figlio unigenito del Padre, con Gesù, il Cristo? Egli ha preso tutto di noi. Tranne il peccato. Quello – certo – non l’ha preso perché glielo abbiamo caricato noi addosso, facendolo responsabile di tutti i mali, accusandolo – come i demoni nel Vangelo – di essere venuto a rovinarci. Ha rovinato – certo – quel modo di credere che costruisce torri e piedistalli. E ci mette sopra divinità, idoli… di legno o in carne ed ossa. Per questo Gesù si sente profeta rifiutato, non accolto. Ma profezia sarà pure quel suo usque ad mortem, quel suo andare fino in fondo all’umano. E profezia sarà sempre quel salvare dal basso, quel risollevare ciò che era perduto. 

«I nostri occhi sono rivolti al Signore». Ora potremmo anche sapere dove guardare. Faccio cadere il mio sguardo sulle parole scritte di un libro che sia chiama Vangelo, e attraverso di esso il mio sguardo si rivolge a Gesù così come i Vangeli ce lo descrivono, ce lo raccontano. E ancora saprò dove guardare se come Lui saprò volgere lo sguardo nella sua stessa direzione. 

Passatemi pure che l’invito alla preghiera e all’ascolto del Vangelo passino oggi per il ritmo di questo canto, già datato musicalmente parlando, ma non certo per le sue stesse parole che sono ispirate alla preghiera dei Salmi.

Volgete gli occhi al Signor ed i vostri cuor
cantate a Lui lode e onor
è Lui il Salvator, è Lui vostro Signor.

Ho cercato il Signore ed Egli mi ha risposto
mi ha guarito dall’angoscia per sempre lo amerò.

Dio protegge il povero ascolta la sua voce
consola le sue pene e guida il suo cammino.

Quelli che cercano il Signore non saranno delusi
solo che guardino a Lui saranno salvati.

Dal Vangelo secondo Marco (6,1-6)

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Se Tu, Cristo, tornassi da noi
saremmo davvero capaci di accoglierti?
Figlio dell’uomo, come in verità
hai voluto chiamarti per dire
che Tu sei nulla tutto in te viene da Dio,
fa’ che un profeta sia sempre fra noi,
segno certo che Dio non ci abbandona.
Amen.

(David Maria Turoldo)


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Piccoli Pensieri (2)

Adriana

Perché tanti dubbi mi assalgono nel momento della consacrazione o della comunione o quando, discutendo di fede con l’ amica in
ricerca di certezze, mi mette difronte all’ assurdità delle affermazioni di alcune verità di fede? Eppure in lei che dice di non credere,
vedo i gesti e gli atteggiamenti di attenzione, d’ inclusione e un adoperarsi attento x rialzare e migliorare la vita dei più fragili, degli esclusi,
dei sofferenti….gli stessi che Gesù, facendo l’ uomo, con misura e fermezza, ci ha e continua ad indicarci nel Vangelo, attraverso le parole e i gesti delle persone” profetiche” che ci fa incontrare o nel silenzio e nell’ ascolto del nostro cuore.
E allora è una questione di affinare i nostri sensi ( vedere, toccare, assaporare,godere,piangere,gioire) e praticare l’ arte dell’ ascolto, dell’ empatia e ricercare la giustizia x costruire relazioni vere di prossimità, di umanità dove incontrare il Dio di Gesù in un rapporto
fra Persona e persona. Ma che fatica seppur entusiasmante!!! Sì perché io credo in questo progetto di Dio x l’ uomo ….ma tu, Dio, sostieni la mia fragile fede, ti prego!

4 Luglio 2021
Pat

Dove guardare per vedere Dio? In cima ad un poggio, nel silenzio della campagna, con solo il cinguettio degli uccelli e le “sveglie” dei galli accompagnati da qualche abbaiare di cani, ecco, nella chioma di un cipresso ho la presunzione di vedere il Signore, il creatore di tutto questo, quello a cui elevare la preghiera del canto e della lode. Ti lodo Signore perché hai fatto tutta questa bellezza e credo IN Te. Non A Te. Tuo figlio fra noi ha detto e fatto cose meravigliose, ed io credo A quello che ha detto perche credo IN Lui che è morto prendendo su di sé i nostri errori. E per cercarTi non guardo al cielo, pur splendido, ma alla tua croce, come gli ebrei guardarono al serpente per guarire. Credo IN Te Signore, ma ho bisogno di Te per non dimenticare, durante la mia giornata, di continuare a credere trasformando quello che faccio in atti di fede. È così facile dimenticarsi di Te nella quotidianità…

4 Luglio 2021

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